La “Lettera dal Convento” di fra’ Gianluigi Pasquale di oggi, venerdì 28 aprile.
Alda Merini presagì la sua morte
Alda Merini ed io non ci eravamo mai conosciuti prima della domenica di Ognissanti del 2009, il primo giorno di Novembre. Sentiva che i suoi giorni stavano terminando e da tempo desiderava concluderli in compagnia di Padre Pio, o meglio di un suo confratello.
Il primo e l’ultimo incontro
Per l’interessamento di un amico comune, nell’estate dello stesso anno avevo capito che la poetessa, «nata il 21 a primavera», in Milano voleva incontrarmi, per conoscere chi fosse questo frate che aveva scritto dei libri su Padre Pio. Alda, infatti, stava completando una raccolta di poesie sullo stigmatizzato del Gargano e desiderava farmele leggere perché io cominciassi a stenderne una “Prefazione”. Se me lo chiedo, ancora adesso rimango incuriosito dalla determinazione con cui Alda, attraverso un suo Agente, Giuliano, mi “impose” data, e soprattutto, orario della mia convocazione a Milano: «entro le ore dieci del mattino», mi fece dire. E così fu. Ricordo ancora quella sottile incoscienza con la quale prenotai il treno dell’alta velocità da Venezia, il Convento dove vivevo allora, a Milano. A prelevarmi alla stazione vi era Giuliano. Ma non sapevo ancora cosa mi stesse attendendo. Perché l’auto non si diresse in direzione dei Navigli, bensì all’ospedale «San Paolo». Ben presto, venni a sapere che Alda era ricoverata da giorni in oncologia. Mi vennero allora in mente quelle parole della poetessa che dicono: «E forse Dio vuole anche la tenebra per saggiare la resistenza del cuore dell’uomo» (Corpo d’amore: un incontro con Gesù, Frassinelli, Milano 20109, p. 68).
Lo smalto rosso
Entro nella camera di Alda. La vedo con la maschera dell’ossigeno, ma riesce a parlare. Appena mi presento dicendo: «sono Padre Gianluigi e sono arrivato adesso da Venezia», la risposta fu lucida e tipica: «Ah, sì, quello di Padre Pio, quello di Padre Pio!». Anche la successiva ingiunzione alla gentile infermiera poteva venire solo da Alda: «visto che devo parlare con un frate di quelli di Padre Pio, mettimi lo smalto rosso sulle unghie». Cosa che venne fatta con garbo e cura. Appunto, lo smalto rosso, il colore delle rose, il colore dell’Amore. Io, intanto, mi guardavo attorno. Osservavo un po’ trepidante, non sapendo quale situazione temperamentale e spirituale sarei stato chiamato a gestire da lì a pochi minuti. La camera, una di quelle private, era strapiena di oggetti religiosi. Sul comodino, tra gli altri, vi era una statua in plastica della «Madonna di Lourdes» riempita per metà di acqua benedetta, sotto un pacchetto aperto di sigarette «Lido blu», di cui nell’aria si sentiva ancora l’inconfondibile aroma. C’erano pure tante foto di Alda e dei molti premi vinti per la poesia. Con un tocco di squisito pudore, Giuliano chiese agli astanti e all’infermeria di lasciarci soli. Con la porta socchiusa mi trovavo ora da solo con colei che aveva tanto amato, sofferto, creduto e scritto. Perché se è difficile la sofferenza, lo è ancora di più accettarla e “(de)scriverla”. Qui ora di più non posso dire perché in quegli attimi Alda mi disse qualcosa proprio come parlasse a un sacerdote: sapeva di averlo davanti.
Gli occhi verdi
Il respiro di Alda nel frattempo era diventato leggermente più affannoso. Ebbe, però, la forza di indicarmi con l’indice della mano destra il comodino. Pensavo volesse l’«acqua di Lourdes», ma «perché?» – mi chiesi – avendole io appena data la benedizione? Allora, cercai di scrutare meglio tra gli oggetti sul comodino, e percependo quasi che qualcuno stesse, per così dire, guidando la mia pupilla, lo sguardo cadde su una vecchia reliquia di Padre Pio, «ex indumentis», proprio di quelle piccole racchiuse in un micro contenitore di plastica che si può portare nel portafoglio. Conteneva, infatti, un pezzettino del saio di Padre Pio ed era molto sgualcita. «Chissà per quanti anni Alda l’avrà portata con sé, pensai». La presi e la collocai nel palmo della mano destra della poetessa, che, intanto, me la porse. Alda osservò per bene la reliquia e, constatato che proprio quella di Padre Pio era, la strinse chiudendo il pugno e portandosela al cuore: sembrava cercare sicurezza. Allora io mi avvicinai al volto di Ada: fu in quel momento che ella aprì bene gli occhi, inconfondibili con quell’iride verde chiaro, e mi penetrò con il suo sguardo profondo, entrandomi nell’anima. Sorridendomi, capii che Alda aveva finalmente raggiunto il suo intento: poter toccare quel tessuto vestito da un frate che lei, negli anni, aveva tanto ammirato, certamente pregato, conservando, per questo, a lungo la reliquia con sé. E compresi, allo stesso tempo, perché “mi chiamò” lì al suo capezzale: nel suo estro artistico “(con)vinse” un frate cappuccino a darle l’ultima benedizione del francescano-cappuccino Padre Pio. Circa sei ore dopo, rese la sua anima a Dio. Da poetessa non lo aveva solo presagito, ma sentito. E, almeno un po’, anch’io.