Basilica di San Pietro. Fuori, un caldo torrito avvolge Roma. Dentro la basilica vaticana, tutta la freschezza dei giovani seminaristi che festeggiano il loro Giubileo. Papa Leone XIV, allora, dedica una meditazione a loro. Li chiama “carissimi” e si definisce “contento” di incontrarli.
“Grazie innanzitutto per la vostra gioia e il vostro entusiasmo. Grazie perché con la vostra energia voi alimentate la fiamma della speranza nella vita della Chiesa! Oggi non siete solo pellegrini, ma anche testimoni di speranza: la testimoniate a me e a tutti, perché vi siete lasciati coinvolgere dall’avventura affascinante della vocazione sacerdotale in un tempo non facile”, con queste parole inizia il pontefice la sua meditazione. Per il pontefice i seminaristi sono “annunciatori miti e forti della Parola che salva, servitori di una Chiesa aperta e in uscita missionaria”.
Si concentra sull’ “eccomi” dei giovani seminaristi a Cristo: “State dicendo “sì”, con umiltà e coraggio; e questo vostro “eccomi”, che rivolgete a Lui, germoglia dentro la vita della Chiesa e si lascia accompagnare dal necessario cammino di discernimento e formazione”. Fra i seminaristi e Gesù si tratta di “un’esperienza di amicizia”, così la definisce papa Leone: “un’esperienza destinata a crescere in modo permanente anche dopo l’Ordinazione e che coinvolge tutti gli aspetti della vita”.
Pastori – per papa Leone XIV – secondo il Cuore di Gesù. Questi devono diventare i giovani seminaristi. E a proposito del Sacro Cuore ricorda la recente “Enciclica Dilexit nos” di papa Francesco. Esorta, poi, i seminaristi a “rivolgere l’attenzione sul centro, sul “motore” di tutto il vostro cammino: il cuore! Il seminario, in qualunque modalità sia pensato, dovrebbe essere una scuola degli affetti. Oggi in modo particolare, in un contesto sociale e culturale segnato dal conflitto e dal narcisismo, abbiamo bisogno di imparare ad amare e di farlo come Gesù”, precisa il pontefice.
Invita, poi, a “lavorare sulla propria interiorità, dove Dio fa sentire la sua voce e da dove partono le decisioni più profonde; ma che è anche luogo di tensioni e di lotte, da convertire perché tutta la vostra umanità profumi di Vangelo”. Immancabile la citazione di sant’Agostiino: “Ricordate bene l’invito di Sant’Agostino a ritornare al cuore, perché lì ritroviamo le tracce di Dio”.
Parla dell’animo papa Leone, parla di tutto quel mondo interiore che è custodito nel cuore di ognuno: “Scendere nel cuore a volte può farci paura, perché in esso ci sono anche delle ferite. Non abbiate paura di prendervene cura, lasciatevi aiutare, perché proprio da quelle ferite nascerà la capacità di stare accanto a coloro che soffrono”. E avverte: “Senza la vita interiore non è possibile neanche la vita spirituale, perché Dio ci parla proprio lì, nel cuore. Di questo lavoro interiore fa parte anche l’allenamento per imparare a riconoscere i movimenti del cuore: non solo le emozioni rapide e immediate che caratterizzano l’animo dei giovani, ma soprattutto i vostri sentimenti, che vi aiutano a scoprire la direzione della vostra vita”.
“Senza l’incontro con Lui, non riusciamo neanche a conoscere veramente noi stessi. Vi invito a invocare frequentemente lo Spirito Santo, perché plasmi in voi un cuore docile, capace di cogliere la presenza di Dio, anche ascoltando le voci della natura e dell’arte, della poesia, della letteratura e della musica, come delle scienze umane. Nell’impegno rigoroso dello studio teologico, sappiate altresì ascoltare con mente e cuore aperti le voci della cultura, come le recenti sfide dell’intelligenza artificiale e quelle dei social media”, continua papa Leone XIV.
E poi ricorda di “ascoltare il grido spesso silenzioso dei piccoli, dei poveri e degli oppressi e di tanti, soprattutto giovani, che cercano un senso per la loro vita”. Il modello per tutti, per la capacità di saper far discernimento e silenzio, rimane la Vergine Maria. Papa Leone, poi, esorta a guardarsi “dalla superficialità”. Fa riferimento anche a un altro modello, san Paolo: “Sull’esempio dell’apostolo Paolo, possiate assumere i sentimenti di Cristo, per progredire nella maturità umana, soprattutto affettiva e relazionale”. E continua: “Tenendo lo sguardo su Gesù, bisogna imparare a dare nome e voce anche alla tristezza, alla paura, all’angoscia, all’indignazione, portando tutto nella relazione con Dio. Le crisi, i limiti, le fragilità non sono da occultare, sono anzi occasioni di grazia e di esperienza pasquale. In un mondo dove spesso c’è ingratitudine e sete di potere, dove a volte sembra prevalere la logica dello scarto, siete chiamati a testimoniare la gratitudine e la gratuità di Cristo, l’esultanza e la gioia, la tenerezza e la misericordia del suo Cuore”.
E conclude: “Cari Seminaristi, la saggezza della Madre Chiesa, assistita dallo Spirito Santo, nel corso del tempo cerca sempre le modalità più adatte alla formazione dei ministri ordinati, secondo le esigenze dei luoghi. In questo impegno, qual è il vostro compito? È quello di non giocare mai al ribasso, di non accontentarvi, di non essere solo ricettori passivi, ma appassionarvi alla vita sacerdotale, vivendo il presente e guardando al futuro con cuore profetico”.