“Voi, care Signore, siete nate e cresciute in contesti inquinati dalla criminalità mafiosa, e avete deciso di uscirne. Benedico questa vostra scelta, e vi incoraggio ad andare avanti. Immagino che ci siano momenti di paura, di smarrimento, è normale. In questi momenti pensate al Signore Gesù che cammina al vostro fianco. Non siete sole, continuate a lottare”. Così Papa Francesco ricevendo in udienza questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, un gruppo di signore con Don Luigi Ciotti.
Il piccolo Vangelo
“Vi consiglio di tenere sempre con voi un piccolo Vangelo. Ogni giorno leggetene un brano, con calma, e immaginate di essere con Lui, col Signore, in mezzo ai discepoli. E in realtà è proprio così: Lui cammina con noi ogni giorno nella strada della vita. La sua croce dà senso alle nostre croci e la sua risurrezione è fonte di speranza”, ha spiegato il Papa ringraziando “Don Luigi Ciotti, che vi accompagna”.
Le parole di Don Ciotti
”Grande emozione e riconoscenza verso Papa Francesco che ha voluto ricevere in Vaticano una nutrita rappresentanza di donne che hanno deciso di infrangere codici millenari fondati sulla violenza e sulla minaccia. Chiedono una mano, chiedono di essere accompagnate per uscire dal contesto mafioso. Donne che, diventate madri, guardano i loro bambini, ragazzi e ragazze e non accettano l’idea che un giorno quelle vite saranno pedine di un gioco di potere, di violenze e di carcere”. Così in una nota don Luigi Ciotti, presidente Libera e Gruppo Abele, dopo l’incontro in udienza privata da Papa Francesco con una delegazione di donne che si sono ribellate alla mafia.
Le mafie
“Le mafie hanno ”confiscato” la loro vita. Donne, che si ribellano alla ”legge” del clan e cercano una strada per uscirne. La loro è una ribellione di cuori e di coscienze – aggiunge don Ciotti – . Donne che nonostante i codici culturali consolidati dicono BASTA! Basta a quell’assurdo rispetto sacrale del ruolo subordinato della donna. Consapevoli che la violazione è stata pagata spesso con la morte. Oggi, grazie a queste donne, cresce un fermento sotterraneo. Cresce la consapevolezza ragionata che si è messo in moto un meccanismo inarrestabile. Non c’è solo la volontà di cambiare campo, c’è soprattutto il bisogno di ritrovare ciò che le mafie hanno ”rubato” loro: la libertà, la vita, la dignità. E’ una rottura dal male, una rottura innanzitutto culturale e così ”indeboliscono” il potere mafioso dal di dentro. Mamme che decidono di allontanarsi e chiedono aiuto”. “E’ necessario per molte di loro un cambiamento anagrafico, di generalità. Un nuovo nome significa assumersi la responsabilità di un rinnovamento reale della propria esistenza. E’ – conclude -poter ricostruire dei legami amicali, affettivi, professionali senza la paura di essere riconosciute e dunque rintracciate da chi le cerca per fargliela pagare. Chiedono di essere libere. E la libertà è figlia della giustizia che sapremo sempre di più conquistare e della solidarietà che sapremo sviluppare”.