Il commento al Vangelo di oggi, domenica 24 settembre 2023, di Don Giulio Dellavite.
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. E disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone disse al fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle 5 del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero un denaro. Nel ritirarlo mormoravano contro il padrone: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Il commento
Il Vangelo presenta l’antenata delle rivendicazioni sindacali:perché queste differenze? quale è il criterio di quel padrone? A noi viene spontaneo immedesimarci con i primi quelli che fanno di più, quelli che fanno meglio, quelli bravi.”Siamo davvero sicuri che è così? Mah. Se con schiettezza analizzassimo i nostri discorsi ci accorgeremmo che assomigliamo di più agli ultimi: abbiamo sempre da pretendere (perché io…?), abbiamo sempre da criticare (ma io…), abbiamo sempre da inacidirci (però io…), abbiamo sempre da rivendicare diritti (se io…).
Il libro
In questi giorni mi è stato consigliato l’ultimo libro di Paolo Crepet “Prendetevi la luna!” (Mondadori 2023). “Un dialogo tra generazioni”, recita il sottotitolo. Ci ho visto le ore diverse degli operai della parabola. Ci ho visto soprattutto il non andarci mai bene niente. “Prendetevi la luna” non è un consiglio per i momenti difficili secondo l’autore – ma è una suggestione sulla rassegnazione: “la luna è lì apposta, scompare e ricompare, proprio perché se ci fosse sempre sarebbe banale. Oggi più che mai siamo catturati dal presente, ma il vero problema è che ce lo siamo fatti bastare, forse atterriti per ciò che potrebbe essere alle porte o per sazietà di quanto possediamo già”. Noi non cambiamo gli eventi, ma gli eventi cambiano noi. La famiglia fatica nella propria funzione di autorevolezza, a scuola annaspa nell’educare ragazzi impermeabili, la società strattona una coperta corta che delude tutti e intanto con “intelligenza artificiale” si plasma un mondo .“Prendere la luna” non è utopia di un mondo surreale, ma la necessità urgente di non farsi bastare il presente dandosi da fare nel mettersi in discussione. Non è tardi, come dicono invece gli spacciatori di comodità. C’è urgenza di tornare a lavorare nel cantiere del ragionare.
Gli interrogativi
Non tutti sentono il bisogno di nutrire interrogativi. Ci si rassegna a lagnarsi, senza mai muovere un dito: gli altri devono fare di più e, se fanno, dovevano farlo diverso. Prendere la luna è affrontare la disoccupazione dalle idee, quella che si annida senza far rumore in tante coscienze persuadendole ad accartocciarsi, ai margini, per autodifesa. I primi saranno ultimi: cioè se vuoi i diritti accetta i doveri. La parabola alla fine scuote: ma tu cosa vuoi davvero? Gesù ha a cuore che in nulla ci si adegui al ribasso e incalza: cosa è giusto? dove è il buono? non è che sei tu invidioso? Gli ultimi saranno primi: il metro di misura con cui valuti quanto chiedi per te, usalo poi come esame di coscienza su te. I diritti possono essere garantiti solo dal senso del dovere. Se pretendi diritti, quanto ti impegni a “onorare” i tuoi doveri? “Onorare i doveri” è più che fare il dovuto: chiede intelligenza, idee, rinnovamento, passione, dedizione, costanza. Per questo lo stipendio meritato veniva chiamato “onorario”. Alziamoci dalla rassegnazione! Il presente non può bastare! C’è da fare e da pensare! Prendiamoci la luna! Ognuno la sua.