La partenza è la maniera più straordinaria che Cristo conosca per educare gli amici: educarli alla libertà, alla responsabilità, all’autonomia. «Resta con me – dice l’amore malvagio. Va – dice l’amore buono – va, va, va: è per fedeltà alla fonte che il ruscello s’allontana e si trasforma in torrente, fiume, oceano, sale, in azzurro, in canto» (C. Bobin). Ogni partenza lascia agitazione, senso d’attesa, sguardo su mappe e atlanti, l’anima che ritorna in uno stato di fanciullezza. Se un giorno, defunti, ci facessero l’autopsia, in ciascuno sicuramente troverebbero tracce di questo dolore atroce causato dalla partenza: il partire è sempre un po’ come morire. Consola, quando consola, il fatto che quando una cosa finisce, un’altra è in rampa di lancio. La partenza, in direzione del Cielo, Cristo la firma a Betania – «Poi li condusse verso Betania», il che significa, geograficamente, che Lui li ha fatti passare per il Getsemani, il luogo in cui Cristo versò lacrime al cuore recalcitrante di Gerusalemme. Betania non è solo una nota geografica: è promemoria che nessun bruco diventerà mai farfalla se non avrà il coraggio di rompere il guscio, ferirsi la pelle, andare in movimento contrario alla corrente. Poi, giunto sulla montagna, s’improvvisò ingegnere edile per l’ennesima volta: «Alzate le mani, li benedisse». Sono mani, le sue, con l’impronta dei chiodi e agli apostoli, tranne Giuda, quel gesto sarebbe rimasto come l’ultimo dei ricordi. Le alzò e poi, come per invocare le grazie dal Cielo, mise le mani a mò di tetto su quelle teste amiche. Ognuno di noi ha delle cicatrici in posti impensabili: Cristo le ha nelle mani. E’ dalle queste cicatrici che, chi non vorrà farsi circuire, riconoscerà le mani di Cristo da quelle, quasi identiche, del Demonio: un amore senza cicatrici è la più grande illusione che Satàn espone nelle sue bancarelle.
Una partenza che lascia un vuoto enorme nel cuore degli amici sul monte: Dio, quando vuole educare, lo fa sempre attraverso una partenza, un distacco, una separazione. Fino al momento dell’ascensione di Gesù in Cielo, la vita degli apostoli è stata tutto sommato facile: per qualsiasi problema, c’era Cristo che li avrebbe potuti salvare dai naufragi. La sua partenza, oggi, li lascia di stucco: “E se succederà qualcosa, chi ci salverà?” L’ascensione a Betania è il contrario del presepe a Betlemme: lì – tra cornamuse, pecorelle, pastori con le zampogne – il Dio bambino ha messo piede a terra, è in una grotta, vive accanto a noi. Oggi, a Betania, è come il giorno in cui, a casa, si disfa il presepe: tolto lo steccato, vien smontata la grotta, ciascuno ritorna al suo posto. Lasciando un vuoto enorme al momento: “Il tempo sistemerà le cose, vedrete!” avrà pur detto qualcuno a uno di quegli amici sbattuti dalla malinconia. Invece no: certi vuoti, quando sono tali, non si riempiranno mai, rimarranno vuoti per sempre. E quel vuoto, che causa il dolore e lo struggimento, ci permetterà di capire, dal male che ci fa, quanto forte era l’amore che si provava per quella persona che ha lasciato in noi quel vuoto.
Si potranno anche riempire i vuoti: sarà sempre un riempimento diverso, però, dal pieno che ci donava l’amore che non c’è più. Cristo, da sè, garantisce agli amici che quel vuoto con nessun’altra cosa o persona si potrà riempire, ma vedrà insediarsi lo Spirito Santo che, potenza dell’amore, riuscirà a fare di quel vuoto un promemoria e uno stimolo a vivere assieme a Dio: non più accanto a noi, ma dentro noi. È necessario, dunque, che a Betania il Cristo se ne vada perchè lo Spirito Santo, fra qualche giorno, a Gerusalemme possa invadere i cuori. Fu così, a guardarlo dal basso, che Cristo costituì il pool di avvocati che difenderà il popolo cristiano: in cielo Cristo sarà l’avvocato degli uomini presso il Padre, in terra sarà lo Spirito sarà l’avvocato degli uomini presso Cristo. Con la Madonna come quota rosa: «Avvocata nostra». Non partì all’improvviso, Gesù Cristo, come di chi vuol fare perdere le tracce: prima sistemò tutto, organizzò la Chiesa, poi ascese al cielo. Per l’uomo, se vorrà, sarà impossibile sentirsi solo.