Quant’è stuzzicante (e quanto infastidisce) l’umanità di un prete! È capitato che, per una scommessa fatta con un’amica, abbia scritto una letterina a Babbo Natale per raccontargli di un mio sogno: quello di incontrare Laura Pausini. Che, in compagnia di Roberto Baggio e di Marco Pantani (del quale ho concelebrato il funerale) costituiscono la trinità laica delle mie passioni fanciulle. Dico laica, perchè prima di questi tre incontri ho incontrato Cristo: è lui che ha a che fare con la felicità dell’anima mia. Gli altri tre hanno a che fare con l’allegrezza, gli sfizi del cuore, le gioie quotidiane. Cristo è la domenica della mia storia, ma negli altri sei giorni ci stanno anche loro tre: stanno tutti nella stessa settimana. Non affido loro la mia salvezza (quella è materia di Cristo), ma riconosco loro di avermi testimoniato cos’è la magia, dove conducono i sogni, quant’è avvincente e scellerata la gloria di quaggiù. Hanno acceso in me la passione, regalandomi l’emozione che nasce dalla magia dei loro talenti decuplicati. Non sono Dio, ma tre inconsapevoli compagni di viaggio sì.
Un prete che sogna la Pausini
“Un prete che sogna la Pausini! Com’è ridotta la Chiesa. E le anime chi le salverà se i preti hanno in mente i cantanti. Non ha altro da fare un prete? Non dovrebbe stare in carcere h24?” Sono alcuni dei commenti fioccati per email, nei social. Cito quelli eleganti, visto non tutti sono lord nell’esprimere le loro contrarietà: ognuno fa il fuoco con la legna che ha! Chiedo: ho forse tradito Dio e i suoi segreti misteri scrivendo a Babbo Natale la mia letterina? Perchè ad un prete dovrebbero essere vietate le piccole gioie quotidiane? La mamma, per il fatto d’essere tale, se una sera va a vedere un film (o un incontro di don Marco) con le amiche e lascia i bambini al papà è balorda? E viceversa. Perchè le grandi scelte dovrebbero, in automatico, annullare quelle piccole che colorano la vita? “Dovresti sognare di incontrare Cristo, non la Pausini” recriminano. Spiace che, per il volume troppo altro de La solitudine, non si accorgano che Cristo lo incontro già nell’eucaristia, tutti i santi giorni. E lo (re)incontro nelle navate della galera, nei volti della nostra gente detenuta. Incontrare Cristo non è affatto un sogno, è molto di più: è un’esigenza. Ogni giorno Gli chiedo di ritornare da me ancora una volta come fosse la prima volta. Lo posso incontrare solo nella mia umanità, però: attraverso la mia umanità. Che, dunque, amo coltivare perche possa restare sveglia per riuscire a riconoscere il Cristo delle sorprese quando passa.
Il lato umano
Immagino di togliere al mio sacerdozio il lato umano, ch’è anche quello più debole e fragile: mi sentirei un prete costruito al computer, in 3D, perfetto e incredibile. Cioè non credibile, visto che sulla mia pelle non ci sarebbero i sobbalzi di un umano plausibile. Qualcuno vorrebbe dal prete un minimo sindacale di umanità, ma un divino senza l’umano è una diavoleria disgustosa. Preferisco pagare il prezzo di un lato umano incompreso e criticabile alla sicurezza di una esistenza vissuta sotto una campana di vetro, facendomi sentire artefatto. Beppe, il prete che da bambino mi ha fatto intravedere Cristo, mi ha infiammato il cuore quando lo vidi e nemmeno capii che fosse prete: stava pulendo i tombini delle fognature della casa che, ancora oggi, è la casa di tanti ragazzi difficili. Canticchiava (“La solitudine” di Laura Pausini, forse?) mentre faceva quel lavoro così umile da farmelo apparire divino. Sospettai ci fosse del grano buono in quell’umanità così spassionata: non mi sono mai sbagliato.
L’umanità
Amo e ringrazio il Cielo per l’umanità che mi ha donato: è fatta di amici (amiche, soprattutto. Pure bellissime!), passioni, hobby. Di sport, Lego e libri. Di passeggiate, sci, piste ciclabili. E non per questo sento di venire meno al mio Dio. Anzi: quando il mio umano è sereno, avverto che Lui riesce ad abitare meglio dentro di me. E compiere autentici miracoli. Credo in Dio, in Gesù Cristo, nello Spirito Santo ma continuerò imperterrito a scrivere a Babbo Natale, perchè credo nella sorpresa che tanto fa battere il cuore del bambino che ho dentro. Non sarà mai tempo perso: l’unico tempo perduto, fino ad oggi, è stato il tempo sprecato per diventare ciò che non ero. Finendo per insegnare cose che non vivevo. Ad un Dio che mi chiedesse di annullare l’umano, alla faccia che Gli metterei in mano la vita: non è il Dio della salvezza. Sarebbe solo l’ennesimo pifferaio di turno.
(Caro Babbo Natale, tu hai capito tutto adesso. Finito questo lavoraccio che ti ho commissionato, c’è da prendere in mano anche Roberto Baggio. Marco Pantani, purtroppo, non c’è più: mi accontento, una volta all’anno, di andarmelo a salutare al cimitero dei pescatori di Cesenatico. E di vederlo attraversarmi la strada quando mi alleno in bicicletta. Tuo, Marco)