Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, si dice. È quanto Gesù ammonisce: “Fate quello che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché dicono e non fanno”. Scribi e farisei sono categorie non del passato, ma attuali. Oggi sono i “benpensanti”, cattoliconi e laici DOCG, che ritengono sempre se stessi nel giusto e gli altri mancanti. C’è una seconda sfumatura con cui leggere il proverbio:il tratto di mare in cui spariscono più persone nel nulla non è il Triangolo delle Bermuda ma proprio “tra dire e fare”. C’è pure una terza possibilità, quella di chi nel mare tra il dire e il fare se ne sta bello comodo in crociera, con la pretesa di ricevere, ma fregandosene di tutto e di tutti. Nel 1980 Gianni Togli cantava: “E guardo il mondo da un oblò e mi annoio un po’. Ho mille libri sotto il letto e non leggo più; ho mille sogni in un cassetto e non lo apro più; parlo da solo e mi confondo e penso che in fondo sto bene così. Luna!”. Sono passati quasi 50 anni e ci siamo incredibilmente evoluti tanto che l’oblò lo abbiamo staccato dalla parete e ce lo portiamo sempre dietro per guardare il mondo. Gli abbiamo solo cambiato nome in “cellulare” (smart-phone) che forse andrebbe chiamato ego-fono, amplificatore dell’ego. A forza di essere on-line finiamo off-life, fuori dalla vita. Quel “dire senza fare” rimproverato agli scribi e farisei in modalità social diventa “postare” commenti, foto con filtri, like o hate/shitstorm (odio). E ci stanno i rimproveri di Gesù. “Legano fardelli pesanti e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito”: quanta ipocrisia oggi nello sparare condanne con superficialità.
Tra il dire e il fare
Tra il dire e il fare c’è di mezzo l’esaminarsi, insegna Gesù. “Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro scialli (filatteri) e allungano le frange”: quanta apparenza pur di seguire mode e compiacimenti. Tra il dire e il fare c’è di mezzo l’impegnarsi, insegna Gesù. “Si compiacciono dei posti d’onore e dei saluti nelle piazze” quanta smania di avere di più anche a costo di compromessi. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il valutare, insegna Gesù. “Non fatevi chiamare maestri” quanta saccenza che confonde le proprie opinioni con la verità. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il farsi domande, insegna Gesù “Non fatevi chiamare padri” quanta falsità in contatti digitali senza legami reali. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il coinvolgersi, insegna Gesù “Non fatevi chiamare guide” quanta confusione valoriale quando tutti sono tuttologi. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il confrontarsi, insegna Gesù. Guardando il mondo dall’oblò, vibrano più i cellulari dei cuori. Se invece – conclude Gesù – si esalta la coscienza di sé con l’umiltà del servire la verità del normale, si può costruire un ponte sul mare tra dire e fare (e non è così impossibile come sullo stretto di Messina). Insomma, tra il dire e il fare c’è di mezzo il cuore “e il naufragar mi è dolce in questo mare” (G. Leopardi).