Protagonista della storia è l’uomo che vive. La donna si era intestardita oltre misura. Si era sporta fin sul limite delle possibilità: “Mi basterà toccargli la veste, sento che guarirò”. Per i medici, il suo era diventato un caso rarissimo, per le sue finanze la malattia era divenuta cagione di disfatta. Dodici anni, che sono più di due lustri, a perdere il suo sangue, èquipe di medici a non saperlo arrestare, quell’imbarazzo sul volto che è tipico di chi si sente infettata e sporca. Tenuta a bordo strada dalla società, a bordo società
L’occasione, stavolta, è ghiotta: tutto quel turbinio di gente che staziona attorno al Cristo medico le permetterà di toccarlo senza che nessuno si accorga, che Lui l’avverta. Basterà un tocco per guarire: è convinta. S’intrufola nella folla: più che i suoi occhi, va a cercare il suo lembo, avanzi di presenza. Lei tiene gli occhi bassi. È un vizio di forma: “Sei una maledetta, tieni gli occhi bassi” le avranno intimato. Lui, Dio camminatore, avanza a passi lenti: quando le s’avvicina, è tutto un vociare confuso, una ciurmaglia di pensieri, parole mute, sorde, cieche: è il dolore a essere tale. Tutti per Lui, accorrono da Lui, Gli vanno addosso. Lei, strattonata nella mischia, zac! Gli sfiora il mantello: le basta. Se l’era detto quando nessuno le diceva nulla: “Subito il flusso di sangue s’arrestò“. Ebbe davvero fede.
La casa di Giairo
Nessuno si accorge di nulla, eccetto lei. Eccetto Lui che, diretto verso la casa di Giairo, arresta la fiumana di gente, si arresta all’improvviso: “Chi mi ha toccato?“. A Pietro, pescatore avvezzo agli umori del mare, all’umorismo, pare il festival dell’umorismo. Manca poco che si rovesci dalle risate: “Maestro, la folla ti stringe da ogni parte e ti schiaccia“. Come dire: “Stai scherzando, vero? Sono tutti a strattonarti, dappertutto. Mi chiedi chi ti ha toccato?” L’Uomo è convinto di ciò che dice: “Qualcuno mi ha toccato, una forza è uscita da me“. Ammutolisce Pietro, resta serio il Maestro: tutt’intorno tutto è sospeso a quella domanda che, adesso, attende risposta.
Lei, a gattoni per terra, chiede alla terra d’inghiottirla viva: avverte su di sé il peso di mille sguardi, il fiatone della curiosità, il mistero di quel sangue che d’un tratto è tornato in circolo, s’è rimesso in carreggiata. La squadrano, la puntano, quasi a rinfacciarle quella strana idea che le è venuta di andare a toccare quell’Uomo, intoccabile a detta di loro. Lei si alza solo quando avverte che il Medico è testardo: non avanzerà fino a quando non avrà scoperto la destinataria di quella forza graziosa. Si alza, gli racconta la sua storia, il suo essere diventata vecchia anzitempo, quell’andare a sguinzaglio tra impacchi e medicazioni. Di quel giorno nel quale ha sentito parlare di Lui. Di quella voce che le ha bisbigliato addosso una novella buona a sentirsi, ad immaginarsi: “Vai da Lui, vedrai che uomo!” Si è fidata, si è incamminata, l’ha toccato: è bastato.
Glielo dice: “Tanti mi avevano toccata per guarirmi. Mi mancava il toccare te per guarire: lo sapevo, perdona l’invadenza!” Poi, atterrita dal magnetismo di quell’Uomo, ascolta il verdetto. È per lei, sarà per tutti: “Figlia, la tua fede ti ha salvata, va’ in pace” (cfr Mc 5,31-43). Lei ha toccato Lui, Lui ha toccato lei con la sua grazia. Si sono toccati, aggiustandosi: “Va’, sii felice!”. E tutti gli altri a non esserlo, forse. Pur addosso a lui, non lo cercano. Non lo desiderano al pari suo.vAgostino, a margine e commento di quell’incontro, scrisse parole col fuoco: «Turba premit, illa tangit» (“La folla lo spinge, lei lo tocca”). Fare ressa, dentro i Vangeli, non è toccare. Vedere non è guardare, sentire non è ascolto. Quando si alza da per terra, la donna risplende. Pochi lo sanno, ma Cristo inizia qui a mettere in piedi il finale della risurrezione: credere che i morti risorgeranno sarà materia di fede per il domani. Credere che i vivi, caduti, si rialzeranno è la parte meno nota del credo cristiano. Per l’emoroissa, Cristo non è un’operazione intellettuale. Guarì, si salvò, perché Dio era una ricerca inquieta, spericolata. Materia infiammabile.
Autore: Don Marco Pozza
Marco Pozza (Calvene, 21 dicembre 1979) è uno straccio di prete al quale Dio si intestardisce ad accreditare simpatia, usando un’inspiegabile misericordia. Sacerdote e scrittore, è il parroco del carcere Due Palazzi di Padova. Presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma ha conseguito il dottorato in Teologia Fondamentale con una tesi su Cittadella, unica opera uscita postuma dello scrittore-aviatore francese Antoine de Saint-Exupèry. Il motivo? Era infastidito assai dal fatto che il mondo intero conoscesse Il Piccolo Principe ma quasi nessuno conoscesse chi fosse il suo papà letterario. Più le infinite cose belle che aveva scritto oltre a quella sua favola divenuta nel tempo gigantesca. Immortale. La sua passione è quella di provare a contaminare mondi tra loro, in apparenza, ben differenti: a volte riuscendoci, a volte meno. In ogni caso gli rimane addosso la bellezza di averci comunque provato: come nella primavera del 2020 quando, assieme alla comunità del suo carcere, ha ideato e scritto i testi della famosa Via Crucis 2020 celebrata in una Piazza san Pietro deserta a causa della pandemia. Per Rai1 conduce dei cicli di puntate de Le ragioni della speranza, la rubrica settimanale del programma A Sua immagine. È autore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento culturale e religioso: Padre Nostro (Tv2000, 2017), Ave Maria (Tv2000, 2018), Io credo (Tv2000, 2020), Dei vizi e delle virtù (Discovery Channel, 2021) che hanno avuto la partecipazione fissa di Papa Francesco e dai quali sono nati altrettanti bestseller (usciti con Rizzoli) tradotti in tutto il mondo. Nell’autunno 2022 scrive e conduce Il Discorso della montagna (Canale5, 2022). Appassionato di sport e giornalismo, nel tempo libero che gli rimane ha già iniziato ad abbozzare la sua prima enciclica, qualora gli toccasse la dura avventura d’essere eletto Papa. L’incipit è già stato scritto: «Ho odiato ogni minuto di allenamento ma mi dicevo: non rinunciare. Soffri ora e vivi il resto della vita da campione» (M.C.Clay). Non è il miglior uomo del mondo: non pretende nemmeno di diventarlo, tra l’altro. Gli basta, al tramonto di ogni giorno, avere fatto di tutto per essere il migliore uomo possibile.