“I trent’anni che Matteo Messina Denaro ha vissuto da fuggitivo sono gli stessi trent’anni che la città di Palermo e i suoi cittadini hanno, invece, attraversato scegliendo la via della libertà e della dignità, respingendo con tutte le forze le logiche della violenza e della prevaricazione e abbracciando con convinzione, come comunità, la logica di un nuovo civismo operoso e condiviso”. A dirlo è l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice commentando l’arresto del numero uno di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, avvenuto questa mattina a Palermo. Lorefice aggiunge: “Questo innanzitutto dobbiamo ricordare oggi, nel giorno dell’arresto del boss, giorno che assumerà agli occhi della storia il valore simbolico della definitiva chiusura della più drammatica e dolorosa pagina della vita recente di Palermo, ma che non deve farci trascurare lo sforzo collettivo che questa città ha già fatto per allontanarsene radicalmente”.
Le parole di Lorefice
“Trent’anni di latitanza sono stati possibili anche grazie a diverse forme di copertura – dice ancora il presule -, ma oggi possiamo essere certi di quanto più forte e convincente sia stato l’impegno dei tanti uomini e delle tante donne che non hanno smesso di impegnarsi per la liberazione dalle mafie, dentro la società civile come anche nelle istituzioni democratiche. Per questo come Chiesa di Palermo rivolgiamo oggi un pensiero alle tante vittime della mafia e ai tanti martiri della giustizia e della fede, testimoni che per primi hanno scelto quella strada di liberazione su cui migliaia di cittadini si sono poi messi coraggiosamente in cammino. La fiducia nel bene che insieme siamo stati capaci di non smarrire, si rinnova oggi come fiducia nella possibilità del cambiamento sociale e della conversione personale”, conclude monsignor Lorefice.
Le parole di Don Luigi Ciotti
‘Doveroso il riconoscimento alle forze dell’ordine e alla Procura per lo sforzo e l’impegno incessanti’ “Abbiamo appena ricordato il trentesimo anniversario dell’arresto di Totò Riina, e oggi ci arriva la bella e confortante notizia dell’arresto, dopo trent’anni di latitanza, di Matteo Messina Denaro, una notizia di cui essere felici ed è giusto, anzi doveroso, il riconoscimento alle Forze di polizia e alla Procura, che per tanti anni, con sforzo e impegno incessanti, anche a costo di sacrifici, hanno inseguito il latitante”. Lo scrive in una nota Donluigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera.
Le mafie non sono i loro capi
“Ciò che però un po’ preoccupa è rivedere le stesse scene e reazioni di trent’anni fa: il clima di generale esultanza, l’unanime plauso dei politici, le congratulazioni e le dichiarazioni che parlano di ‘grande giorno’, di ‘vittoria della legalità’ e via dicendo. Non vorrei si ripetessero pure gli errori commessi in seguito alla cattura di Riina, e di Provenzano. – continua Ciotti – Le mafie non sono riducibili ai loro ‘capi’, non lo sono mai state e oggi lo sono ancora di meno, essendosi sviluppate in organizzazioni reticolari in grado di sopperire alla singola mancanza attraverso la forza del sistema. Sviluppo di cui proprio Matteo Messina Denaro è stato promotore e protagonista, traghettando Cosa Nostra dal modello militare e ‘stragista’ di Riina a quello attuale, imprenditoriale e tecnologico capace di dominare attraverso la corruzione e il ‘cyber crime’ riducendo al minimo l’uso delle armi”.
La latitanza della politica
“La sua latitanza è stata accompagnata anche dalla latitanza della politica indirettamente complice di quella di Messina Denaro: la mancata costruzione, in Italia come nel mondo, di un modello sociale e economico fondato sui diritti fondamentali, la casa, il lavoro, la scuola, l’assistenza sanitaria, modello antitetico a quello predatorio che produce ingiustizie, disuguaglianze e vuoti di democrazia che sono per le mafie di tutto il mondo occasioni di profitto e di potere. – prosegue Ciotti – Ci auguriamo che all’arresto segua una piena confessione e collaborazione con la magistratura, che il boss di Cosa Nostra sveli le tante verità nascoste, a cominciare da quelle che hanno reso possibile la sua trentennale latitanza: non si sfugge alla cattura per trent’anni se non grazie a coperture su più livelli”. “Occorre che queste complicità emergano, anche perché solo così tanti famigliari delle vittime di mafie che attendono giustizia e verità avrebbero parziale risarcimento al loro lungo e intollerabile strazio. La lotta alla mafia non si arresta con Matteo Messina Denaro perché l’ultima mafia è sempre la penultima, perché il codice genetico della mafia affida alla sua creatura un imperativo primario: quello di sopravvivere. Ce n’è un’altra infatti che cova, ha sempre covato. – conclude Ciotti – Nei cambiamenti storici che sono avvenuti, ci sono sempre delle ceneri che ardono sotto. Dunque esultiamo pure per la cattura di Messina Denaro ma nella consapevolezza che l’arresto di oggi non è la conclusione ma la continuità di un lungo percorso, di una lotta per sconfiggere le mafie fuori e dentro di noi”.