Don Giulio Dellavite ci conduce nella catechesi. Quest’ultimai, cioè l’insegnamento a voce dei principi della religione cristiana, non è sapere qualcosa in più, ma conoscere meglio Qualcuno. Anche oggi, come mercoledì’ scorso, ci occupiamo dell’ “uomo”.
Dal Libro della Genesi
Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. (…) Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. (…) Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire». E il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà isha (sposa), perché da ish (sposo) è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, e non provavano vergogna. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: «Non dovete mangiare di alcun albero del giardino»?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: «Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete»». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?».
Per riflettere
Il Salmo 8 ci ha fatto riflettere “cosa è” l’uomo, oggi la grande domanda è “cosa fa” l’uomo. Quale è la sua “responsabilità”: cioè la sua risposta (da latino respondeo) al dono prezioso della vita. La Bibbia, nella prima pagina della Genesi quando racconta il “mito” della creazione, vuole “raccontare” “cosa” è successo (narrazione “eziologica” che descrive cioè le cause e il contenuto) e non ha alcuna pretesa di “descrivere” “come” è successo (narrazione “cronologica” che cioè descrive i dettagli). Mischiare questi due piani, il raccontare e il descrivere, il cosa e il come, genera una confusione devastante. Sono due criteri di logica, due modi di guardare la realtà totalmente diversi, non è questione di giusto o sbagliato. Nella mentalità antica, di millenni fa, era normale una concezione sapienziale della descrizione della vita, per cui era persino possibile modificare alcuni dettagli o inventare particolari perché era ritenuto fondamentale arrivare a comunicare un senso di ciò che si era vissuto.
Il dettaglio esatto
Per noi invece, che siamo più giornalistici, è essenziale il dettaglio esatto, analizzando al microscopio ogni dettaglio. Poi però non siamo più capaci di domandarci il senso di ciò che succede, o di riflettere su quali valori vengono messi in gioco nel descrivere un avvenimento. Non è possibile leggere la Bibbia pensando che sia scritta col nostro modo di ragionare. Dobbiamo fare lo sforzo di cambiare paio di occhiali. È un modo diverso di guardare alla realtà. Gli antichi usavano “il mito”, cioè il linguaggio della favola e della fantasia perché ritenevano più importante il senso che non i dettagli, più importante il contenuto della scatola. Oggi noi leggendo i giornali siamo informatissimi di tutti i dettagli, ma lasciamo perdere la ricerca dei perché e del senso. Nella realtà che viviamo, la verità dell’amore mette sempre in gioco la fiducia, la ricerca, il dubbio, la speranza, il rischio. Quando due si vogliono bene non si imparano mai a memoria, ma uno scopre sempre qualcosa di nuovo nell’altro. L’amore è una scommessa. Io non posso misurare l’amore a tavolino, facendo un elenco dei pro e dei contro. Così è per la fede.
Dio non è un problema da risolvere
Dio non è un problema da risolvere, né un enigma da decifrare, ma è un “mistero” da scoprire che mette in gioco la tua libertà, come una persona sempre da conoscere. Su questa pagina ci sarebbe da starci per giorni. Faccio solo alcuni flash. Dio pone l’uomo in un giardino. È il senso dell’armonia con se stessi, con l’altro, con la natura e gli animali e con Dio. L’uomo addirittura per dire che non c’è violenza è descritto vegetariano. Deve coltivare e custodire. “Non è bene che l’uomo sia solo” e per formare la coppia Dio non crea ma fa’ il primo trapianto di cuore. Pensate all’immaginazione fantastica di un uomo di 3.000 anni fa che pensa a questa immagine per dire il legame più denso. L’uomo è creato come maschio e femmina. Sono nudi e non provano vergogna. L’uomo è l’unico animale che può diventare rosso. È qui la superiorità dell’uomo che lo rende a immagine e somiglianza con Dio.
L’immagine è il DNA
L’immagine e la somiglianza con Dio è come il legame di sangue. Perché usare due termini simili? L’immagine è il DNA: non puoi negarlo, sei fatto di quello. La somiglianza è la scelta personale di voler assomigliare a tuo padre, di decidere se abitare nella casa di tua madre. Non dovrete mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male. È il dono della libertà: se tu prendi il posto di Dio, se tu vuoi decidere da te stesso cosa è in assoluto il bene e il male, facendo a meno di Dio, si rompe tutto l’equilibrio perché non c’è più la base dell’oggettività dei valori ma tutto diventa liquido e soggettivo. [Nota curiosa: nella Bibbia non c’è la mela, ma c’è scritto solo “frutto”: l’errore viene dal fatto che in greco “frutto” si scrive “mellon”]. La Bibbia insiste invece nel dire che la tentazione è buona e bella: qui sta l’intelligenza del male. Quindi tutto comincia a sgretolarsi: nel rapporto di coppia entra il sospetto e il rinfaccio (si nascondono), entra la violenza e l’invidia tra fratelli (Caino e Abele), la natura si ribella (il diluvio), la società di sgretola e non ci si capisce più (la torre di Babele).
Dove sei?
Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Comunque e nonostante tutto Dio cerca l’uomo e vuole camminare accanto a lui: l’uomo percepisce i passi di Dio. Qui la scelta, può nascondersi o può andargli incontro. L’uomo però fa fatica a trovare Dio e allora Dio ricomincia da capo e “ricrea”. Alla creazione segue la redenzione. Prima Dio “fa” l’uomo e poi “si fa” uomo. È il mistero del Natale. Mentre il Presepio è un’idea la cui paternità si fa risalire a San Francesco nella notte di Natale del 1223 a Greccio, l’albero nelle culture antiche è stato considerato il simbolo della vita e l’abete in modo particolare perché è verde e rigoglioso proprio quando le altre piante sono spoglie e sembrano morte. È la forza della vita, tanto che nell’antico Egitto veniva considerato l’albero della fertilità e in Grecia era l’albero sacro di Artemide, dea delle nascite. Una leggenda narra che l’abete sia l’albero della vita del paradiso terrestre le cui foglie diventarono aghi appuntiti e sterili quando Eva colse il frutto proibito e rifiorì solo la notte in cui nacque Gesù, l’uomo nuovo. Per questo lo si addobba di frutti. La mela del peccato diventa pallina rossa, il serpente tentatore si trasforma in filo decorativo. Dio nel “figlio dell’uomo”, nuovo Adamo, ci dice: “Anche dalla tua vita possono fiorire germogli di luce!”. Maria è la nuova Eva, la Madre di una creazione nuova.