Il Cammino Neocatecumenale, maturato tra il 1964 e il 1967 da Francisco (Kiko) Argüello e Carmen Hernández a contatto con l’ambiente socialmente degradato delle baracche della periferia di Madrid, consiste, come è implicito nello stesso nome, in un “itinerario di formazione”[1] post-battesimale mirato alla riscoperta e valorizzazione del valore sacramentale del Battesimo come radice dell’intera vita cristiana[2], cosicché, se è difficile rinvenirvi le tracce di una precisa appartenenza ad una qualche scuola o corrente della riflessione teologica contemporanea, il Cammino presenta una più marcata specificità tematica.
La centratura
Questa ‘centratura’ battesimale comporta una particolare attenzione a tutti gli elementi tradizionalmente connessi alla pratica rituale del Battesimo, alla loro simbologia, ai significati teologici ed alle relative implicazioni esistenziali. Da ciò dipende il frequente ricorso al Simbolo di fede quale punto di riferimento teologico, sviscerato e analizzato sia nella sua portata unificatrice di ‘sintesi’ del pensiero cristiano, sia nella sua apertura a prolungamenti o approfondimenti nei singoli ambiti della teologia (Trinitaria, Cristologia, Pneumatologia, Mariologia, Ecclesiologia, Soteriologia, Escatologia). L’itinerario stesso, precisamente strutturato in fasi e tappe, nel ripercorrere i momenti della formazione pre-battesimale propria all’iniziazione cristiana della Chiesa antica – tra cui va senz’altro notata la forte accentazione kerigmatica delle prime fasi, che rimane a sfondo costante della sensibilità neocatecumenale, riflettendosi sulla sua vocazione alla missionarietà –, si dispone quale momento di sintesi dell’originaria motivazione dell’assenso personale alla proposta / vocazione cristiana.
La parola di Dio
Questo aspetto comporta una continua interlocuzione con il deposito scritturale vetero e neo-testamentario, rispetto al quale sembra prevalere un criterio di lettura soteriologico-esistenziale innanzitutto personale ma non per questo sottratto al contesto comunitario in cui ogni passo biblico può illuminare ora un momento, ora l’intera esistenza del singolo o della comunità. In altre parole, nella vita personale è visto riflettersi il deposito di una Scrittura i cui motivi di interesse storico-filologico-letterario passano in secondo piano per lasciare emergere appieno ciò che esprime la Parola di Dio nell’ora e per noi. La forte connotazione ‘personale’ che caratterizza la chiave di lettura biblica, unitamente alla prevalente riflessione sul significato e valore salvifico – pasquale in senso proprio, del passaggio da uno stato all’altro dell’esistenza – del Battesimo, cui va ad aggiungersi pure il fatto che diverse persone coinvolte dal Cammino vengono da un’esperienza di indifferenza religiosa o quantomeno da un vissuto scarsamente ‘vibrante’ e motivato dell’identità cristiana, per cui vivono la riscoperta del proprio Battesimo ripercorrendo un effettivo ‘passaggio’ esistenziale, tutto ciò contribuisce a marcare l’accento sulla propria, individuale esperienza di ‘conversione’ – per quanto sempre mediata da una contestualizzazione comunitaria – e a tornarvi insistentemente nella riflessione come nella testimonianza, con esiti non sempre psicologicamente ineccepibili quanto alla risposta dei singoli.
I testi classici
Al tempo stesso, la riscoperta della prassi prebattesimale della Chiesa antica comporta una particolare attenzione per alcuni testi classici della letteratura patristica, segnatamente quelli che permettono di approfondire le tematiche battesimali, tra cui basterà ricordare le Catechesi del Crisostomo o le Catechesi prebattesimali e mistagogiche di Cirillo e Giovanni di Gerusalemme. Anche qui, però, pare prevalere il criterio di una gravitazione ‘tematica’ delle scelte, piuttosto che quello del senso di appartenenza ad una ‘scuola’ o linea preferenziale di pensiero teologico. Dalla Didaché a Sant’Agostino, il riferimento ai testi patristici è condotto con una libertà di elezione tutta funzionale all’oggetto di prevalente riflessione del Cammino neocatecumenale, mentre non sembra percepito come motivo di particolare interesse – se non in alcuni singoli aderenti, dediti più approfonditamente agli studi – quanto pertiene alla storia della teologia circa le linee di sviluppo di scuole e correnti di pensiero e al loro intreccio evolutivo. Forte e radicato è nel movimento il senso di appartenenza alla Chiesa, che si manifesta in una notevole attenzione all’insegnamento ufficiale e nel continuo riferimento ai testi del Concilio Vaticano II – di cui il Cammino stesso raccoglie peraltro alcune istanze –, cui va ad aggiungersi uno sforzo di aggiornamento mediante lettura e riflessione comunitaria sui documenti del Pontefice e dell’episcopato locale. Nella stessa autocoscienza del Cammino neocatecumenale è dichiarato il concepirsi come “strumento al servizio dei Vescovi per attuare il processo di educazione permanente della fede richiesto dalla Chiesa”[3], nonché una modalità capace di contribuire al “rinnovamento parrocchiale” auspicato da Giovanni Paolo II[4].
[1] Così lo stesso Giovanni Paolo II, Ogniqualvolta, 30 agosto 1990 (AAS 82 (1990), 1513-1515).
[2] Si veda, in generale, Neocatecumenale Iter. Statuta / Il Cammino Neocatecumenale. Statuto, a cura del Centro Neocatecumenale di Roma, Fondazione Famiglia di Nazareth, s.d. [2002], pp. 127.
[3] F.-J. Sotil Baylos, Cammino neocatecumenale, in: Pontificia Università Gregoriana – Istituto di Scienze Religiose, Oltre laicismo e clericalismo. Il cristiano adulto, Napoli, Chirico, 2002, p. 44.
[4] Cfr. l’Esortazione post-sinodale Ecclesia in America, 41.