Qualche giorno fa un amico, presidente di un’associazione di volontariato, mi ha telefonato: «Tu che sei dentro in queste cose, dimmi una frase da incidere sulle targhe che daremo ai fondatori della mia associazione».
La ricerca di una frase
Gli rispondo: «Va bene, tra qualche giorno ti telefono». Ma lui: «Eh no. Tra un tira e molla siamo arrivati all’ultimo momento. Mi serve per domani mattina». Prometto e riaggancio. Era già sera e avevo altro da fare. Ricorro allora agli infiniti strumenti della rete internet. Dopo una breve ricerca trovo una frase che mi sembra adatta, opera di “anonimo”: «Non importa quanti passi hai fatto o quanto erano lunghi o brevi; non importa che scarpe avevi ai piedi; importano le impronte che hai lasciato sulla tua strada». Mi sono voluto un po’ vendicare per la fretta imposta e a mezzanotte ho telefonato al mio amico svegliandolo dal primo sonno e riferendogli la frase (che peraltro è stata subito apprezzata).
Le impronte indicano una strada
Le impronte indicano una strada, sono la prova che qualcuno è passato di lì; ricordano una presenza che lascia un segno. Le impronte rimangono anche se la persona che le ha fatte non c’è più. La frase non mi usciva dalla testa e alla fine ho capito il perché: quando andavo all’asilo le brave suore guanelliane ogni settimana ci davano un’immaginetta di santi veri o presunti, in attesa di santità; una per ogni bambino e tutte diverse tra loro. Per noi era un gioco come le figurine dei calciatori (senza offesa per i santi); io ne preferivo due: quella del santo del mio nome e quella di san Cristoforo, il santo che aveva portato sulle spalle Gesù.
L’immagine di San Cristoforo
Nell’immagine san Cristoforo era un uomo grande e grosso, con le braghe a mezza gamba, con un bastone da pellegrino, intento ad attraversare un fiume impetuoso trasportando il piccolo Gesù sulle spalle. Me lo immaginavo sul greto del fiume: quattro impronte, due grandi e due piccole, poi un solo un paio, grandi: quelle del Santo. Gesù era al sicuro sulle sue spalle. Ormai era sulla sponda opposta, ma rimanevano le sue impronte, segno di un gesto d’amore.
Lasciare le orme giuste sul proprio cammino
Chi sceglie la strada del cristiano verso la santità deve impegnarsi non solamente a fare passi lunghi e ben distesi, con le scarpe adatte, con il fiato allenato e in buona compagnia, ma deve assicurarsi di lasciare le orme giuste sul proprio cammino. Infatti, spesso ci soffermiamo un po’ troppo sui passi da compiere (le tante cose da fare: l’organizzazione delle attività pastorali, i turni in parrocchia per la Messa della domenica, il catechismo, la Caritas, i mezzi di trasporto, i servizi verso le persone, eccetera, tutte cose indispensabili, ma non sufficienti). Oppure rischiamo di concentrarci soltanto (magari con un po’ di compiacimento) sulla dimensione esteriore di liturgie che, pure, vanno organizzate bene, o su come si veste chi vi partecipa, nemmeno fosse una sfilata di moda…
Non ci preoccupiamo a sufficienza
Così non ci preoccupiamo a sufficienza di lasciare dietro di noi le orme buone di un passaggio, di una testimonianza da seguire, da tramandare. Il bello è che poi queste orme in realtà non sono nostre, ma si formano per il fatto che con noi c’è il Signore che sarà sulle nostre spalle, nelle persone che serviamo, nei gesti che facciamo, nella quotidianità del nostro essere cristiani. Diventiamo noi quindi le orme del Signore che qualche volta è un po’ difficile da vedere, mentre le sue-nostre orme sulle strade del mondo si notano meglio.
La forza del Signore
Siamo nel pieno della nostra vita parrocchiale locale. Facciamo bilanci e propositi; in queste ultime settimane, per il prossimo anno, mettiamo l’impegno di preoccuparci di più delle orme che il Signore ci chiede di lasciare dietro di noi non tanto per sentirci più bravi o più buoni quanto per rendere maggiormente visibile «quanto in noi ha fatto l’Onnipotente», quanto la forza del Signore trasforma le nostre povere forze in segni della sua presenza misericordiosa.