Ecco la “Lettera dal Convento” di fra’ Gianluigi Pasquale di oggi, venerdì 10 marzo.
San Leopoldo Mandić: due occhi di tenera misericordia
È ancora vivo nella memoria della gente il Giubileo della misericordia indetto da Papa Francesco nel 2015-2016. In quell’occasione, tra le varie iniziative, il Santo Padre scelse due Frati Minori Cappuccini europei, quali «icone» della misericordia di Dio per gli uomini: il croato San Leopoldo Mandić (1866-1942) e l’italiano San Pio da Petrelcina (1887-1968). Partiamo questa volta dal primo.
Fin da bambino si addestra al perdono
Bogdan Mandić, così si chiamava il nostro Leopoldo prima di vestire il saio di San Francesco, scelse la via luminosa della misericordia dopo essere stato duramente rimproverato dal parroco per una marachella piuttosto banale, commessa da fanciullo. Si chiese in quell’occasione: «perché si deve trattare aspramente un bambino per una mancanza leggera? Quando sarò grande voglio farmi frate, diventare confessore e usare tanta misericordia e bontà con le anime dei peccatori». E avvenne proprio così, perché è dai propri sbagli, ma anche da quelli degli altri, che ci si addestra a saper perdonare. Bogdan Ivan (Adeodato Giovanni) nacque il 12 Maggio 1866 a Castelnuovo di Cattaro (Herceg-Novi, nel Montenegro), ultimo di sedici figli. In quelle zone, allora, operavano pastoralmente i Cappuccini veneti, dalla cui semplicità il giovane fu attratto, fino a diventare egli pure uno di loro. Vestì, infatti, l’abito di San Francesco nel noviziato di Bassano del Grappa (VI) nel 1884 e nel 1890 fu consacrato sacerdote a Venezia.
Una manica larga, degna di Dio
Nell’anno 1912 accade qualcosa che segna la storia. Padre Leopoldo in quel momento è insegnante di patrologia ai giovani studenti frati Cappuccini di Padova. Una sera, sul retro di un’immaginetta del vescovo martire san Giosafat, canonizzato nel 1876, appunta: «Questo scrivo davanti a Dio: in virtù della grazia che mi è stata concessa, rinnovo i miei voti, e veramente mi offro come vittima per la redenzione dei miei fratelli». Di quale “grazia” stava parlando Leopoldo? E, soprattutto, di quali fratelli? Egli, di certo, aveva compreso appieno che il filo rosso che lega assieme tutta la storia della salvezza è quello della misericordia e che i destinatari della stessa sono tutti gli uomini. Padre Leopoldo, insomma, si sentì chiamato a offrirsi come dispensatore della grazia del perdono nel sacramento della riconciliazione, confessando ogni sorta di pellegrini anche per otto ore al giorno, con una “manica larga” degna di Dio. E ciò avvenne ininterrottamente per ventitré lunghi anni, fino al giorno della sua salita al Cielo il 30 Luglio 1942.
L’ecumenismo spirituale che sarà
San Giosafat (1580-1623), al quale padre Leopoldo aveva fatto “voto”, fu un arcivescovo greco-cattolico ruteno, ossia l’emblema della sperata unione tra cristiani ortodossi e cattolici. Il nostro santo, piccolo e mingherlino di statura, non solo si presentava come uno che non avrebbe mai fatto del male a nessuno, ma, soprattutto, come uno che tesseva relazioni. Nel suo cuore desiderava profondamente l’unione in Dio dei cristiani e, per questo, egli è prefigurazione di quello che è e sarà l’autentico «ecumenismo spirituale»: essere una sola Chiesa secondo i disegni del Padre (Gv 17,21). Per questo, ancora da giovane frate, il nostro Leopoldo chiese ripetutamente di poter tornare tra la sua gente in Dalmazia, nel «suo Oriente», dove più facilmente, convivevano ortodossi e cattolici. Dio, invece, gli chiese, attraverso i superiori, un’obbedienza più sacrificata: restare chiuso in un “celletta confessionale” a Padova, a distribuire quella misericordia che Gesù Crocifisso ci ha guadagnato perché è l’unica risorsa che permette all’uomo di rimettersi in piedi e di poter, quindi, ricominciare. Davvero, padre Leopoldo era così piccolo e umile che solo un pontefice venuto «dalla fine del mondo» poteva accorgersene per indicarlo quale volto della misericordia. Sicuramente ha trasalito di gioia in Cielo nel vedere papa Francesco abbracciare il patriarca ortodosso russo Kirill a Cuba il 12 Febbraio 2016, guarda caso, mentre le spoglie mortali di san Leopoldo passavo per Loreto, di ritorno a Padova, dove vi è la casa della «Paròna benedeta», così la chiamava il nostro: la Vergine Maria, madre di misericordia.