Papa Francesco è arrivato in auto al Palazzo presidenziale di Timor Est, situato nel centro della capitale Dili, per la cerimonia ufficiale di benvenuto nel Paese, la visita di cortesia al presidente della Repubblica José Ramos-Horta e quindi l’incontro con le autorità, la società civile e il Corpo diplomatico.
Timor Est, Paese del Sudest asiatico che occupa metà dell’isola di Timor – tersa tappa dopo Indonesia e Papua Nuova Guinea del viaggio di papa Francesco in Asia e Oceania -, è circondato da barriere coralline che pullulano di vita marina. I monumenti della capitale, Dili, testimoniano l’influenza del Portogallo e dell’Indonesia, Paesi da cui Timor Est ottenne l’indipendenza rispettivamente nel 1975 e nel 2002. La famosa statua del Cristo Re di Dili, alta 27 m, è collocata in cima a una collina che domina la città, da cui si gode di un ampio panorama sulla baia circostante.
L’accoglienza
Il Papa viene accolto dal presidente Ramos-Horta all’ingresso del Palazzo presidenziale ‘Nicolau Lobato’. Sono previsti la Guardia d’Onore, gli Inni, l’Onore alle Bandiere, 21 colpi di cannone e la presentazione delle Delegazioni Sono presenti 29 bambini in abiti tradizionali, tre dei quali offrono al Papa dei fiori e una sciarpa tradizionale (tais) prima della presentazione delle Delegazioni.
Successivamente il presidente della Repubblica e il Papa raggiungono il Salão Cplp per l’incontro privato, mentre i superiori della Segreteria di Stato incontrano il primo ministro Xanana Gusmão nella Courtesy Room. Dopo la firma del Libro d’Onore da parte del Papa e la presentazione della famiglia del presidente, Ramos-Horta e il Papa si recano nel Salão China per l’incontro con le autorità. “Ringrazio il Signore che mi ha portato a Timor Est e incoraggio la sua gente a vivere la gioia della fede in armonia e in dialogo con la cultura. La cosa migliore e più bella che ha Timor Est è la sua gente. Vi benedico dal profondo del mio cuore”. E’ il testo vergato di suo pugno e sottoscritto da Papa Francesco sul Libro d’onore.
Le parole del Papa
“Qui Asia e Oceania si sfiorano e, in un certo senso, incontrano l’Europa, lontana geograficamente, eppure vicina per il ruolo che essa ha avuto a queste latitudini negli ultimi cinque secoli. Dal Portogallo, infatti, nel XVI secolo giunsero i primi missionari domenicani che portarono il Cattolicesimo e la lingua portoghese; e quest’ultima insieme alla lingua ‘tetum’ sono oggi i due idiomi ufficiali dello Stato”. Lo ha ricordato Papa Francesco nel discorso alle autorità e alla società civile di Timor Est, nel Palazzo presidenziale di Dili.
“Il Cristianesimo, nato in Asia, è arrivato a queste estreme propaggini del continente tramite missionari europei, testimoniando la propria vocazione universale e la capacità di armonizzarsi con le più diverse culture, le quali, incontrandosi con il Vangelo, trovano una nuova sintesi più alta e profonda”, ha aggiunto il Pontefice, che ha sottolineato che “il cristianesimo si incultura. Questo è importante per il cristianesimo: la fede si incultura, e inoltre si cristianizza la cultura”. Con il 98 per cento della popolazione, oggi la piccola Timor Est – in tutto 1,2 milioni di abitanti, è il Paese al mondo con la più alta quota di cattolici.
Timor Est ha saputo risorgere da fase dolorosa violenze
“Questa terra, ornata di montagne, foreste e pianure, circondata da un mare lucente, ricca di frutti e di legno pregiato e profumato, una terra che fa sorgere nell’animo sentimenti di pace e di gioia, ha attraversato nel recente passato una fase dolorosa”, ha ricordato Francesco nel suo discorso alle autorità e alla società civile di Timor Est. “Ha conosciuto le convulsioni e le violenze, che spesso si registrano quando un popolo si affaccia alla piena indipendenza e la sua ricerca di autonomia viene negata o contrastata”, ha rievocato. “Dal 28 novembre 1975 al 20 maggio 2002, cioè dall’indipendenza dichiarata a quella definitivamente restaurata, Timor-Leste ha vissuto gli anni della sua passione e della sua più grande prova”.
Secondo il Pontefice, “il Paese ha saputo però risorgere, ritrovando un cammino di pace e di apertura a una nuova fase, che vuol’essere di sviluppo, di miglioramento delle condizioni di vita, di valorizzazione a tutti i livelli dello splendore incontaminato di questo territorio e delle sue risorse naturali e umane”. “Rendiamo grazie al Signore perché, nell’attraversare un periodo tanto drammatico della vostra storia, non avete perso la speranza, e per il fatto che, dopo giorni oscuri e difficili, è finalmente sorta un’alba di pace e di libertà”, ha aggiunto, sottolineando che “nel conseguimento di queste importanti mete è stato di grande aiuto il vostro radicamento nella fede cattolica”.
In aree conflitto prevalgano pace e riconciliazione
Alla autorità di Timor Est Papa Francesco ha ricordato e lodato “il vostro impegno assiduo per giungere a una piena riconciliazione con i fratelli dell’Indonesia, atteggiamento che ha trovato la sua fonte prima e più pura negli insegnamenti del Vangelo”. “Avete mantenuto salda la speranza anche nell’afflizione e, grazie all’indole del vostro popolo e alla vostra fede, avete trasformato il dolore in gioia! – ha detto – Voglia il Cielo che pure in altre situazioni di conflitto, in diverse parti del mondo, prevalga il desiderio di pace e di purificazione della memoria, perché l’unità è superiore al conflitto sempre, e per questo si chiede una certa purificazione della memoria, per chiudere le ferite e sostituire all’odio la riconciliazione e alla contrapposizione la collaborazione!”.
“Timor-Leste, che ha saputo far fronte a momenti di grande tribolazione con paziente determinazione ed eroismo, oggi vive come Paese pacifico e democratico, che si impegna nella costruzione di una società solidale e fraterna, sviluppando relazioni pacifiche con i vicini nell’ambito della comunità internazionale”, ha affermato Francesco a chiusura del suo discorso. “Guardando al vostro recente passato e a quanto è stato finora compiuto, c’è motivo di essere fiduciosi che la vostra Nazione saprà ugualmente affrontare con intelligenza e creatività le difficoltà e i problemi odierni”, ha concluso, consigliando: “confidate nella saggezza del popolo. Il popolo ha la sua saggezza”.
.Per il Pontefice a Timor Est “è motivo di grato encomio anche il fatto che, nel ventesimo anniversario dell’indipendenza del Paese, avete recepito come documento nazionale la Dichiarazione sulla Fratellanza umana, da me firmata insieme al Grande Imam di Al-Azhar il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi”. “E lo avete fatto affinché – come auspica la Dichiarazione stessa – essa possa venire adottata e inclusa nei programmi scolastici. Questo è fondamentale: il processo educativo”, ha detto il Pontefice alle autorità e alla società civile del Paese.”Non dimentichiamo tanti bambini e adolescenti offesi nella loro dignità, il fenomeno sta crescendo in tutto il mondo: tutti siamo chiamati ad agire con responsabilità per prevenire ogni tipo di abuso e garantire una crescita serena ai nostri ragazzi”, ha detto il Papa con implicito riferimento anche ai casi di abusi sessuali registrati in anni non lontani tra le file del clero.
“Siete un popolo giovane, non per la vostra cultura e per l’insediamento su questa terra, che sono invece molto antichi, ma per il fatto che circa il 65% della popolazione di Timor-Leste è al di sotto dei 30 anni di età. Questa è una ricchezza”, ha sottolineato Francesco. “Questo dato ci dice che il primo ambito su cui investire è per voi l’educazione, in famiglia e nella scuola – ha osservato -:un’educazione che metta al centro i bambini e i ragazzi e promuova la loro dignità”.
Timor Est soffre povertà, emigrazione, alcol e bande giovani
“Tra le molte questioni attuali, penso al fenomeno dell’emigrazione, che è sempre indice di una insufficiente o inadeguata valorizzazione delle risorse; come pure della difficoltà di offrire a tutti un lavoro che produca un equo profitto e garantisca alle famiglie un reddito corrispondente alle loro esigenze di base”, ha detto Papa Francesco nel suo discorso alle autorità e alla società civile di Timor Est, portando anche l’esempio dell’emigrazione in Italia dal Sud verso il nord. “Penso alla povertà presente in tante zone rurali, e alla conseguente necessità di un’azione corale di ampio respiro che coinvolga molteplici forze e distinte responsabilità, civili, religiose e sociali, per porvi rimedio e per offrire valide alternative all’emigrazione”, ha spiegato. “Penso a quelle che possono essere considerate delle piaghe sociali – ha aggiunto il Pontefice -, come l’eccessivo uso di alcolici tra i giovani, che possano uscire da questa trappola, e il loro costituirsi in bande, le quali, forti della loro conoscenza delle arti marziali, invece di usarla al servizio degli indifesi, la usano come occasione per mettere in mostra l’effimero e dannoso potere della violenza”.