Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Aveva portato Maria una parte di quelle ricchezze dei Magi: ove offerse a quel santo luogo [il tempio] e a tutte quelle verginelle facendo elemosina (I 172).
Parte dei doni ricevuti, pur nella sua povertà, Maria li dona al tempio e ai poveri che, come ci dice Gesù, «li avete sempre con voi, ma non sempre avete me» [Mt 26,11]. Pur nella nostra generosità e sensibilità, siamo spesso trattenuti dal recare un aiuto a tanti che ci tendono la mano, perché purtroppo vediamo falsi poveri, accattoni di mestiere che non muovono un dito per rendersi utili alla comunità. Però da un altro lato (quello spirituale e non fisico) siamo anche noi dei poveri e dovremmo umilmente chiedere l’elemosina del Signore.
«Viveva il Salvatore di elemosine: il borsaro era Giuda apostolo, e aveva il Signore molti devoti che lo mantenevano con dargli danari per sé e per i suoi apostoli, ma non erano tanto abbondanti le elemosine ché molte volte non patissero dei disagi» (I 353); e fra Tommaso «per trentotto anni non ho atteso ad altro che a far la cerca cercando l’elemosina per i poveri frati» (III 112). «O tesoriera del cielo, fate elemosina all’anima mia, la quale se ne muore di fame, né altra cosa mi può saziare che quest’amore celeste del vostro caro Figlio» (II 393). «O cieco uomo che hai una tesoriera [Maria] in cielo appresso Dio e tu sei povero, mendico e non ricorri per elemosina a questa tesoriera?» (II 600; III 97). Per le anime del purgatorio «l’orazione fatta da servi cari ed amici di Dio e familiari aiuta molto, le elemosine, le discipline, i digiuni e altre simili opere tutte giovano a quelle povere anime» (II 282)