In carcere, accusati per avere violentato una tredicenne italiana, sono finiti sette ragazzi di origine egiziana, tutti tra i quindici e i diciannove anni. Il gesto è di una infamia unica. Soltanto il fatto di essere “uno dei tanti”, purtroppo, relega questa “mattanza dell’affettività” sullo stesso piano dei numeri della guerra: ci si abitua a sentirli e, piano piano, non faranno più baccano. Non ci daremo più il peso che hanno. Il che, ovviamente, decuplica all’infinito la sofferenza di chi si trova a patire una pena così. A sopravvivere alla brutale mattanza: «Mi sento come una sopravvissuta» ha dichiarato una ragazza, vittima anche lei di violenza, durante il processo ai suoi aguzzini. Un processo per la sopravvivenza che dura da anni.
La barbarie delle parole
Non bastasse questo supplizio fisico, il peso raddoppia per la barbarie delle parole. C’è anche chi cavalca queste atrocità per qualche like in più, dando il consueto appuntamento alla pancia della gente: “Castrazione chimica, nessuna pietà, pena di morte”. Sono anni, ormai un decennio, che una parte d’istituzione invece che accendere il cervello per elaborare e proporre un pensiero civile non fa altro che pigiare sull’acceleratore qualche giorno per poi ritornarsene laddove abitavano prima: nel paese dei luoghi comuni. Dal fanatismo alla barbarie, poi, il passo è breve: “Hanno ragione: la pena di morte ci vorrebbe!” Nessuno, solamente un pazzo scatenato potrebbe farlo, giustifica una violenza simile. Ma, almeno, ci si aspetterebbe che questo vestito da boia fosse poi portato tutti i giorni. Che la promessa della castrazione chimica o della pena di morte fosse una battaglia da portare avanti fino in fondo. Costi quello che costi. Dando, se serve, il proprio nome all’eventuale legge.
Il finale è il solito
Invece il finale è il solito: promesse non mantenute. È l’identikit perfetto del tiranno. Pronuncia parole di promessa, poi non le considera un impegno da mantenere: lui si sente superiore a tutti, nessuno mai potrà obbligarlo a mantenere quello che ha detto. Se poi il tiranno ha l’animo di un barbaro, non potrà sognare di meglio che mettersi al comando di una cultura dormiente: vincerà sempre. Alla prova dei fatti resta una domanda: “Otterrebbe i consensi se non facesse promesse che poi non mantiene?” La risposta è ovvia: no. Dunque, avanti con la litania: “Castrazione chimica, pena di morte”. A spese prima di tutto di chi, vittima di violenza, resta con il suo dolore cucito addosso e, se riuscirà, tornerà a vivere da sopravvissuta. Poco più che un numero statistico. (Sulla strada di Emmaus).