Stefano Pesce per Repubblica
In Baviera, in un raggio ristretto a Nord di Monaco, ai margini dell’Hallertau, si trovano i più antichi birrifici attivi al mondo, in quella che è la più grande regione di coltivazione di luppolo, e se prendiamo i tre presumibilmente più antichi, Weltenburg del 1050, Weihenstephan del 1040 e Scheyern del 1119, tutti derivano da una tradizione monastica. Inoltre, due delle birrerie più antiche sono ancora oggi gestite da monaci benedettini. La produzione delle birre monastiche fa quindi parte di una tradizione lunga circa 1000 anni, che anticipa di 700 anni quella delle sorelle “trappiste”, più conosciute oggi, prodotte in una dozzina di monasteri sparsi nel mondo e retti dall’ordine dei Monaci Trappisti o cistercensi (nato sul finire del 1600).
La birra era un mezzo di sussistenza
“Per i monaci la produzione brassicola era un mezzo di sussistenza – spiega Lorenzo Bossi, brand manager di Quality Beer Academy – frutto del lavoro manuale in ottemperanza all’adagio benedettino “ora et labora” (prega e lavora, ndr). Allo stesso tempo però, era considerata come un medicinale portentoso: utilizzata come ricostituente per i convalescenti, la birra rappresentava la possibilità di bere una bevanda sana. L’acqua potabile, infatti, non era di facile reperimento, e giacché il processo di birrificazione prevede la bollitura, il risultato era una bevanda libera da batteri e impurità. Non a caso il patrono dei birrai è Sant’Arnolfo di Soisson (XI sec.), vescovo e abate benedettino, il quale si rese conto che in tempi di epidemia i bevitori di birra si ammalavano meno dei bevitori di acqua, così salvò la gente di Oudenburg dalla peste dando da bere la birra della sua abbazia.
In Baviera ci sono 11 birrerie di monasteri
”Fino ai primi anni dell’‘800 c’erano circa 300 birrerie di monasteri nell’allora territorio della Baviera. Oggi, ne sopravvivono undici, strette tra la tenace concorrenza dell’industria e la chiusura degli stessi monasteri sul territorio. E che possono vantare questa lunga tradizione monastica, sette sono ancora gestiti dalle rispettive comunità monastiche. Le birre monastiche, come anche le trappiste, sono prodotte seguendo i dettami dell’alta fermentazione, secondo ricette antiche, utilizzando ingredienti precisi e procedure codificate; la “Förderverein Bayerische Klosterbrauereien e. V.” (Associazione dei birrifici dei monasteri bavaresi) si è posta il compito di preservare e promuovere questo patrimonio, prezioso e importante per gli intenditori e gli amici del piacere genuino della birra. Il legame tra birra e religione, nel Nordeuropa è quindi un connubio antico, del tutto simile a quello che nei monasteri dell’area mediterranea si è avuto con l’olio e con il vino; l’arte del brassaggio divenne col tempo una filiera insostituibile nell’economia interna di un monastero, il quale, oltre a utilizzare la birra prodotta per il sostentamento della propria comunità, ne ricavava degni proventi grazie alla vendita al pubblico.
Il Pane Liquido
“Pane liquido” veniva infatti chiamata la birra monastica, per il suo ricco contenuto di cereali e quindi di sostanze nutritive a gradazioni sostenute. Una birra pastosa, torbida e corposa, non facile da bere oggi, ma fondamentale nella dieta dell’epoca, soprattutto durante i periodi di digiuno quaresimale, quando restava uno dei pochi alimenti da poter assumere durante il giorno. “Se oggi volessimo individuare i principali “stili monastici” ancora esistenti – spiega Lorenzo – sicuramente dovremmo operare una distinzione tra stili germanici e belgi, diversi ma accumunati da un carattere molto “deciso” che riprende le antiche bevande in voga nei territori bavaresi e nelle abbazie tra le Fiandre e la Vallonia. In Germania troviamo sicuramente le Keller, le Dunkel, le Weizen e le Doppelbock, tutti stili forti, birre dal corpo robusto, spesso scure o estremamente corpose per via dell’utilizzo del frumento di rinforzo. In Belgio abbiamo la triade composta da Blonde, Dubbel e Tripel, che, sintetizzando, segue anche un crescendo in termini di carattere “strong” della birra, sia dal punto di vista organolettico, che del grado alcolico”.
Birre trappiste e d’abbazia
Chiudendo questo breve excursus brassicolo-teologico, c’è da precisare che birre trappiste e d’abbazia devono essere prodotte necessariamente in un birrificio interno al monastero (trappiste) o indipendente, ma legato da vincolo di produzione (d’abbazia); il birrificio, se esterno, deve essere indipendente e la maggior parte degli introiti ricavati dalla vendita devono essere impiegati per il sostentamento dei monaci o per opere di bene, nel solco della tradizione dell’ora et labora.
I monasteri trappisti nel mondo
Nel mondo esistono circa 170 monasteri trappisti, ma solo undici oggi producono birra, e sono cinque in Belgio, due nei Paesi Bassi, uno negli Stati Uniti, uno in Austria, uno nel Regno Unito e uno in Italia, ovvero l’Abbazia delle Tre Fontane a Roma. Solo questi monasteri sono autorizzati a produrre l’Authentic trappist product, secondo le regole stabilite dall’Associazione Internazionale Trappisti. L’Abbazia delle Tre fontane ha origini antichissime, pre-cristiane, e fu solo nel 1200 circa che i monaci vi si insediarono stabilmente. Oggi uno dei loro prodotti più famosi è la Birra Tre Fontane, una birra ad alta fermentazione in stile Triple, con infusione di foglie di eucalipto.