Dopo il botta-e-risposta con il governo sul premierato e sull’autonomia differenziata, il cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi, torna a parlare della politica italiana. Le urne sempre più disertate, come ha mostrato anche l’ultima tornata elettorale, quella per le europee, mostrano “una democrazia in crisi”. E allora “ognuno deve fare la sua parte”.
Le parole di Zuppi
Zuppi torna anche a ragionare sulla delicata questione delle riforme costituzionali: farle non è impossibile, è previsto, ma è bene che “l’inchiostro sia uno solo”. Ricordando che “la Chiesa italiana ha affrontato più volte il tema della democrazia”, Zuppi ha sottolineato che “la democrazia è il filo rosso che ha attraversato la storia del Paese dopo il totalitarismo fascista”. Poi un salto indietro alle origini della democrazia italiana: “La visione cristiana ha contribuito, insieme a quella comunista, a quella socialista e a quella liberale, alla straordinaria sintesi della Costituzione” che rappresentava “una alta condivisione di quello che univa”. Cambiare allora “si può se si utilizza quell’inchiostro, uno solo”. Occorre dunque “rispettare lo spirito” della Costituzione, ovvero “si può cambiare, è previsto se necessario, rispettando la lettera” della Costituzione e il clima di unità che ha portato alla sua stesura.
Un appello indiretto a non fare scelte di parte, come lo stesso Zuppi ha già detto in diverse occasioni. Il presidente della Cei ha parlato alla Link University di Roma, alla presentazione del libro di monsignor Mario Toso “Chiesa e democrazia”. Ed è proprio Toso, che a lungo si è occupato del ruolo dei cattolici nella politica, a rispondere più direttamente alle accuse arrivate alla Cei da parte di esponenti politici: “I Parlamenti non hanno nulla da temere dai vescovi. Se mai devono temere i cattolici che in Parlamento non fanno il loro dovere”.
Zuppi, spaziando sulle questioni internazionali, ha infine evidenziato l’importanza del “multilateralismo, affinché la vita delle persone sia difesa e si possa ripudiare la guerra”. “Per garantire la via della pace non bisogna essere in due ma tre. Se manca la terza parte, che è la comunità internazionale, è pericoloso”, ha detto il cardinale che è inviato del Papa per la pace in Ucraina e che domani si prepara a partire per un pellegrinaggio in Terra Santa con la sua diocesi di Bologna. Un segnale per dire al mondo, insieme al cardinale di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, che sperare nella pace è possibile.