Un dialogo richiede 3 elementi: uno che parla, uno che ascolta, qualcosa da dirsi
Chi parla sono io, chi ascolta è Dio, e qualcosa da chiedergli c’è sempre. Già qui dovremmo imparare anche a dirgli grazie, a raccontargli qualcosa di noi, a chiedergli “in questa situazione tu cosa avresti detto? cosa avresti fatto?”, o anche solo a dirgli ti voglio bene, avevo voglia di stare un po’ da solo con te, come facciamo con le persone per noi speciali. Attenti! Questo però è solo il nostro punto di vista ed è ottuso. Perché ci sia dialogo è essenziale, determinante, qualificante che ci sia anche il contrario: che anche Dio debba parlare, che un po’ sia io ad ascoltare. Altrimenti è solo un monologo, uno sbrodolamento. Non basta che ci sia Dio e che ci sia io. Non basta che parliamo un po’ per uno, occorre che abbia consistenza per me anche ciò che ha da dire Dio e che io gli dia retta. Sono disposto a dare a Dio la stessa importanza che chiedo a lui di dare a me e a quello che gli chiedo?
La verifica è il principio Cristo-centrico
La parola più importante e densa che posso dire a Dio è la mia storia, quello che vivo. La parola più preziosa di Dio è la vicenda di Gesù: il suo farsi uomo, il suo messaggio, la sua morte da innocente giustiziato, la sua risurrezione. Gesù è “la buona notizia” di Dio, in greco “eu-anghelion” (Evangelo). Nell’Antico Testamento questa attesa era talmente densa da diventate protagonista: “l’atteso” se lo diciamo in ebraico è “Messia”. Il popolo ebraico traduce e condensa nella preghiera dei Salmi l’attesa del compimento della speranza coniugata con le stagioni della grande storia e delle piccole storie dell’uomo. I Salmi sono parte della Bibbia: sono parola di Dio e insieme canto dell’uomo: 150 sfumature di gioia, di fede, di speranza, di amore, ma anche di attesa, di paura, di dolore, di angoscia, di rabbia, di dubbio, di desolazione, di pianto. Sono canti di cetra, uno strumento che con le sue 10 corde, viene immaginata in mano al Re Davide, il saggio che dialoga con Dio e per questo canta la vita, nella consacrazione e nel peccato. C’è tutto Dio e tutto l’uomo, ecco il dialogo. «Celebrate il Signore con la cetra; con l’arpa a dieci corde a lui inneggiate» (Salmi 33,2).
La Chiesa sceglie
La Chiesa sceglie fare sua questa antica preghiera (insieme di Dio e dell’uomo) con la liturgia delle ore, cioè che ritma il tempo: mattino (ufficio delle letture e lodi); durante la giornata (ora media); sera (vespri e compieta). In 4 settimane (mese) si pregano tutti i salmi. Nel 1214 San Domenico si inventa una forma facilitata per il popolo perché questa preghiera cristica non fosse solo dei preti ma potesse essere lo schema, la scuola e la palestra della preghiera di ogni fedele. Nesce il Rosario (“rosarium” significa antologia): 150 Ave Maria come 150 sono i Salmi, a gruppi di 10 come le corde dell’arpa del Re Davide, che diventano un Vangelo portabile per i semplici (al tempo non c’era la possibilità di avere il testo) e la vita di Gesù è proposta in 3 gruppi per plasmare ogni giornata su di lui (come la liturgia delle ore) per imparare come dice San Paolo “ad avere i suoi sentimenti, a raggiungere la sua misura”. Ci rendiamo conto allora che il rosario non è una preghiera mariana, ma Cristocentrica. La parte più importante del rosario, infatti, sono “i misteri” cioè le tappe della vita di Gesù. Per questo la tradizione della Chiesa gli ha dato sempre più importanza che a tutte le novene o le coroncine o altro. Posso allora scegliere di “recitare” LE preghiere, oppure di viverlo come momento di dialogo (è LA Preghiera). Se è una filastrocca le distrazioni sono un fastidio, se è un incontro le distrazioni sono cose che vengono a galla proprio dentro un rapporto a due.
Il rosario
Il Rosario è dunque innanzitutto un Vangelo portabile: è Gesù parola di Dio fatta storia. Così ci sono i misteri dell’alba della vita, della gioia, i gaudiosi: l’annunciazione che Dio si fa uomo, nella visitazione Maria che nuova arca della presenza di Dio attraversa il deserto e dinnanzi a lei Elisabetta danza come il re Davide, la nascita a Betlemme, la presentazione di Gesù come dono di Dio, la ricerca di quel Figlio di Dio e dell’uomo che trovi nel tempio (la casa dell’incontro). Poi ci sono i misteri del dolore: Gesù che si affida nel dolore del Getzemani, che innocente viene flagellato e coronato di spine, che sale al Calvario e muore in croce. Infine i misteri della gloria, cioè la speranza che vince ogni paura: la risurrezione, l’ascensione che apre il cielo, il dono dello Spirito Santo, l’unione della Madre alla risurrezione con l’assunzione in cielo, aprendo la comunione dei Santi e dei Giusti (la gloria). Nel 2002 Giovanni Paolo II ne aggiunge un nuovo gruppo per riportare l’attenzione su Cristo: i misteri della luce: Gesù è la luce della quotidianità più opaca: il battesimo nel Giordano dove con lui e come lui anche noi siamo figli prediletti di Dio, le nozze di Cana in cui ridona gusto alle relazioni quando tutto fa acqua, un Maestro che coinvolge e cambia la vita, la trasfigurazione in cui Gesù è il presente tra passato/promesse (Mosé) e futuro/speranze (Elia), infine l’Eucaristia il mistero della sua presenza reale per entrare in comunione con lui.
Se nel rosario c’è tutto Dio, c’è la possibilità che ci sia anche tutto io
Ogni mistero ricorda non solo un pezzo di storia di Gesù, ma interpella anche un pezzo della mia vita. In ogni mistero dovrei chiedermi 3 cose: 1) cosa rappresenta per me qui e oggi questo pezzo di Gesù? in cosa illumina quello che sto vivendo? cosa mi dice? 2) a chi lo dedico? a chi penso? (in bene e in male, pregate per i vostri nemici dice Gesù) 3) che cosa gli chiedo? Si dicono le Ave Maria perché lei ha detto “eccomi” lasciandosi plasmare e riempire la vita, ha seguito Gesù cercando di capirlo anche quando non era facile, è stata sotto la croce in silenzio davanti al dolore senza senso, ha atteso nella notte interiore l’alba della risurrezione, ha accolto il Risorto con la Chiesa a Pentecoste e come sorella maggiore ci ha aperto la strada verso il cielo. Quindi lei ci dice che vivere così è possibile e anche nella vita di tutti i giorni. Maria è la ragazza avvolta da un sogno (misteri della gioia). Abbiamo bisogno di far entrare nella nostra vita l’angelo dell’annunciazione che dica anche a noi: “rallegrati, non temere”. Maria è la donna realizzata nel quotidiano (misteri della luce). Ci ricorda che nella fede, nella vita o in amore c’è sempre sufficiente luce per chi vuol vedere e abbastanza buio per chi non vuol vedere. La madre coraggiosa vive questo sotto la croce (misteri del dolore). Ci sussurra quanto siano tesori preziosi i sacrifici, da sacrum-facere, che rendono sacro ogni sforzo. Maria, come sorella maggiore, ci apre la speranza (misteri gloriosi). È un gancio in mezzo al cielo a cui appendere speranze, desideri, aspettative, sogni e bisogni. Ha detto Papa Giovanni Paolo II: “Nella sobrietà dei suoi elementi il rosario concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è compendio: è ricordare Cristo con Maria, imparare Cristo da Maria, conformarsi a Cristo con Maria, supplicare Cristo con Maria, annunciare Cristo con Maria”. Papa Benedetto XVI: “Il Rosario consente di fissare lo sguardo e il cuore in Gesù, come faceva sua Madre, modello insuperabile della contemplazione del Figlio”. Infine Papa Francesco ci ammonisce: “In tanti cristiani c’è il rischio che un aspetto secondario diventi totalizzante: addirittura a volte un santo o una Madonna, un gruppo, una sensibilità particolare mette da parte il Vangelo e lo stesso Gesù Cristo. Sogno un Chiesa affamata di Gesù, non di Madonne che fanno le postine. Maria ci dice: Fate quello che Lui, Gesù, vi dirà! Lui, Gesù! Niente e nessun altro. Torniamo a mettere al centro Gesù!”.