Ancora convinti, siamo, che il più grande degli errori moderni sia quello di annunciare (e credere) la morte di Dio. A ben pensarci, invece, il più grande è la certezza che sia il diavolo ad essere morto: lui – “Il maiale si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” – non ha mai guadagnato così tante anime a sé come da quando è riuscito a spargere voce d’essere morto. Morto decrepito: anche lui ha i suoi trucchi per alzare la percentuale degli incassi al botteghino delle bugie! “Ma io non credo nel demonio, sono cose un po’ retrò” mi rinfacciò un giorno un signore ben distinto. Posso credere che lui non ci creda, posso anche accettare che lui non ne riconosca affatto la sua presenza: il fatto, però, è che è il diavolo a credere in lui. A credere in me. È strano persino a dirsi: meno tu lo consideri, più lui ti considera. Il suo amore è inversamente proporzionale alla mia capacità d’ammettere la sua vicinanza. Sarà per questo che, all’inizio di ogni quaresima,
Le tentazioni
il Vangelo torna a rilanciare la sfida delle tentazioni, anche a costo d’apparire un po’ retrò in un mondo che alla tentazione non sa trovare risposta migliore che il suo esaudimento. Ritorna in campo Cristo stesso, a simulare come si debba affrontare (per vincere) questo smargiasso così avido di cuori puri che sogna di portarsi a letto nel suo lordume. Tenta, bastardo com’è, pur sapendo di essere doppiamente menzognero: prima di tutto perchè promette cose che non sono di sua proprietà; poi perchè nessuno promette così tanto come colui che sa già in partenza di non poter mantenere le promesse fatte. Un farabutto maiuscolo.
La sfida di Cristo
Cristo, dunque, lo sfida a viso aperto: “Prenditela con quelli della tua età” è il suo invito. Fu lui, infatti, a lanciare il guanto della sfida, non il demonio: «Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo». L’avrebbe tentato lo stesso? Certamente: quelli col cuore lurido come me, Lucifero ce li ha già in suo possesso. La sua eccitazione è quella d’andarsi ad accaparrare gli spiriti più nobili, quelli diafàni, sulla traiettoria di Dio. Cristo, in materia, mostrava di essere il massimo in circolazione. Non fece fatica a portarlo nell’arena: fu Lui, in persona, a costituirsi nella sfida, a firmare la prima mossa. A lasciarlo parlare pur sapendo le panzane che avrebbe potuto tirare: «Se tu sei figlio di Dio (uno, due, tre)» allora dimmi!, gettati!, inginocchiati! Tutta roba che crea appetito boia, perchè ha a che fare con il potere, la gloria, il comando. Il tutto, com’è ovvio, travestendo la sua malignità con le parole esatte della Scrittura: Satàn, quando sono in gioco i suoi interessi, sa citare alla lettera la Scrittura. Cristo, però non è l’ultimo arrivato in materia di strade e di scorciatoie: le scorciatoie sono per chi non ama lasciare il segno. Per questo, gran Signore com’è, ringrazia il dottore (in feci), rifiuta l’offerta e va avanti: «Vattene, Satana» (cfr Mt 4,1-11). L’ha smascherato al volo il tranello: Lucifero, ancora oggi, è uno di quegli amici che, accorgendosi che hai perduto la strada, ti rassicura: “Tranquillo che conosco io una scorciatoia”. Infatti, a dargli retta, ci si perde sempre un po’ prima: «Non abbandonarci nella tentazione». Mica parole improvvisate: restano il nocciòlo della gran questione.
Il diavolo
Il diavolo investe un sacco in spot pubblicitari: Dio, invece, non parla mai. La faccenda, comunque, ha un suo incanto: troppo facile dire che la Nutella non riesce a tentarci se sappiamo d’esser intolleranti al cioccolato. Troppo facile dire d’essere riusciti a salvarsi un pezzo di carne dalla lussuria se non siam mai stati tentati una volta in vita nostra. “Facile vincere le partite a tavolino!” ci ribatte Cristo mentre, infilandosi le scarpe, sta partendo per un altro soccorso. È una legge dello sport: «La colazione dei campioni non sono i cereali – disse Nick Seitz -, sono le sfide». La colazione del cristiano non è una tentazione scansata ma una tentazione vinta. La tentazione è l’ultimo gradino della scala: quello che non esiste ma che, facendoti credere d’esistere, ti fa fare un passo nel vuoto.