Il commento al Vangelo di oggi, domenica 15 gennaio, di Don Giulio Della Vite.
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Giovanni Battista, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che è il Figlio di Dio».
Il commento al Vangelo
“Io non lo conoscevo”. Questa frase forte di Giovanni Battista mi ha fatto pensare a come e quanto io considero Gesù. Le feste sono passate, tutto è stato inscatolato e anche lui, come il presepio, l’albero, le lucine e i discorsi buonisti. Ci restano però i valori alti: colesterolo, trigliceridi, glicemia. In una vignetta Lucy dice a Snoopy: “A Natale sono tutti più buoni. È il prima e il dopo che mi preoccupa”. Due domeniche fa eravamo davanti alla culla di Betlemme, settimana scorsa in riva al fiume Giordano, e oggi dove? “Dove vedrai scendere lo Spirito”. E cioè? Gesù arriva in un giorno qualunque, in un posto qualunque, tra gente qualunque. Cosi fa col Battista, con Maria, con gli Apostoli e anche con noi. Dove oggi possiamo dire “Eccolo qui! Ecco l’agnello di Dio!”, come nel Vangelo?
Santa Teresa di Lisieux
La mistica Santa Teresa di Lisieux ci dà una localizzazione: in cucina. Dio sta non solo in chiesa, ma anche tra le stoviglie. Se arriva una persona autorevole, ospite di riguardo, la si riceve in salotto e gli si offre la poltrona bella. La cucina, invece, è lo spazio della prossimità: ci si sta solo con chi si ha confidenza, con chi è “solito”, con chi puoi essere te stesso senza maschere, pur nel disordine e con le sedie traballanti. Come consideriamo Dio? È un amico? È di casa? O è il personaggio VIP da ossequiare a distanza di sicurezza? Che valore do a Dio? È lo stesso che lui dà a me? Wayne W. Dyer, psicologo statunitense, fa riflettere con un esempio molto usato nelle formazioni motivazionali: “Un lingotto di ferro puro viene quotato circa 100 dollari. Lo stesso peso, se è rottamato, viene valutato 25 dollari. Facendone ferri da cavallo il ricavo salirebbe a 250 dollari. Qualora con la stessa quantità si producessero aghi per cucire, si arriverebbe a circa 70.000 dollari. Se invece si usasse il lingotto per creare molle per orologi si salirebbe a circa 6 milioni di dollari. Il valore dipende dal modo in cui si trae il meglio da ciò che si è, senza farsi bloccare dal come delle apparenze”.
Il lingotto di ferro
La considerazione che si dà a un lingotto di ferro, varia in proporzione all’investimento in qualità sulla finezza. Chiediamoci: la mia coscienza e la coscienza del valore di me stesso, è un peso, è qualcosa di arrugginito e rottamato, è uno spillo che pungola o è una molla dentro di me? Se funziona per come vediamo noi stessi, vale anche per Dio. Il Signore è un peso, è qualcosa di arrugginito e rottamato, è uno spillo che pungola o è una molla dentro di me? Ecco l’agnello di Dio. Ecco Gesù. Io non lo conoscevo. Quando lo scopri da ospite in poltrona, che fa soggezione, diventa l’amico che in cucina si fa compagno e complice. Ecco l’agnello di Dio. Ecco Gesù. Io non lo conoscevo. Quando lo scopri capisci che Dio sta nei dettagli, abita le cose normali e diventa prezioso quanto più lo ritengo una parte nascosta ma essenziale nell’ingranaggio del mio tempo, quello più solito, quello che si vive in cucina.