Don Giulio Dellavite ci conduce nella catechesi. La catechesi, cioè l’insegnamento a voce dei principi della religione cristiana, non è sapere qualcosa in più, ma conoscere meglio Qualcuno. Oggi ci occupiamo del “sapere”.
Dal libro dei Proverbi cap. 8
La sapienza esclama: “A voi, uomini, io mi rivolgo, ai figli dell’uomo è diretta la mia voce. Imparate, inesperti, la prudenza e voi, stolti, fatevi assennati. Ascoltate, perché dirò cose elevate, dalle mie labbra usciranno sentenze giuste, perché la mia bocca proclama la verità e abominio per le mie labbra è l’empietà. Tutte le parole della mia bocca sono giuste e rette per chi possiede la scienza. Accettate la mia istruzione e non l’argento, la scienza anziché l’oro fino, perché la scienza vale più delle perle e nessuna cosa preziosa l’uguaglia. Io, la Sapienza, possiedo la prudenza e ho la scienza e la riflessione. Temere il Signore è odiare il male: io detesto la superbia, l’arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa. A me appartiene il consiglio e il buon senso, io sono l’intelligenza, a me appartiene la potenza. Per mezzo mio regnano i re e i magistrati emettono giusti decreti; per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia. Io amo coloro che mi amano e quelli che mi cercano mi troveranno. Io cammino sulla via della giustizia e per i sentieri dell’equità, per dotare di beni quanti mi amano e riempire i loro forzieri. Il Signore mi ha creato all’inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, fin d’allora. Dall’eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata; quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua, prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io sono stata generata. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno. Beato l’uomo che mi ascolta ma chi pecca contro di me danneggia se stesso”.
Per riflettere
Due volte nella Bibbia (nel Salmo 111 e nel cap. 1 del libro dei Proverbi) si dice: “Principio della sapienza è il timore del Signore”. Se Qoelet ci ha consegnato il senso del timore di Dio (non come paura ma come premura) ora il libro dei Proverbi ci porta a comprendere – come altra faccia di un’unica medaglia – la Sapienza. È un dono che noi invochiamo dallo Spirito Santo: sapienza, intelletto, consiglio. Nella tradizione ortodossa è lo Spirito Santo stesso chiamato “Sapienza”: Dio Padre crea, Dio Figlio salva, Dio Spirito Santo ti fa gustare il mondo e vivere la grazia.
Il valore dell’intelligenza
Bellissimo che la Bibbia dedichi una pagina così bella al valore dell’intelligenza e della ricerca scientifica (come diremmo noi oggi). Troppo spesso c’è il fantasma dell’opposizione tra fede e ragione quasi che la fede sia solo deglutire dogmi che la scienza non può spiegare, anzi che mette in discussione. Fede e scienza non sono nemiche, anzi sono due sorelle. Dio stesso è creatore (il Padre), redentore (il Figlio) e capacità di interpretare e gustare la realtà (lo Spirito Santo). Sapienza non è essere intellettualoidi. Sapiente non è chi sa tanto. Se cerco sul vocabolario latino “sapere” trovo due termini scritti uguali ma di significato diverso, distinti solo da un accento. “Sapère” ha il significato comune all’italiano: conoscere, comprendere, imparare, scoprire: è cosa di cervello, inerente solo alla mente. “Sàpere”, invece, con l’accento arretrato, significa gustare, assaporare, da cui deriva il termine “sapore”. Assaporare. Sapienza deriva proprio da “sàpere”, gustare, più che da “sapère”. È saper gustare. Come diceva Qoelet.
Gli accenti
Per far fare un salto di qualità alla nostra fede basta cominciare semplicemente a spostare un accento: non ci serve tanto “sapère” qualcosa di più su Gesù, quanto invece “sàpere”, poterlo gustare di più. È la stessa differenza che c’è tra “educare” e “informare”. Ad esempio basta guardare nei giovani quanto sia abissale la differenza tra informazione sessuale e educazione affettiva. Non ci si avvicina all’amato da curiosi per farne l’inventario, ma si assapora un rapporto. La fede non dà risposte, ma insegna a far domande profonde sulla realtà. La fede non è accettazione ma è scelta fondamentale: vedo le cose in modo diverso, sposto l’accento, guardo in modo nuovo. È addirittura un atteggiamento fisico. Un problema da risolvere o un enigma da decifrare ti fanno sedere e ripiegare su te stesso, invece un rapporto che coinvolge ti fa alzare e muovere. Per questo la fede non è certezza, ma è “fiducia”. E la fiducia è sempre impastata di dubbio, non come limitazione ma come scommessa che ti fa implicare.
Dio è oltre
Per questo per chi ha fede il miracolo non serve: Dio è più entusiasmante dei prodigi. Per chi non ha fede il miracolo non basta: Dio è oltre. Sta a noi decidere tra il fermarci al “sapère” chi è il famoso “Gesù della storia” o andare oltre per “sàpere-gustare” insieme il “Cristo della fede”. Mi colpisce sempre che quando nei Vangeli si parla della risurrezione di Gesù si sottolinea che è l’alba, dove c’è abbastanza luce per chi vuol vedere e sufficiente buio per chi non vuol vedere. Si può aprire qui il grande tema del rapporto tra Fede e Scienza. Lo scienziato A. Zichichi ha scritto un libro dal titolo “Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo: tra Fede e Scienza”. Parte da una idea comune a tanti scienziati: “Se tu sapessi quello che hanno scoperto la Scienza e la Logica Matematica! Praticamente tutto. Se non viene fuori il Teorema di Dio, né la scoperta scientifica che Dio esiste, il motivo è semplice: i credenti sono semplicemente dei testardi creduloni. Dio non esiste e la religione è l’oppio dei popoli, come giustamente predicava Karl Marx”. Mostra poi come il compito della fede sia una corretta e professionale ricerca delle leggi che danno senso nel tempo e nello spazio alla vita umana. Lo scienziato conclude poi mostrando come “Ragione e Fede non sono in antitesi. Esse sono entrambe doni di Dio. Usando la Ragione nel mondo reale (immanente) l’uomo scopre la Logica Matematica e la Scienza. Usando la ragione nel mondo interiore (trascendente) l’uomo scopre la Teologia. La scienza è mettersi a colloquio con il Creatore”. Un altro scienziato, Werner Heisemberg, ha sintetizzato questo in una sola frase: “Il primo sorso dalla coppa delle scienze rende atei, ma in fondo al bicchiere ci attende Dio”.
La provocazione
La provocazione è che se per un credente non c’è il teorema scientifico dell’esistenza di Dio, dall’altra parte per uno scienziato non c’è la prova scientifica che Dio non esiste. Anzi, tra le leggi fondamentali della fisica ce n’è una molto interessante che a me piace definire come l’indizio scientifico dell’esistenza di Dio. È il secondo principio della termodinamica. Il primo principio della termodinamica è la legge di conservazione dell’energia (il calore come forma di energia). Il secondo principio della termodinamica stabilisce quali processi possano o non possano avvenire in natura, ricorrendo al cosiddetto “postulato entropico”, che afferma che “l’entropia tende al massimo” cioè che tutto nell’universo va verso il caos, essendo questo più economico in termini energetici. Nulla spontaneamente va verso la complessità, che è più dispendiosa da mantenere. Tra le varie esemplificazioni del secondo principio della termodinamica, la più conosciuta è la seguente: si prenda un vaso in cui siano state stratificate palline bianche e nere in un ordine preciso, formando delle strisce alternate. Se si scuote energicamente, cioè se si sottopone all’azione del caso, la struttura non solo scomparirà ma non si riformerà mai più, anche se si continuasse a scuotere il vaso per tempi lunghissimi. Solo l’azione diretta dell’uomo può ripristinare le strisce di palline alternate, cioè soltanto un intervento volontario e finalizzato, esterno al sistema vaso/palline, può ripristinare l’ordine. Da ciò deriva che l’unico modo di superare il secondo principio della termodinamica è introdurre nel sistema un’informazione che deve essere conosciuta e posseduta precedentemente, a priori, da un agente esterno che non sia parte della struttura stessa. Dunque, se pensiamo alla natura, al corpo umano, agli animali rimaniamo “affascinati” di quanta perfezione, ordine, simmetria, regolarità che ha necessariamente bisogno di un “mano esterna”.
La scommessa
Arriva allora “la scommessa” di Blaise Pascal che da scienziato razionalista nei suoi “Pensieri” afferma: “Noi non perdiamo niente a scommettere che Dio esiste. Se scommettiamo che Dio esiste ed egli non esiste, avremo comunque vissuto bene grazie a grandi valori. Se scommettiamo che Dio non esiste e invece lui c’è, siamo dannati. Se scommettiamo che Dio esiste ed egli esiste davvero, avremo guadagnato la gioia senza fine. Prendiamo in considerazione la vincita e la perdita della scommessa: se vinci, vinci tutto; se perdi, non perdi niente. Anche solo per convenienza e furbizia, scommettiamo dunque che egli c’è, senza esitare”. Ma questo discorso deve continuare.