Ogni anno, il primo giorno di gennaio, ognuno di noi deve compiere il rito tradizionale delle promesse e degli impegni per i mesi che verranno. Ognuno conosce la propria storia, i propri bisogni, le proprie speranze e aspirazioni: queste sono promesse private e ognuno di noi le farà a proprio piacimento. Ci sono poi gli impegni collettivi, che interessano i rapporti tra noi e gli altri: lavoro, affetti, viaggi, ecc. Specialmente quest’anno, dopo i mesi passati in compagnia della guerra in Ucraina e i disastri che ha prodotto a livello sociale, economico, culturale, relazionale, dobbiamo rivedere gli impegni solennemente presi nei mesi scorsi e sperare che possano avere la giusta realizzazione.
Gli impegni di ordine generale
Esistono infine alcuni impegni di ordine generale, dal cui rispetto tutti gli altri potranno funzionare: questo vale soprattutto per chi vive la solidarietà non come hobby momentaneo, ma come stile di vita. Detto in modo più semplice: coloro che sanno vedere nei bisogni degli altri la povertà di Cristo e la sua presenza incarnata nell’oggi di chi ha fame, di chi fa fatica a tirare la fine del mese, di chi ha perso un parente o un amico per colpa del virus, di chi porta nella propria carne la malattia e la disabilità.
Le promesse del cristiano
Il cristiano quindi alle proprie personali promesse per il nuovo anno deve aggiungerne altre, che derivano dalla propria fede. Ed io cercherò di proporne qualcuna. Il mio nipotino Lorenzo, che è nato il 31 dicembre ed è ormai nell’età dei “perché?”, l’altro giorno mi ha chiesto «perché l’anno nuovo nasce il primo gennaio?». Dopo una breve ricerca su internet ecco la risposta che gli ho dato: è stato un grande personaggio romano dell’antichità, Giulio Cesare, a stabilire, circa 46 anni prima della nascita di Gesù, che l’anno nuovo iniziasse con il primo giorno del primo mese, gennaio, così chiamato dal dio Janus, custode delle porte e dei cancelli, rappresentato da una doppia faccia, bifronte, una che guardava avanti e l’altra che guardava indietro, a far memoria del futuro e del passato. Un secondo motivo della scelta di questo giorno proveniva dal fatto che ormai da migliaia di anni gli uomini sapevano che in questi giorni le ombre diventavano più lunghe, il sole si alzava sempre più sull’orizzonte, l’alba e il tramonto cambiavano lasciando sempre più spazio alle ore di luce rispetto a quelle di buio. L’anno nuovo stava nascendo, segno della vittoria della luce del sole sulle ombre della notte.
Le riflessioni sul nuovo anno
Questa notizia un po’ nozionistica mi permette di iniziare a riflettere sul nuovo anno che è da poco iniziato, sulle sue speranze e delusioni, su come affrontarlo per una migliore qualità della nostra vita. Il profeta Isaia ci invita a vedere nel futuro i gesti e gli eventi che il Signore ha predisposto per noi (cap. 43): «Non ricordate più le cose passate, non considerate più le cose antiche. Ecco, io faccio una cosa nuova; essa germoglierà; non la riconoscerete voi? Sì, aprirò una strada nel deserto, farò scorrere fiumi nella solitudine». Il salmo 90 invece con le parole «Insegnaci dunque a contare i nostri giorni, per ottenere un cuore savio» ci spinge a saper leggere la storia del passato come una continua, e spesso misteriosa, Presenza di Dio? negli eventi passati, anche qui cercando quel “fil ruoge” che li unifica e che rappresentano il linguaggio con cui Dio ci parla. Janus ci insegna ad avere uno sguardo completo sugli avvenimenti della nostra vita, senza guardare solo indietro, né solamente in avanti. I primi cristiani vedevano in Gesù il Sole che illuminava tutte le cose (prologo del Vangelo di Giovanni) e quindi la vittoria del sole sulle tenebre rifletteva la vittoria di Cristo sulla morte.
La luce in fondo al tunnel
Se lo scorso anno è stato per moltissimi di noi tenebra e dolore, dobbiamo avere la speranza che i giorni si allungheranno, che troveremo la luce in fondo al tunnel, che riusciremo a ricostruire un mondo forse più umano e giusto. Occorrerà quindi rinvigorire quella speranza che le vicende ci hanno affievolito, ma la speranza nasce in chi sa sognare e in chi abbina questa speranza con sua sorella, la carità. Ad aiutarci troviamo nel Vangelo del primo giorno dell’anno una figura che non parla molto (addirittura non dice una sola parola in tutti i Vangeli), ma che sa sognare ed imparare dai sogni e sa vivere la carità nel custodire quel bambino che nasce a Betlemme e quella donna, Maria, che fin dalla giovinezza aveva amato come sua sposa: Giuseppe.
Sognare e custodire
I vangeli ci presentano Giuseppe che comunica con i progetti del Signore attraverso i sogni ed obbedisce a ciò che gli viene richiesto facendo sempre seguire un’azione concreta: per lui i sogni sono messaggi che lo spingono verso la realizzazione di ciò che il Signore vuole da lui. Il suo compito è quindi quello di mantenere, custodire, proteggere, e valorizzare chi gli è stato affidato. Sognare e custodire sono i due verbi che devono guidare la nostra avventura nel 2023, come hanno accompagnato la vita di Giuseppe. Chi sta attento ai sogni sa progettare e individuare un percorso propizio, si attiva per realizzare il sogno, vive infine la virtù della speranza. Custodire significa aver cura di ciò che ci è stato donato: in primo luogo della propria esistenza, del suo compito all’interno del progetto provvidenziale di Dio; poi della vita di chi sta a noi vicino, specialmente se si trova in un qualunque stato di bisogno; ed ancora abbiamo responsabilità nei confronti del nostro pianeta e della natura in generale; infine, di chi prenderà il nostro posto negli anni futuri, a cui dobbiamo lasciare un mondo più giusto, sereno, umano. Per custodire occorre saper sognare e dar retta ai sogni: occorre saper sperare in un progetto dal respiro grande, come grande è la nostra responsabilità. Custodire e sognare: queste sono le promesse madri di tutte le altre promesse che vorremo fare all’inizio del nuovo anno. Da soli non potremmo certamente soddisfarle, ma il Signore è con noi e ci darà la forza e la saggezza necessarie.