“Oggi il Vangelo ci mostra Gesù che ridona la vista a un uomo cieco dalla nascita. Ma questo prodigio è accolto in malo modo da varie persone e gruppi. Vediamo nei particolari. Anzitutto ci sono i discepoli di Gesù, che di fronte al cieco nato si chiedono se la colpa sia dei genitori o sua. Cercano un colpevole; è comodo cercare un colpevole, anziché porsi domande più impegnative, come ad esempio: cosa significa per noi la presenza di quest’uomo, cosa chiede a noi?”. Così Papa Francesco durante l’Angelus commentando l’odierno brano evangelico invitando i fedeli a prendere il Vangelo di Giovanni: “leggete voi questo miracolo di Gesù, è bellissimo il modo in cui lo racconta Giovanni, capitolo 9, in due minuti si legge, fa vedere come procede Gesù e il cuore umano”, fatelo oggi vi aiuterà tanto”.
Il miracolo del cieco
“Avvenuta la guarigione, le reazioni aumentano – prosegue Francesco
La prima è quella dei vicini, che sono scettici: ‘Quest’uomo è sempre stato cieco: non è possibile che ora veda, non può essere lui!’. Poi c’è la reazione degli scribi e dei farisei, i quali obiettano: ‘Quest’uomo è stato guarito in giorno di sabato, contro la legge’. Per loro è inaccettabile, meglio sarebbe stato lasciare tutto come prima. Infine ci sono i genitori dell’uomo guarito. Essi hanno paura, temono le autorità religiose e non si pronunciano. In tutte queste reazioni, emergono cuori chiusi di fronte al segno di Gesù, per motivi diversi:
perché cercano un colpevole, perché non sanno stupirsi, perché non vogliono cambiare, perché sono bloccati dalla paura. L’unico che reagisce bene è il cieco: felice di vedere, testimonia quanto gli è accaduto nel modo più semplice: ‘Ero cieco e ora ci vedo’. Prima era costretto a chiedere l’elemosina e subiva i pregiudizi della gente: ‘è povero e cieco dalla nascita, deve soffrire, deve pagare per i suoi peccati o per quelli dei suoi antenati’. Adesso, libero nel corpo e nello spirito, rende testimonianza a Gesù: non inventa nulla e non nasconde nulla. Non ha paura di quello che diranno gli altri: il sapore amaro dell’emarginazione lo ha già conosciuto per tutta la vita, ha già sentito su di sé l’indifferenza e il disprezzo dei passanti, di chi lo considerava come uno scarto della società, utile al massimo per il pietismo di qualche elemosina”.
Cosa facciamo oggi
“Ora, guarito – sottolinea Bergoglio – quegli atteggiamenti sprezzanti non li teme più, perché Gesù gli ha dato piena dignità: di sabato, davanti a tutti, lo ha liberato e gli ha donato la vista senza chiedergli nulla, nemmeno un grazie, e lui ne rende testimonianza. Fratelli, sorelle, con tutti questi personaggi il Vangelo odierno mette anche noi nel mezzo della scena, così che ci chiediamo: che posizione prendiamo, che cosa avremmo detto allora? E soprattutto, che cosa facciamo oggi?”.
Vediamo il bene
“Come il cieco, sappiamo vedere il bene ed esser grati per i doni che riceviamo? Testimoniamo Gesù oppure spargiamo critiche e sospetti? Siamo liberi di fronte ai pregiudizi o ci associamo a quelli che diffondono negatività e pettegolezzi? Siamo felici di dire che Gesù ci ama e ci salva oppure, come i genitori del cieco nato, ci lasciamo ingabbiare dal timore di quello che penserà la gente? E ancora, come accogliamo le difficoltà e le sofferenze degli altri? Come maledizioni o come occasioni per farci vicini a loro con amore?” Sono questi gli interrogativi che Papa Francesco pone ai fedeli durante l’Angelus commentando la pagina del Vangelo in cui Gesù ridona la vista a un uomo cieco dalla nascita. “Chiediamo la grazia di stupirci ogni giorno dei doni di Dio e di vedere le varie circostanze della vita, anche le più difficili da accettare, come occasioni per operare il bene, come ha fatto Gesù col cieco. La Madonna ci aiuti in questo, insieme a San Giuseppe, uomo giusto e fedele”, conclude il Papa.
Vicino al popolo dell’Ecuador dopo il sisma
“Cari fratelli e sorelle, ieri in Ecuador un terremoto ha causato morti, feriti e ingenti danni. Sono vicino al popolo ecuadoriano e assicuro la mia preghiera per i defunti e per tutti i sofferenti”. Lo ha detto Papa Francesco al termine dell’AngelusSaluto i partecipanti alla Maratona di Roma, mi congratulo perché con il sostegno di Athletica Vaticana fate di questo evento sportivo un’occasione di solidarietà per i più poveri”.