Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Se vorrai possedere l’umiltà, domandala a Dio con lacrime e con frequenti orazioni, attendendo al disprezzo delle cose mondane e di te stesso, non volendoti mai scusare né difendere (II 399).
Per il nostro modo di vedere e considerare, chi si comporta così viene giudicato, con un eufemismo, “un sempliciotto”, “un ingenuo”, o con qualche attributo più o meno colorito, a seconda dei vari dialetti; attributo che molto probabilmente non si trova nel nostro vocabolario. Fra Tommaso, dopo aver considerato il disprezzo e gli insulti nei riguardi di Gesù durante la passione, invita a imitarlo [→ Vilipendio].
«Nel cuore di Cristo passionato imparai il disprezzo del mondo, l’odio di me stesso, il patire, il puro e filiale amore di Dio» (II 512), perché «vivendo in solitudine, nel disprezzo del mondo, in orazione, si gusta la dolcezza della presenza di Dio e dei beni eterni, ai quali dobbiamo sempre aspirare» (cf. II 513). «E per dire il vero, non è sotto Dio strada più nobile, più degna e più cara a Dio quanto è la mortificazione e il disprezzo di tutte le cose create, e la distruzione degli affetti sensuali» (II 437), e per poter «passare alla vita perfetta, ove si trova un mare dolce, bisogna essere prima passati per il mare amarissimo della mortificazione e per il disprezzo della propria estimazione» (II 519), come fecero «i servi di Dio che persecuzioni, disprezzi, penitenze e altre cose che sono contrarie al senso, tutto convertirono in somma dolcezza» (II 559).