La domenica che precede il Natale, il rito ambrosiano accende i riflettori sulla maternità, avvolta dal mistero, di Maria Santissima. Perché volgere lo sguardo all’Incarnazione è – anzitutto – guardare a Cristo con lo sguardo materno di Maria. Colei che ha atteso, nel silenzio, il compiersi di questo divino mistero, che è il prendere carne umana della Parola eterna.
Due grembi in attesa
Già nell’annuncio, a Maria, del destino di Elisabetta, abbiamo l’incontro di due grembi, che si concretizzerà poco dopo, quando la sollecitudine spingerà la Vergine verso la regione montuosa, per poter assistere la cugina Elisabetta. Lì, avverrà davvero. Due grembi, uno di fronte all’altro. Due bimbi, ancora in formazione. Eppure, già nella placenta, il Battista dona corpo al proprio destino profetico, sussultando al riconoscimento della venuta dell’atteso Messia delle genti, invocato e desiderato dai profeti e dai patriarchi d’Israele.
Voce e Parola
Tra i due, vi è un rapporto particolare e probabilmente unico, nella storia, come ci ricorda l’antifona iniziale2. Di Giovanni, votato all’essenzialità, spogliato di ogni orpello, non rimane altro che voce: “voce di uno che grida nel deserto”3. L’altro è, invece, Parola, che è diventa carne. Che si è fatta visibile, toccabile, percepibile. “L’Eterno che sfama i viventi si nutre da un seno di donna” sottolinea un inno del Natale, evidenziando l’arcano paradosso, per cui quel tenero bimbo tra le braccia della Vergine non cessa d’essere il Creatore del mondo ed il Re dell’Universo, che abbiamo celebrato, a conclusione del precedente anno liturgico.
Un’attesa “da preparare”
Bicchieri da spolverare, casa da spazzare, camere da riordinare: il brulichio delle massaie che s’apprestano a preparare una degna accoglienza agli attesi ospiti. Questa l’immagine che richiamano alla memoria le parole del profeta Isaia, che invitano a “spianare le strade4, in vista di un arrivo prestigioso. Salvatore, liberatore, “colui che parla con giustizia”5: così è definito. Tale è l’attesa, fremente, di tutto Israele. Tale è l’attesa presente nel cuore di ogni uomo e donna d’ogni tempo, perché “chi cerca e non cerca Cristo, non sa quel che cerca” (S. Filippo Neri).
La prima, grande kenosi di Dio
In ginocchio, come per ogni vera dichiarazione d’amore. Neppure Dio vi si sottrae. Amore per eccellenza, per dirlo all’uomo, si abbassa, progressivamente, fino all’umiliazione più impensabile. Volto d’uomo sfigurato di sputi e schiaffi. Ma il primo abbassamento, o, più precisamente, “svuotamento” (dal greco κένωσις) di Dio avviene proprio con l’Incarnazione, nella quale accetta limiti e confini. Accetta un corpo. Ma non uno qualsiasi. Accoglie ogni passo d’un uomo che cresce. Accoglie, nella scelta d’essere uomo, la fatica di diventarlo, giorno dopo giorno, esperendo il mondo, da Lui (Parola eterna) creato, con occhi diversi. Occhi d’uomo. Ma, prima ancora, di bimbo che cresce, scoprendo il mondo intorno a sé.
Faccia a faccia con Dio
Una chimera, impossibile anche solo a pensarsi nell’Antico Testamento, che si possa “vedere Dio faccia a faccia” e non morire6. Questo accade alla Vergine, ogni volta che prende in braccio il Divin Figlio. Ogni volta che ne contempla il divino-umano sorriso. Ogni volta che in un momento di tenerezza, lo stringe a sé, come ogni madre suole fare. Eppure, tra le braccia, ha stretto il figlio di Dio. Chissà quante angosce, paure, dubbi avrà conservato, nel silenzio orante! Se essere genitori è il mestiere più difficile del mondo, come sarà esserlo del Figlio di Dio? Solo Maria e Giuseppe, nel silenzio, hanno custodito il mistero di questa singolare esperienza… (Sulla strada di Emmaus).
Fonte immagine: Luca Rubin