Il commento al Vangelo di oggi domenica 13 aprile di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».
Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!». Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».
Il commento
“Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli la speranza” (Lucio Anneo Seneca). Il racconto della passione di Gesù condensa le nostre croci, le nostre ferite, le nostre debolezze, le nostre morti interiori. Sono tante, sono diverse, sono variegate, sono pesanti e alla fine spaccano il cuore, come a Gesù, ma proprio quello squarcio diventa un’uscita di sicurezza da ogni buio, da ogni male, dalla stessa morte. “Crocifiggilo!” è un grido che risuona ancora oggi ovunque c’è un uomo rassegnato a non pensare e a non amare, ovunque c’è un uomo raffazzonato, apatico, senza passioni. “Crocifiggilo!” è un grido che risuona ancora oggi quando io come Pilato me ne lavo le mani, quando io come Pietro non voglio compromettermi, quando io come Giuda condiziono tutto ai miei interessi, quando io come il popolo mi lascio trascinare e incantare, quando io come i soldati faccio le cose solo perché devo.
“Crocifiggilo!” è un grido che risuona ancora oggi nelle mie sentenze di condanna facili e affrettate, nelle mie etichette indelebili che appiccico agli altri. “Crocifiggilo” è un grido che risuona ancora oggi nelle relazioni sciupate per monotona mediocrità, negli impegni banalizzati, nell’analfabetismo emotivo, nell’interiorità svuotata dal non farsi mai domande, nel voler stare connessi ma non insieme. Le ragioni della paura e del pessimismo sono tante, forse troppe a volte, ma come uscirne? In questa Quaresima abbiamo dialogato con alcuni elementi dentro una chiesa: colonne, archi, immagini, pavimento e penombra.
Manca l’ultimo: la porta. Un parroco ha posto un cartello interessante sugli stipiti: “qui si entra per amare Dio, da qui si esce per amare gli altri”. La porta della Chiesa raffigura la ferita del cuore di Cristo. In chiesa e nel cuore di Cristo si entra per imparare ad amare e per sentirsi amati da Dio, dalla comunità e da se stessi. Si esce invece con autocoscienza di sé, con criteri rinnovati di comprensione della realtà, con responsabilità di premura nel voler bene. In chiesa e nel cuore di Cristo si entra come credenti e si esce con l’impegno di essere credibili. In chiesa e nel cuore di Cristo si entra con mille ragioni per essere delusi, consumati, feriti, arrabbiati, dubbiosi e si esce come pellegrini della speranza che non delude. Il racconto della passione che ora viviamo ci fa contemplare come la porta del cuore di Cristo è aperta per noi sempre, comunque e nonostante tutto. È il varco in cui entrare per trovare luce, forza, speranza, consolazione, energia, senso ed è l’uscita di sicurezza da ogni ragione del peggio. Bussiamo a questa porta per capire poi come si apre quella del nostro cuore, spesso invece bloccata, blindata, arrugginita.
Il vangelo
Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!».
Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere. Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte. Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.