Il commento al Vangelo di oggi, domenica 3 dicembre, di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Il commento al Vangelo
Il tempo di Avvento ci pone “in dolce attesa” del Natale, aiutandoci a percepirci “gravidi di Dio”, a scoprirci “incinta” fin nel nucleo più profondo (“in-cytos”, nel citoplasma). Ci spinge a cogliere che la realtà è “in stato interessante” perché “pregnance” (inglese) impregnata e lievitante di grazia. Questo ci pone “in der hoffnung – in speranza” (dal tedesco) per vivere la fatica come travaglio, il dolore come doglie, il buio come utero, fino a scalciare per “venire alla luce”. Facciamo di tutto per essere soddisfatti, per essere in pace, per essere sicuri, per essere contenti, per essere realizzati… Non ci rendiamo conto invece che il più grande dei miracoli è “essere”, semplicemente essere perché siamo gravidi di Dio. Gesù ci dà un pizzicotto per non farci rimanere addormentati: fate attenzione! vegliate! Come disse il filosofo Voltaire: “Dio ci ha dato il dono della vita, ma sta a noi dare a noi stessi il dono e il diritto di viverla bene”. Proviamo a chiederci: vogliamo il ben-essere ma quanto facciamo per essere-bene? Noi ci troviamo dubbiosi, disorientati, strattonati, persi e cerchiamo coordinate nel nostro vagare (nord sud ovest est). Sono le direzioni che indichiamo facendo il segno della croce. Noi ci troviamo incerti, accartocciati, confusi, dubbiosi e cerchiamo di calcolare l’area di sicurezza (altezza per base).
Il segno della croce
Sono le linee che tracciamo facendo il segno della croce. Noi ci troviamo sempre a pezzi, stressati, sotto pressione e cerchiamo unità tra testa (con i pensieri che ci frullano), pancia (con i problemi e le paure che ci assalgono), cuore (con i sentimenti che ballano e traballano), spalle (con i pesi della fatica e delle frustrazioni da portare). Sono i punti che tocchiamo facendo il segno della croce. Quella croce che noi facciamo velocissima tra naso e mento o che viene spontanea solo al vedere una paletta dei carabinieri o della quale a tavola ci vergogniamo più che a dire scemate ci avvolge, ci riveste, ci copre (sopra, sotto, sinistra, destra). Il segno della croce non è un gesto esterno ma è raffigurazione di quanto c’è dentro di noi: le due linee, verticale e orizzontale, sono le ascisse su cui segniamo le onde dei nostri su e giù. Ci siamo mai accorti di quanto il segno di croce ci riguarda? Ci siamo mai accorti di quanto il segno della croce ci è dentro? Il primo passo dell’Avvento è dunque il grazie alla vita che Dio ci ridona ogni mattina e che noi diamo per scontata. Comunque e nonostante tutto, siamo fortunati. Al benessere però che non corrisponde a un essere-bene. In questo Avvento rendiamoci conto di essere gravidi di Dio prendendo sul serio il segno della croce. Una proposta: al mattino appena svegli e la sera prima di dormire (o sparso durante il giorno) facciamo un segno di croce pensato e goduto, lento e ampio, con la mano aperta che si fa carezza che riempie o pennello che colora. E insegniamo ai bambini a farlo così. Più ci si coglie gravidi di Dio, più si cresce in coscienza di sé e in autostima. Dio ci ha dato il dono della vita, ma sta a noi darci il dono e il diritto di viverla bene, in lungo e in largo (come la croce).