Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Sebbene Dio conosceva la fedeltà di Abramo, volle nondimeno con l’effetto farne la prova […] comandandogli che sacrificasse il proprio Figlio (III 130).
Oggi noi ammiriamo e applaudiamo le coppie di sposi che rimangono fedeli nella vita per decenni: non è facile e lo constatiamo ogni giorno quando tanti, per i motivi più disparati, si separano, spesso con grave danno per i figli, pur essendosi reciprocamente promessi fedeltà per tutta la vita. Oltre alla fedeltà coniugale, ci sono ovviamente tante altre forme di fedeltà: amicizia, lavoro, promesse… ma anzitutto dovrebbe esserci la nostra fedeltà nei confronti di Dio.
«Io voglio ben creder che i santi apostoli con la santa Vergine [nel Cenacolo] si rallegrassero molto della fedeltà di Tomaso, essendo stato illuminato da Dio» (I 274). E fra Tommaso: «Oh fossi io stato il cuoco in questi pochi giorni che stettero in questo santo luogo! Perché li avrei serviti con ogni fedeltà e anco mi sarei posto in qualche cantone per rimirare per qualche fessura ove stava quella beata compagnia» (I 287).
«Oh quanto è dolce e soave il nostro Dio a chi lo ama con fedeltà di cuore e con filiale amore!» (II 351), e «lo capirà in parte quel semplicello e semplicella che si unirà con il suo Signore» (II 254). E all’anima: «Né mai sarai ingannata, se con fedeltà persevererai in umiltà» (II 250), e Dio «non ricerca altro se non d’esser amato, servito e adorato con ogni fedeltà e purità» (II 231), perché è «degnissimo, meritissimo di esser amato e servito con ogni purità e fede» (IV 137).