Quando ci si mette davanti a Dio il primo sentimento è quello di essere analfabeti: non è possibile pretendere di saper subito capire la sua lingua. Per poter parlare con lui e per saper ascoltare quello che lui ha da dire occorre fare lo sforzo di educarci a entrare in sintonia.
Non metterti a pregare senza esserti preparato
Non si entra di getto: bisogna dirsi “adesso faccio spazio a Dio nel mio tempo, nel mio spazio, nella mia mente e nel mio cuore”. Bisogna che passi il polverone prima che si possa intravedere qualcosa del nostro intimo. La prima cosa da fare è dunque stare in silenzio, devo dirmi che sto iniziando a pregare e che voglio pregare; devo rendermi conto di dove sono e che sto per vivere un’esperienza per me ricca e significativa; devo chiedermi di voler vivere al massimo questo momento.
Cura molto l’esteriorità della preghiera
Anche il corpo ha – anzi è – un linguaggio. Inoltre se non sono comodo non riuscirò a entrare nel mistero. Cura la posizione. Il guscio non è la noce, ma se non c’è il guscio non c’è neppure la noce. Senti dentro di te voglia di pregare? Scegli una posizione adatta alla concentrazione. Sei fiacco e non hai voglia? Non è bene allora sederti spaparazzato, scegli invece una posizione che ti scuota. Sei stanco? Non c’è niente di male a sedersi, con tanta libertà e semplicità (anche ad addormentarsi davanti al Signore). Pensa ai significati ad esempio che può avere la posizione delle mani: il mendicare, lo stingere al cuore, l’invocazione, l’affidarsi come per farsi prendere in braccio.
Non essere schiavo di nessuno schema
Se devi parlare con la persona che ami, cerchi frasi fatte? No, segui il cuore. Fondamentale, però, è sempre la semplicità e l’essenzialità. Non cercare di avvicinarti a Dio per farne l’inventario. Smettila di trattarlo come un oggetto, ma invocalo come un soggetto. Il segno che tu cominci a conoscere Dio è il desiderio di conoscerlo di più. Se non avessi Dio in te, non potresti sentirne l’assenza: è nel vuoto del desiderio che si svela la presenza di Dio. Dio è una presenza nell’assenza.
Riflettere non è solo leggere
Si deve leggere poco. Si deve leggere bene. È come chi ingoia il cibo: ingoiare cibo senza gustarlo non nutre e crea problemi di salute. Bisogna centellinare. Insieme alla mente deve essere smosso il cuore e deve sgorgare la scelta di un impegno per se stessi. Se resta solo alla mente è studio. Oppure è “oppio”, droga che mi anestetizza.
Altri tipi di preghiera
Due altri tipi simmetrici di preghiera personale: la meditazione e l’esicasmo. La meditazione è – ad esempio – un’altro metodo di preghiera personale. È simile alla Lectio Divina come finalità, solo che al posto di avere come base una pagina della Bibbia, ha un testo scritto da un uomo su Dio. Non è la Parola “di” Dio, ma la parola “su” Dio. Essenziale è il chiedersi: cosa dice a me e di me, qui e adesso? cosa decido per me per oggi? quale scelta concreta mi porta a prendere per il mio bene? L’Esicasmo è invece un metodo antichissimo che noi ci siamo dimenticati di avere e che altri ce lo rivendono come modernità sotto forma di yoga o di tantra. È più o meno la stessa cosa. È una preghiera simmetricamente opposta alla meditazione dove attore principale è il cervello e il corpo si deve adattare per facilitare la riflessione. Nell’esicasmo invece è il contrario: è il corpo che prega e la elaborazione dei pensieri viene messa in secondo piano. Semplifico e banalizzo per farmi capire e per dare qualche nozione pratica per incuriosire. Un esempio di questo modo di preghiera personale è narrato in un romanzo del 1800 che si intitola “Racconti di un pellegrino russo”. Gli viene insegnato a pregare con il nome di Gesù: “Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me”. Consiste nella continua ripetizione dell’invocazione per un certo periodo di tempo. Il percorso prevede tre tappe in base a quanto uno si impratichisce ed entra pian piano nella dinamica.
Le tre tappe
La prima tappa (solo di introduzione e allenamento) è la ripetizione numerica. Decido quante volte lo ripeto e le conto: scelgo 100, 200, 300, 500. La ripetizione della stessa invocazione lascia liberi cuore e cervello: svuota, libera, alleggerisce, distacca.
La seconda tappa è l’evoluzione nell’abbinamento dell’invocazione al respiro:
– inspiro con la prima parte dell’invocazione: “Signore Gesù Cristo”
– espiro con la seconda parte: “Abbi pietà di me”.
Nella prima fase ci “riempiamo” del Nome. Nella seconda fase ci “svuotiamo” delle nostre fragilità. Entra la grazia esce il nostro buio. A lungo andare diventa spontanea e automatica.
La terza tappa – come evoluzione della seconda e da alternare a quella – è sincronizzare la preghiera con il battito cardiaco (se non si riesce a percepirlo ci si può aiutare con una mano sul cuore o con un dito sul polso o sulla gola). È letteralmente “la preghiera del cuore”. Si legge nei Racconti del Pellegrino: “Immagina il tuo cuore e rivolgi ad esso i tuoi occhi, come se lo guardassi. Ascolta attentamente con la mente i suoi battiti, l’uno dopo l’altro. I santi Padri chiamano quest’operazione ‘portare la mente dalla testa al cuore’. Quando ti sarai abituato a questo, comincia a far coincidere a ogni suo battito una parola della preghiera:
– al primo battito dirai o penserai: Signore;
– al secondo: Gesù
– al terzo: Cristo
– al quarto: abbi pietà di me
La parola a grandi maestri di preghiera
“Per compiere le belle imprese l’arte giova e il senno ha parte, ma veneggia il senno e l’arte quando amico il Ciel non è” (Pietro Metastasio, poeta del 1700).
“L’uomo che prega ha le mani sul timone della sua storia” (San Giovanni Crisostomo).
“Quando di notte non riesci dormire, smetti di contare le pecore e prova a cominciare a parlare con il pastore” (Anonimo).
“Io non prego, io sono preghiera” (Chandra Livia Candiani).
“Pregare è prendere fiato presso Dio” (Dietrich Bonhoeffer).
“Se dalla preghiera si alza un uomo migliore, la preghiera è esaudita” (George Meredith).
“La preghiera non cambia Dio, ma cambia colui che prega” (Søren Kierkegaard).
“Non pregare quando piove se non preghi anche quando il sole splende” (Satchel Paige).
“Meno sono le parole, migliore è la preghiera” (Martin Lutero).
“La preghiera richiede più cuore che lingua” (Adam Clarke).
“Nella preghiera è meglio avere un cuore senza parole che parole senza cuore” (John Bunyan)
“Molte volte sono finito in ginocchio spinto da una schiacciante convinzione di non avere alcun altro luogo dove andare” (Abraham Lincoln).
“Le lacrime sono la preghiera segreta del cuore” (Gerolamo Rovetta).
“Solo chi sa stare in ginocchio riesce poi a stare in piedi ovunque” (Oreste Benzi).
“Pregare è aprire nei muri del quotidiano delle finestre su Dio” (Ermes Ronchi).
“Signore, tu eri dentro di me e io fuori (intimior intimo meo). Là ti cercavo. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi hai chiamato e il tuo grido ha squarciato la mia sordità.Ti ho gustato e ora ho sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio della tua pace” (Sant’Agostino).