Fosse un paesino di quelli dov’è ancora umana la vita – fatta di festa, riti e usanze – si direbbe ch’è un paese mai stanco di far festa la liturgia cristiana. La liturgia, madre che gioca con simboli, riti e parole, facendo leva sulla memoria propone ai suoi fedeli il quarto week-end di festeggiamenti consecutivi: non una successione di semplici feste (il che, a conti fatti, sarebbe già tantissimo per chi è ancora convito sostenitore della noia cristiana), bensì il susseguirsi di quattro solennità, che sono feste moltiplicate per x che tende all’infinito: la prima è stata la solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo, seguita dalla quella di Pentecoste, per poi festeggiare la Santissima Trinità e concludere il ciclo con la solennità del Corpo e del Sangue di Gesù.
Quattro solennità disegnate più sui righi eccentrici delle storie d’amore che sulle carte pesanti della teologia. Una storia d’amore a tutti gli effetti. C’è un Figlio, Gesù, che dopo aver frequentato per anni il mondo si è scelto e fidanzato con la sua sposa: la Chiesa. Un giorno, come capita nelle famiglie, scatta l’ora x in cui presentare la fidanzata a Papà: ecco l’Ascensione. Con annessa ansia e batticuore per entrambi, Figliolo e fidanzata: “Chissà cosa dirà tuo padre, se sarà contento o deluso che tu abbia scelto me”.
La risposta è nella Pentecoste: non solo il Padre è orgoglioso della scelta del Figlio, ma firma loro il regalo più bello, lo Spirito Santo. Del tipo: “Da parte mia, tutto l’amore mio è dato a voi”. La storia d’amore, col placet del Padre, s’infiamma. S’accende.
In paese, quando il figlio di uno in vista si sposa, s’infiammano le viuzze di gossip e mistero: “Li hai visti? L’hai visto? L’hai vista? Hanno detto questo, hanno detto quest’altro ha, dicono sia ebbro di gioia il Padre”. C’è un solo modo, per il Padre, di calmare le chiacchiere davanti al cancello: aprirlo, farli entrare dentro, mostrare loro come la gioia, se condivisa, diventa patrimonio paesano dei cuori.
Ecco cos’è la Santissima Trinità: «Con questa rivelazione il Dio invisibile, nel suo grande amore, parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per poi invitarli e ammetterli alla comunione con sé» (Dei Verbum, 2). Porte aperte a tutto il paese: “Entrate, siate i benvenuti, sentitevi a casa vostra.
Qui, da oggi in poi, tutti sarete benvoluti”. Nessuno riesce a vivere da solo, nessuno può innamorarsi da solo, nessuno diventerà cristiano da solo: la Trinità Santissima è una casa di gente, la solitudine è bandita, isolarsi è l’unica condizione vietata nel dress code dell’invito ad esserci.
Poi, entrati per conoscersi e bere un caffè, ecco l’invito del padrone di casa, del Padre: “Vista l’ora e visto che si sta bene assieme, che ne dite di fermarvi anche per cena? Nessun allarme per il numero di presenti: ci pensiamo noi”. Basterà (con)dividere il poco che c’è per sfamare la folla: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci (…) Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò, li dava ai discepoli perchè li distribuissero alla folla» (cfr Lc 9,11-17). La festa ha inizio: da sconosciuti, un pò pettegoli, ad amici seduti allo stesso tavolo.
E, mentre si mastica il Pane dell’eucaristia, a ribattersi la spalla l’un l’altro, per condividere le pelle d’oca d’una scena mai vista: l’Amore, per amare, chiede d’essere mangiato, deglutito, ospitato nel corpo. Emozione e rischio altissimi: «Vita ai buoni, morte agli empi: / nella stessa comunione / ben diverso è l’esito» racconta la Sequenza di questa solennità.
Una volta entrato in circolo nel corpo e nella storia di ciascuno, la libertà non sarà annullata: vita e morte sono ancora a disposizione entrambe. Con la possibilità, per chi vorrà, di far di quel pezzetto d’Ostia consacrata il punto d’appoggio per sollevare la deficienza della sua virtù e tentare di farla diventare salvezza. Un’unica sceneggiatura d’amore, in quattro fotogrammi legati e distinti. Chi ama lo sa bene che l’amore non è una cisterna che trattiene l’acqua, ma un canale che, accarezzandola, la condivide alla terra. (Sulla strada di Emmaus)