Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone. Le riflessioni di oggi.
Le riflessioni di oggi
Le fonti del Nuovo Testamento sono sostanzialmente nel Vangelo di Matteo: «Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo.» (Mt 5,25-26)
«Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chi parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma a chi parlerà contro lo Spirito, non sarà perdonato, né in questo secolo, né in quello futuro» (Mt 12,31-32).
Cioè, sarà possibile perdonare peccati, come si disse, di gravità media, ma non quelli mortali, il che significa che vi deve essere un luogo dove questa espiazione, quando è possibile, avvenga.
Nella Prima Lettera ai Corinti, san Paolo ci ammonisce: «L’opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti in quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l’opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito; tuttavia egli si salverà, però quasi passando attraverso il fuoco» (1Cor 3,13-15).
La rappresentazione del Purgatorio
Quest’ultima espressione viene letta come rappresentazione del Purgatorio.
Non è questa la sede per istituire un dibattito tra la visione laica di Le Goff e l’ovviamente opposta versione della Chiesa. Ciò è infatti quanto sorge alla mente del lettore moderno, mentre le certezze di Fra Tommaso sono assolute, vuoi perché riposassero su una tradizione (come vorrebbe Le Goff) di almeno cinquecento anni, vuoi per atto di fede (come, in fondo, vorrebbe la Chiesa che si appella ai testi che abbiamo passato rapidamente in rassegna), vuoi per diretta ispirazione divina (possibilità in verità più congeniale a un uomo che è stato riconosciuto beato).
E perché in quell’eterna felicità del Paradiso non si può andar con vizio né peccato, e però, morendo gl’uomini e donne che si confessorono de’ lor peccati, morendo pentiti e penitenti per virtù del prezioso sangue di Cristo e del santissimo sacramento della penitenza, Dio li rimese la colpa, restandoli la pena: perché se fossero morti impenitenti con peccati mortali, sariano andati per sempre in quell’eterne fiamme. Ma la misericordia infinita di Dio perdona la colpa restando la pena. E non facendo la penitenza in questa vita de’ suoi peccati tanto mortali quanto veniali, Dio instituì un luogo chiamato Purgatorio, ove morendo l’uomo penitente avesse d’andar a purgar li suoi peccati ed a satisfar la giustizia di Dio, e poi purgato avesse d’uscir da quelle pene per andar a fruir quegl’eterni beni del cielo. Questo Purgatorio è un luogo pieno di fuoco ove si purgano l’anime nostre; e che foco sia questo, è fuoco simile a quello dell’Inferno, ma v’è questa differenza: che quello dell’Inferno crucia l’anime in eterno e i dolori suoi hanno principio senza mai aver fine; ma quello del Purgatorio ha principio con fine, e tanto dura quanto sono gravi li peccati che commisero. Queste pene durano e cruciano quelle povere anime sin che hanno purgato tutti li suoi peccati; e quanto sono grandi i suoi peccati, anco quelle pene sono grandi, in modo tale che se sarà, per essempio, due anime in quelle pene; una averà dieci peccati mortali da purgare: quella patirà dolori e longhezza di tempo sino che sarà purgata in quelle pene: quell’altra averà un peccato mortale: non è da dubitare che quell’anima non abbi da finir più presto le pene, e che quella la giustizia di Dio castighi ch’averà cento peccati mortali, perché quelle pene cruciano l’anime quanti furono li peccati che comisero, in modo tale ch’uno ch’averà molti peccati anco molto averà da patir; ed uno ch’averà pochi patirà anco poco, e più presto sarà liberato di quelle pene. (Scala, 277)
E ancora.
Quel luogo del Purgatorio è molto differente dall’Inferno, perché nell’Inferno si biastemma Dio e si maladisse, ma nel Purgatorio, quantumque siano in quell’ardenti fiamme, si loda, si benedisse Dio. E quell’anime dannate vorriano poter tirar nell’Inferno tutte l’anime degl’uomini che sono al mondo e quelle del Purgatorio ed anco li beati con l’istesso Dio; ma quelle del Purgatorio sentono contento quando vedono ch’altr’anime escono da quelle pene per andarsene al cielo, perché d’esse sperano suffraggio. Sono alcune volte consolate, suffragate dalli beni che di continuo fa santa madre Chiesa per quell’anime ed anco dalli beni che si fa da’ parenti e d’amici; sono consolate da visioni d’angeli, sono ricreate molto; e, quanto a me, stimo gran contento, quantumque siano quelle pene attrocissime, la memoria, la sicurtà certa di non poter più perder Dio, l’esser certa di quell’eterna fruizione, e il solo riccordarsi che sono anime amiche di Dio e della Beata Vergine, de’ santi, d’angeli e che sono in atto d’andar a goder con essi loro quel Dio vivente: questo stimo che sia un gran contento a quell’anime in quell’ardenti fiamme. E quando quell’anime che stanno in quelle penne veggono creature, anime in quelle pene che si rallegrano, che siano morte in stato di salute e che si consolino e che si faccia animo l’una con l’altra, rallegrandossi quando veggono uscir anime dal Purgatorio che vanno in Paradiso e vegendo quelle a salir in tanta gloria, si consolano: perché quello che veggono in quelle sono certe e sicure che verrà anco ad esse; e se bene patiscono pene inenarabili, perché sormontono a tutte le pene de’ martiri, anzi sono maggiori di quelle che patì Nostro Signore, con tutto ciò non sono prive che non abbino refrigerio, e, se non fusse altro, la certa e sicura speranza di quegl’eterni ed infiniti beni, alli quali sono certe di dover pervenir, sì come di sopra hai inteso. (Scala, 283)
Il dibattito sulle indulgenze
Inevitabilmente, la questione scivola verso il dibattito sulle indulgenze. Dibattito che era stato virulento durante la polemica con Lutero e che pare, qui, avere invece una serena composizione, come di cosa ormai sistemata e bisognosa soltanto di essere esposta con pacatezza.
È ben vero che potrebbe esser (rimettendomi a chi sa più di me) che un’anima ch’avesse molti peccati da purgare ed un’altra avesse pochi peccati: quella che ne ha molti potrebbe esser ch’avesse o santo o santa in cielo che pregasse Dio per lei, e che fusse stato parente o amico, overo ch’al mondo avesse parenti o religiosi, e che fusserro secolari grand’amici di Dio, o che con messe ed orazioni ed altre opere pie facessero e pregassero Dio per quell’anima, che, essendo il debito grave, venissero a pagar la giustizia di Dio per quella tall’anima. E così quella che doveva star in quelle pene longhezze di tempo, Dio la liberasse in poco tempo, mercé alla pietà di Dio che si compiacque di riccever quel suffragio o in cielo da qualche santo o in terra da qualche amico o amica di Dio; e quell’altra, che se ne sta con pochi peccati in quelle pene, non avendo né amici né parenti che preghino Dio per lei che se ne sta in quelle penne sino che sia purgato quel peccato che commise; overo che tutte quell’anime che sono in quelle penne sono tutti figli legitimi di questa chiesa militante, e come figli non cessino di sempre pregar Dio per esse, offerendo sacrifici, offici, orazioni tutto ’l tempo dell’anno. Ma in particolar ha instituito un giorno solenne acciò che per tutta la cristianità s’offeriscano a Dio messe, offici, orazioni ed altre opere per quell’anime, volendo questa pietosa Madre pagar la giustizia di Dio per suoi figli debitori a Dio, impregionati in quelle tenebre sino che pagano alla giustizia di Dio. E però oggi, vedendo questa nostra santa chiesa come vera e pietosa madre universale di tutti noi, vede i suoi figli incarcerati in carceri oscurissime, in pene atroci posti dalla divina giustizia per suoi peccati, condannati da Dio a pagar sino all’ultimo quadrante. Vede questa nostra pietosa Madre privi li suoi amati figli d’aiuto, poveri, derelitti: procura ori, argenti, supliche al gran re per liberar, per suffragar li suoi figli, volendo dar sodisfazione a Dio per li peccati delli figli; e per far questo contratto Santa Chiesa commanda a tutte le chiese del mondo soggette al romano pontefice che nel tal giorno tutti li religiosi e religiose e secolari che sono obedienti a Santa Chiesa, vera madre universal di tutti noi, che mettino insieme oro, argento, pane, vino, elemosine ed altre cose simili per liberar e sufragar li suoi figli e nostri fratelli e sorelle che sono tenute dalla potente mano di Dio in quell’orrende carceri del Purgatorio. E però in questo giorno questa nostra pietosa madre raccoglie da’ suoi figli cari che sono in questa vita, che ancora sono viatori, oro, argento, sacrifici delle sante messe, argento delli divini offici, dell’orazioni, delle lagrime, de’ gemiti, dell’elemosine, delle discipline, ed altro. E perché queste nostre opere sono poche, eccetto la santa messa, che è l’istesso Dio in quella sacrata ostia ed in quel sacrato calice, Santa Chiesa prende quest’opere de’ suoi cari e fedeli amici e, vestita di negro, questa cara e materna madre, con questo prezo o con i meriti del sangue di Gesù Cristo, si presenta questa nostra madre avanti il tribunal di Dio vestita in abito logubre: manda supliche a Dio per la liberazione de’ suoi figli tenuti in pregione con tante pene per suoi debiti, manifestando a Dio di voler pagar i debiti de’ suoi amati figli, offerendo a Dio e alla giustizia sua il prezo raccolto de’ suoi fedeli. (Scala, 277-279) (117).