Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, saggezza umana e sapienza divina” a cura di Clemente Fillarini, Messaggero di Sant’Antonio Editrice.
La riflessione di oggi
Questi superbi demòni, invidiando l’uomo e odiando Iddio, determinarono d’impedire i disegni di Dio con inimicargli l’uomo tanto da Dio amato e stimato (I 123).
L’impedimento è qualcosa di materiale o no che si oppone, che ostacola un’azione, un’attività, un movimento, e che perciò costituisce un intralcio, talora insormontabile, per raggiungere ciò che desideriamo, soprattutto una meta assai importante. Per fra Tommaso la meta era l’unione intima della sua anima con Dio, e quindi ritorna spesso sul tema degli impedimenti che essa può trovare, in particolare nel nostro stesso corpo con le sue passioni, specie l’amor proprio. Ne diamo qui un “piccolo saggio”.
«I deserti d’Egitto erano pieni di santi anacoreti che giorno e notte stavano in tanti disagi, mangiando erbe e radici per non aver impedimenti per meglio contemplar gli eccessi ammirandi dell’amor di Dio» (II 322). «Gli stessi antichi filosofi, conoscendo quanto fosse d’impedimento questa carne mal inclinata alla loro meditazione delle cose dei cieli, fecero cose di meraviglia per soggiogarla» (III 73). «Per salir al monte della perfezione, devi spogliarti dei pesi che ti aggravano e t’impediscono» (II 312). «O servo d’Iddio, che l’amor proprio non t’impedisca che non operi bene» (III 225), perché «l’interesse proprio è come muraglia che impedisce la vista» (II 532); ma «con i suoi divini raggi [Dio] riscalderà l’anima, vivificandola dalle tenebre alla luce, non avendo impedimento di vizio né di peccato» (II 554). «E poiché l’anima non può operare per questo corpaccio, concepisce odio, odiando questo corpo per esserle d’impedimento» (II 166), ma «quando il corpo è ridotto in obbedienza, non è d’impedimento all’anima, anzi fa officio di paggio, servendo all’anima in quel modo che vorrà essa anima» (II 219). «E sì come ai segretari è impedito ragionare dei segreti dei loro principi, così la segretaria anima innamorata di Dio vede le meraviglie di Dio, ma non ne può parlare, perché sormontano la capacità d’ogni intelletto umano» (II 262). «O Dio immenso, purificate in me quelle cose che mi impediscono […], cercando voi solo e le cose vostre per tutto il tempo della vita mia» (I 286). In una lettera scrive: «Vigila nello esterno con sante operazioni, acciò le cose esterne non impediscano all’anima il contemplar Iddio» (IV 130).