Estratto dell’articolo di Gian Guido Vecchi per il Corriere della Sera.
È stato un mese intenso, eminenza, come ha vissuto questo passaggio?
«Guardi, sono fortunato perché ho conosciuto bene Francesco e conosco anche Leone. Sono molto felice perché la Divina Provvidenza ha cercato un pontefice che ama il mondo e cerca la pace».
Il cardinale honduregno Óscar Rodríguez Maradiaga, 82 anni, arcivescovo emerito di Tegucigalpa, era amico di lunga data di Bergoglio, tanto che papa Francesco lo chiamò subito a guidare il Consiglio dei cardinali.
Come ha conosciuto Prevost?
«Ho avuto occasione di predicare gli esercizi spirituali ai vescovi peruviani e lui era vicepresidente della conferenza episcopale. (…). Anche all’ultimo Sinodo abbiamo lavorato insieme, eravamo seduti allo stesso tavolo…».
Qual è la sua qualità principale?
«È un pastore, anzitutto. Ma a questo si aggiunge la sua esperienza come priore generale degli agostiniani. Padre Prevost ha guidato il suo ordine per due mandati, dodici anni in tutto. E questo gli ha permesso di conoscere tutto il mondo. È molto importante da tener presente. Non è un estraneo al mondo e il mondo non gli è estraneo. Lui conosce la realtà di prima mano, per così dire».
Cosa direbbe a chi sperava che il pontificato di Francesco fosse archiviato e si voltasse pagina?
«Mah, in verità non ho sentito tante voci in questo senso. Il sentimento prevalente è assai diverso. Del resto, chi guida la Chiesa non siamo noi uomini, non bisogna dimenticare che è lo Spirito Santo a dirigerla. Al di là delle differenze normali tra i pontefici, è lo Spirito a dare quella continuità che possiamo vedere in tanti programmi, tanti progetti, tanta vita di Chiesa che va avanti».
Ad esempio?
«Il Papa ha scelto di chiamarsi Leone, come il pontefice della Rerum novarum: è l’indicazione più chiara, come ha detto lui stesso, della volontà di proseguire lungo la strada della Dottrina sociale della Chiesa. I punti fondamentali sono molto chiari».
In cosa sta l’essenziale?
Migranti
Le differenze con Francesco? È lo Spirito Santo a guidare e a dare continuità, la vita di Chiesa va avanti
«Nell’opzione preferenziale per i poveri, come principio generale. La stessa pastorale dei migranti non è tanto un problema ma una sfida per un mondo che diventa sempre più violento. È a causa delle guerre e della miseria che tanta gente è obbligata a lasciare la propria terra e migrare. Non si può avere, su questo, una posizione individualista ed egoista. Come cristiani, si deve sempre pensare che anche il Signore Gesù, anche la Madonna, anche Giuseppe sono stati migranti in Egitto. Pure in questo caso Leone XIV conosce il problema per esperienza diretta».
«La mia stessa storia è quella di un cittadino, discendente di immigrati, a sua volta emigrato», ha detto…
«Proprio così. E ha voluto, dagli Stati Uniti, essere missionario e pastore nel continente sudamericano».
Com’era da vescovo in Perù?
«Il Vangelo è un seme che cresce e germoglia nel silenzio e nell’umiltà. Ecco, io penso che il nostro nuovo Papa, nella sua missione come sacerdote, abbia fatto proprio questo. Come vescovi non si cerca la fama né la pubblicità. Anche come padre generale di un ordine antico e importante, che sta in oltre cinquanta Paesi del mondo, non si è mai preoccupato di fare propaganda o apparire. E se il padre generale non è conosciuto, poco male. Il Signore sa chi è». (…)
Crede che andrà avanti su quello?
«Sì, è stata la grande riforma di Francesco e sono convinto che continuerà con Leone XIV. Viviamo in un mondo che è molto individualista ma l’individualismo non è nel Vangelo, è proprio delle persone che non conoscono Dio». (…)
C’è qualcosa che non è stato detto, in queste settimane?
«In uno sguardo di fede, una lettura della storia recente non si può fare solo con criteri umani. La Chiesa è un mistero, umana e divina, materiale e soprannaturale. Siamo in un tempo di grazia per andare avanti».