Il commento al Vangelo della Domenica di Don Giulio Dellavite, segretario generale della Curia di Bergamo. Domenica 13 novembre.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine. Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
Parola del Signore.
Il commento al Vangelo
Non so se ci sia più caos nelle nostre vite o nel Vangelo. Due domeniche fa c’era Zaccheo con il caos interiore; settimana scorsa c’era il caos nelle relazioni familiari che arriva fino alle discussioni attorno ad un morto; oggi la Sacra Scrittura parla di un caos che invade la società, la religione e persino la natura. È come se il disordine si allargasse a centri concentrici destabilizzando tutti e tutto.
Un terremoto di significati
Un terremoto di significati. Non si capisce più nulla: né se stessi, né gli altri, né la realtà. Vale a livello di società, ma anche con le persone vicine. Le parole dette male e le cose non dette sono pietre. Prima danno fastidio poi bloccano come sassolini nella scarpa. A forza di accumularli però diventano muri. E i muri separano. Le divisioni creano sfiducia, accuse, rabbie, lotte, guerre. “Badate di non farvi ingannare”, ammonisce Gesù. C’è chi ha da ridire su tutto e da dare colpe a tutti pur di non mettere in discussione se stesso. All’estremo opposto c’è invece chi si sente schiacciato e si lascia andare a pessimismo, frustrazione, negatività. E Gesù? Lui è preoccupato di una questione essenziale: la calvizie. “Nemmeno un capello andrà perduto”. Ogni tanto è proprio difficile capirlo.
La mamma e i capelli del figlio
Una scena solita al tempo di Gesù era vedere una mamma che faceva passare i capelli del proprio figlio, uno per uno, senza lasciarne perdere nessuno, per togliere i pidocchi. L’ho vissuto anche io quando ero alle scuole elementari. Esprime quella perseveranza che il Vangelo di oggi consegna: 1. la preoccupazione di risolvere il problema con delicatezza; 2. la pazienza di affrontare la situazione sedendosi con calma; 3. la premura per l’altro: un fastidio in testa è ombra sul volto; 4. la determinazione di agire per azionare difese per il poi; 5. la volontà di pensare agli altri per vincere l’isolamento; 6. l’attenzione alla realtà relazionale impedendo il contagio; 7. la intenzione di far apparire ordinato e pettinato il bambino perché la bellezza vince ogni pidocchio che isola e fa male.
Più facile rasare che perseverare con premura
Quante situazioni ci stanno in questa logica. Quanti nomi potremmo mettere al posto di “pidocchi”. Sarebbe più facile rasare tutto che perseverare con premura. Gesù insegna a mettere le mani sul caos, come sulla testa. Nella famosa serie televisiva “Game of Thrones” Ditocorto ripete a Varys ciò che aveva detto Baelish: “Il caos non è un pozzo. Il caos è una scala. Tanti che provano a salirla, falliscono; poi non ci provano più: basta una caduta a spezzarli. Ad altri viene offerta la possibilità di salire, ma la rifiutano, rimanendo invece attaccati a illusioni. Solo la scala è reale. E non resta che salire”.
La scala con un solo gradino
La superficialità, invece, è una scala con un solo gradino. Dovremmo imparare a mettere le mani sul caos, proprio come si afferra una scala a pioli quando la si affronta, proprio come una mamma che rende bello il suo bambino contandogli i capelli per sfidare i pidocchi. Così fa Dio con noi. Non risolve il caos, ma ci pettina. Ci rende “belli pronti” per affrontare ciò che ci aspetta, attaccandoci solidi alla scala e salirci gradino per gradino.