Il commento al Vangelo di oggi, domenica 10 dicembre, di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Marco
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Il commento
[*** Il tempo di Avvento ci pone “in dolce attesa” del Natale, aiutandoci a percepirci “gravidi di Dio”, a scoprirci “incinta” fin nel nucleo più profondo (“in-cytos”, nel citoplasma).Ci spinge cogliere che la realtà è “in stato interessante” perché “pregnance” (inglese) impregnata e lievitante di grazia. Questo ci pone “in der hoffnung – in speranza” (dal tedesco) per vivere la fatica come travaglio, il dolore come doglie, il buio come utero, fino a scalciare per “venire alla luce” ***]
L’invisibile
Vedere l’invisibile è la sfida di ogni gravidanza. Sogni, attese, speranze, paure, dubbi, attenzioni fanno “preparare la strada”. e “raddrizzare i sentieri”, come chiede il Vangelo e come succede in una casa quando si fa spazio un figlio che arriva: tutto viene messo in discussione da una realtà “pregnance” (in inglese), pregna, pregnante, impregnata di grazie e di luce. Noi siamo troppo intasati e ingolfati. Accusiamo Dio di non esserci, ma in realtà siamo noi a sbarrare le strade. Ci fa riflettere la storia di Martino, giovane calzolaio povero. Continuava a sognare Gesù bambino in braccio a Maria che gli dicevano: “A Natale veniamo a casa tua. Ci ospiti?”. Emozionato, costruì un gioco in legno per Gesù, un paio di scarpe per Maria e una torta per festeggiare. Era la vigilia. Stava aspettando e sentì gridare: “Al ladro!”. Un ragazzo aveva rubato dei viveri in un negozio vicino. La mente di Martino si illuminò: “Se arriva la polizia, come farà Natale?”. Prese il suo gioco e propose ai negozianti lo scambio pregando di lasciar andare l’adolescente disagiato. Tornò alla finestra a scrutare. Incuriosito da orme di piedi nudi sulla neve, uscì, le seguì e trovò una donna tremante di freddo.
Il sorriso
Le labbra donarono un sorriso che si trasformò subito in aiuto concreto: corse a prendere le scarpe preparate e gliele mise. Stava per chiudere, era ormai sera, e si presentò un uomo a elemosinare: “È tardi! Ho un appuntamento importante!”. Il cuore si sciolse davanti a quegli occhioni. Lo fece entrare per una fetta di torta, ma aveva talmente fame che gliela divorò tutta. “Tanto non arriva più nessuno”, disse Martino. Se ne andò a dormire, deluso. Fece il solito sogno. Sbottò: “Gesù, sono arrabbiato! L’avevi promesso e non sei venuto!”. Mentre brontolava, sgranò gli occhi perché si accorse che il Dio bambino aveva in mano il suo gioco in legno, che Maria calzava le scarpe che aveva costruito con cura e Giuseppe aveva sulle labbra lo zucchero a velo della torta. Era stata solo un’illusione? Chissà. Ma si svegliò felice. La liturgia ci fa vivere questa logica e non ce ne accorgiamo. Dopo il segno di croce, riscopriamo oggi il gesto al Vangelo: una croce sulla fronte, una sulle labbra, una sul cuore. È chiedere a Dio di aprirci la mente per trovare opportunità di bene, vincendo pregiudizi, ottusità, piccinerie, rivalse. È chiedere a Dio di aprirci le labbra per dire parole belle che diventino azioni buone, vincendo ipocrisie e chiacchiere. È chiedere a Dio di aprirci il cuore perché sia generativo, vincendo mediocrità, scoraggiamento, delusione, pessimismo. Essere pregnance, impregnati di Dio, è avere mente, labbra, cuore aperti per vedere l’invisibile che lievita in noi e grazie a noi. Così magari ci alzeremo felici, come Martino.