Il commento al Vangelo di domenica 22 ottobre 2023 di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»
Il commento
Un giorno lo Scià imbandì un concorso fra gli artisti del suo vasto impero per avere il miglior ritratto. Giunsero con tavolozze di meravigliosi colori, con scalpelli e blocchi di pietra pregiata, con oro e argento. Arrivò anche un tale con un sacchetto di sabbia. Rimasero chiusi per settimane ognuno in una sala del palazzo. I pittori dipinsero grandi tele con storie di vittorie epiche, gli scultori svelarono busti e statue ieratiche, i gioiellieri cesellarono monili preziosissimi con la sua effige. L’ultima sala la trovarono vuota. Quel tale cosa aveva fatto? Con la sabbia sottile aveva levigato le pareti di marmo e quando il sovrano entrò restò incantato nel vedere il suo viso riflesso ovunque come in uno scintillio di specchi. Così vinse. Molti riconoscono il nostro volto, diversi sanno il nostro nome, qualcuno ci riconosce un valore, pochi colgono l’anima. Ciò che conta davvero non è un viso bello come per i pittori, non è un carattere tosto come per gli scultori, non è l’apparenza ammaliante come per i gioiellieri, ma è l’umiltà di lavorare per far emergere la vera identità. L’attrice Anna Magnani, in una delle ultime interviste, disse: “Nella vita ci ho sempre messo la faccia. Qualche anno fa era diversa: aveva riso e pianto di meno, forse era più bella, ma aveva meno da raccontare”. “Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” è una frase scontata e inflazionata. Non so quanto sia capita. Determinante è la domanda di Gesù: “Di chi è la faccia?”. L’imperatore faceva imprimere il suo volto sulle monete per esprimere che erano fatte da lui, garantite da lui, custodite da lui e a lui sarebbero tornate dopo aver fruttato.
Il volto di Dio
In noi c’è qualcosa che ha impresso il volto di Dio, che ci ricorda che è fatto da Dio, garantito da Dio custodito da Dio e a Dio vuole tornare dopo aver fruttato. A noi invece piace di più dare a Cesare quello che è di Dio, se Cesare siamo noi. Cioè ci piace tanto sentirci Padri Eterni. Come pittori dipingiamo la realtà a nostro piacimento e ci facciamo mille storie col pennello dei nostri preconcetti. Tutto ci è dovuto. Tutto è sempre e solo come crediamo noi. Dire “grazie” non ci viene, domandare “per favore” nemmeno: chiusi nella cornice non vediamo quanto gli altri fanno per noi. Come scultori ci creiamo piedistalli su cui stare tronfi, dall’alto dei quali giudicare, criticare, comandare, pretendere. Se riceviamo una critica è lesa maestà come genio incompreso. Ci sentiamo Scià ma facciamo capricci da bambini dell’asilo. Come gioiellieri la corona ce la ceselliamo e ce la mettiamo convinti che ha valore solo quello che diciamo e facciamo noi. Mai mettersi in discussione. Gli altri non hanno niente di bello: è più facile inventare scuse che chiedere scusa. Dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio è invece levigare con cura l’interiorità con operosità della fede, fatica dell’amore, fermezza della speranza (dice san Paolo), scoprendo il valore della propria storia e personalità, scoprendosi moneta preziosa fatta, garantita, custodita da Dio e che a Dio è chiamata a tornare dopo aver fruttato, ma mettendoci la faccia, ciascuno la propria. Tra testa e croce, Gesù ha scelto la croce per valorizzare noi.