Pubblichiamo il messaggio del Santo Padre Francesco che il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin ha pronunciato alla Conferenza degli Stati parte alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP29), che ha luogo a Baku dall’11 al 22 Novembre 2024:
Signor Presidente,
Eccellentissimi Capi di Stato e di Governo,
Signore e Signori,
A nome di Papa Francesco, vi porgo un cordiale saluto e desidero assicurarvi della sua vicinanza, del suo sostegno e del suo incoraggiamento affinché la COP29 possa riuscire a dimostrare che esiste una comunità internazionale pronta a guardare oltre i particolarismi, mettendo al centro il bene dell’umanità e della nostra casa comune, che Dio ci ha affidato nella cura e nella responsabilità.
I dati scientifici a nostra disposizione non consentono ulteriori ritardi e chiariscono che la preservazione della creazione è una delle questioni più urgenti del nostro tempo. Dobbiamo anche riconoscere che essa è strettamente legata alla preservazione della pace.
La COP29 si inserisce in un contesto condizionato da una crescente disillusione verso le istituzioni multilaterali e da pericolose tendenze a erigere muri. L’egoismo – individuale, nazionale e dei gruppi di potere – alimenta un clima di sfiducia e divisione che non risponde ai bisogni di un mondo interdipendente, nel quale dovremmo agire e vivere come membri di una stessa famiglia che abita lo stesso villaggio globale interconnesso.
«Man mano che la società diventa sempre più globalizzata, ci rende vicini ma non ci rende fratelli.» Lo sviluppo economico non ha ridotto le disuguaglianze. Al contrario, ha favorito la priorità del profitto e degli interessi particolari a scapito della protezione dei più deboli, e ha contribuito al progressivo peggioramento dei problemi ambientali.
Per invertire la tendenza e creare una cultura del rispetto per la vita e della dignità della persona umana, è necessario comprendere che le conseguenze dannose degli stili di vita colpiscono tutti e modellare insieme il futuro, «per assicurarsi che le soluzioni siano proposte da una prospettiva globale, e non semplicemente per difendere gli interessi di pochi Paesi».
Che il principio delle “responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità” guidi e ispiri il lavoro di queste settimane. Che le responsabilità storiche e attuali diventino impegni concreti e proiettati al futuro, affinché un Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato per la Finanza Climatica, tra i più urgenti di questa Conferenza, emerga da queste settimane di lavoro.
Si dovranno fare sforzi per trovare soluzioni che non minino ulteriormente la capacità di sviluppo e di adattamento di molti Paesi già gravati da debiti economici insostenibili. Quando si parla di finanza climatica, è importante ricordare che il debito ecologico e il debito estero sono due facce della stessa medaglia, ipotecando il futuro.
In questa prospettiva, desidero ribadire un appello che Papa Francesco ha fatto in vista del Giubileo Ordinario dell’anno 2025, chiedendo alle nazioni più agiate «di riconoscere la gravità di tante loro scelte passate e di decidere di perdonare i debiti dei Paesi che non potranno mai ripagarli. Più che una questione di generosità, questa è una questione di giustizia. Essa è tanto più grave oggi per una nuova forma di ingiustizia che riconosciamo sempre più, ossia che “esiste un vero ‘debito ecologico’, in particolare tra il Nord e il Sud del mondo, connesso agli squilibri commerciali che hanno effetti sull’ambiente e all’uso sproporzionato delle risorse naturali da parte di alcuni Paesi per lunghi periodi di tempo.”»
Infatti, è essenziale cercare una nuova architettura finanziaria internazionale che sia centrata sull’uomo, audace, creativa e basata sui principi di equità, giustizia e solidarietà. Una nuova architettura finanziaria internazionale che possa davvero garantire a tutti i Paesi, in particolare ai più poveri e quelli più vulnerabili ai disastri climatici, percorsi di sviluppo a basse emissioni di carbonio e ad alta condivisione, che permettano a tutti di raggiungere il loro pieno potenziale e di vedere rispettata la loro dignità. Abbiamo le risorse umane e tecnologiche per invertire la rotta e perseguire il circolo virtuoso di uno sviluppo integrale che sia veramente umano e inclusivo.
Lavoriamo insieme per fare in modo che la COP29 rafforzi anche la volontà politica di indirizzare queste risorse verso questo nobile obiettivo per il bene comune dell’umanità oggi e domani. Dobbiamo ritrovare la speranza nella capacità dell’umanità di «trovare sempre una via d’uscita, di reindirizzare sempre i nostri passi, di fare sempre qualcosa per risolvere i nostri problemi».
La nostra «speranza [è] che l’umanità, all’alba del ventunesimo secolo, venga ricordata per aver generosamente assunto le proprie gravi responsabilità».
Ribadisco la dedizione e il sostegno della Santa Sede in questo impegno, soprattutto nel campo dell’educazione all’ecologia integrale e nella sensibilizzazione sui temi ambientali come «un problema umano e sociale a più livelli», che richiede prima di tutto un impegno chiaro, in cui la responsabilità, l’acquisizione di conoscenza e la partecipazione di ciascuna persona sono fondamentali.
Non possiamo «passare oltre e girare la testa» . L’indifferenza è complice dell’ingiustizia.
Appello, dunque, affinché, con il bene comune in mente, possiamo smascherare i meccanismi di auto-giustificazione che tanto spesso ci paralizzano: cosa posso fare io? Come posso contribuire? Oggi non c’è tempo per l’indifferenza. Non possiamo lavarci le mani, con distanza, con superficialità, con disinteresse. Questa è la vera sfida del nostro secolo.
Per un accordo ambizioso, per ogni iniziativa e processo volto a uno sviluppo veramente inclusivo, vi assicuro il mio sostegno e quello del Santo Padre affinché rendiamo un servizio efficace all’umanità, affinché tutti noi ci assumiamo la responsabilità di tutelare non solo il nostro futuro, ma quello di tutti.
Grazie.