La catechesi
Il Papa conclude il ciclo di catechesi su “La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente” e incentra la sua ultima meditazione sul tema: “Effatà, apriti Chiesa!”. Il nome deriva proprio dal segno prodigioso compiuto da Gesù su un sordomuto. “Gesù è capace di aprire le orecchie e la bocca. Ricordiamo che il senso del mutismo e della sordità nella Bibbia è soprattutto metaforico e designa la chiusura ai richiami di Dio. C’è una sordità fisica, ma nella Bibbia quello che è muto è che non parla la Parola di Dio”, dice il Papa nella catechesi di oggi in Aula Paolo VI riferendosi al miracolo di Gesù.
“Il Vangelo riporta la parola decisiva di Gesù in aramaico. Effatà significa “apriti” ed è un invito rivolto non tanto al sordomuto, che non poteva sentirlo, ma proprio ai discepoli di allora e di ogni tempo. Anche noi, che abbiamo ricevuto l’effatà dello Spirito Santo nel Battesimo, siamo chiamati ad aprirci. “Apriti”, dice Gesù a ogni credente e alla sua Chiesa: apriti perché il messaggio del Vangelo ha bisogno di te per essere testimoniato e annunciato!”, sottolinea Papa Francesco. “Questo ci fa pensare all’atteggiamento di un cristiano, il cristiano deve essere aperto, i cristiani chiusi finiscono male sempre, sono ideologi della chiusura”, dice il Papa a braccio”. Il cristiano deve essere aperto alla Parola di Dio e al servizio degli altri. I cristiani chiusi finiscono male sempre perché non sono cristiani ma ideologi, ideologi della chiusura”. “Chiediamo anche la grazia, come Chiesa, di attuare una vera conversione pastorale e missionaria”, ha aggiunto il Pontefice. “Anche alla fine dei Vangeli Gesù ci consegna questo suo desiderio missionario. Andate oltre, andate a predicare il Vangelo. Fratelli, sorelle, sentiamoci tutti chiamati, in quanto battezzati, a testimoniare e annunciare Gesù. E chiediamo la grazia, come Chiesa, di saper attuare una conversione pastorale e missionaria. Ognuno di noi si faccia questa domanda: amo davvero il Signore al punto di volerlo annunciare? Prendo a cuore le persone che incontro, le porto a Gesù nella preghiera? Desidero fare qualcosa perché la gioia del Vangelo, che ha trasformato la mia vita, renda più bella anche la loro?”, conclude infine il Papa in questa Udienza Generale. ”Oggi la liturgia fa memoria di santa Lucia, vergine e martire. In alcune zone d’Italia e d’Europa è consuetudine scambiarsi in questa ricorrenza i doni per il Natale ormai prossimo. Vorrei invitare tutti voi a scambiarvi il dono dell’amicizia e della testimonianza cristiana, che è un bel dono”. Lo ha detto il Papa al termine dell’udienza generale.
Rivedi l’Udienza Generale di oggi 13 dicembre:
Il messaggio sul lavoro
Non c’è solo un “lavoro che manca” ma c’è anche un “lavoro che schiaccia”. Lo dice il Papa nel messaggio ai partecipanti alla iniziativa delle Acli di Roma sul lavoro parlando di “pressione costante, ritmi forzati, stress che provoca ansia, spazio relazionale sempre più sacrificato in nome del profitto a tutti i costi. È il lavoro mercificato, che cresce nel nostro contesto, dominato da un mercato che per essere competitivo si fa sempre più accelerato e complesso”. Per non parlare di “alcune prospettive cupe in agguato: quella dell’illegalità, via di fuga dalla responsabilità verso il lavoro in nero, che poi finisce per rendere la coscienza dello stesso colore; quella di un lavoro disumanizzato, dove le moderne tecnologie, come l’intelligenza artificiale e la robotica, minacciano di sostituire la presenza dell’uomo; quella, infine, sempre più scandalosa e preoccupante, della mancanza di sicurezza sul lavoro, effetto della corsa febbrile a produrre di più ad ogni costo”. Il Papaha infatti ricordato: “Quante vittime ci sono ancora sul posto di lavoro!”. La parola “lavoro” riporta ad “un senso di vuoto” perché “oggi, purtroppo, ne evoca spesso la mancanza, e ciò rappresenta una grave ferita alla dignità di tante persone”, continua il Pontefice. “Ma la dignità è ferita – prosegue il Papa – anche quando il lavoro non è sufficientemente stabile e compromette progetti e scelte di vita, come la creazione di una famiglia e il desiderio dei figli. Questo ‘vuoto di lavoro’ è come un terreno che frana sotto i piedi, costringendo a camminare in equilibrio precario: non succede forse così, tra tirocini, stage, lavori saltuari e interinali? E ancora: com’è possibile entrare degnamente nel cantiere del lavoro, se prima ancora, negli anni dello studio e della specializzazione, si è costretti a lottare per avere diritto a un tetto sotto cui dormire?”. Il Pontefice fa notare che “davanti a questo senso di vuoto tanti, spaesati e demotivati, rinunciano e vanno altrove, ma ciò, oltre a provocare amarezza, costituisce una sconfitta, perché le risorse non mancano e vanno impiegate per realizzare sogni concreti, come quello di un lavoro stabile e duraturo, di una famiglia da formare, di tempo da dedicare gratuitamente agli altri nel volontariato”. “Contratti a termine, lavori così brevi che impediscono di progettare la vita, bassi redditi e basse tutele sembrano i muri di un labirinto dal quale non si riesce a trovare via d’uscita”, sottolinea ancora Papa Francesco. “Cari giovani, serve come il pane qualcuno che vi prenda per mano e vi aiuti a sconfiggere questa precarietà e questo senso di vuoto, tirandovi fuori dalle sabbie mobili dell’insicurezza”.
Foto: Vatican Media