“Il carcere è una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza”. Lo ha detto il Papa alle detenute della Giudecca a Venezia invitando a “non togliere la dignità a nessuno”. L’elicottero partito dal Vaticano è atterrato nel cortile del carcere femminile della Giudecca, prima tappa della sua visita nella città lagunare, che dopo un incontro con i giovani, davanti alla Basilica della Salute, si conclude con la Messa a San Marco.
Luogo di rinascita
Il carcere “può anche diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è ‘messa in isolamento’, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità”Il primo incontro del Papa a Venezia è con le detenute della Giudecca: “Ho desiderato incontrarvi all’inizio della mia visita a Venezia per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore. Vorrei, perciò, che vivessimo questo momento non tanto come una ‘visita ufficiale’ del Papa, quanto come un incontro in cui, per grazia di Dio, ci doniamo a vicenda tempo, preghiera, vicinanza e affetto fraterno. Oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile, forse chi uscirà più ricco sarò io, e il bene che ci scambieremo sarà prezioso”, ha detto Papa Francesco.
“È il Signore che ci vuole insieme in questo momento, arrivati per vie diverse, alcune molto dolorose, anche a causa di errori di cui, in vari modi, ogni persona porta ferite e cicatrici. E Dio ci vuole insieme perché sa che ognuno di noi, qui, oggi, ha qualcosa di unico da dare e da ricevere, e che tutti ne abbiamo bisogno”, “ognuno di noi ha una propria singolarità, un dono per offrirlo e condividerlo”, ha detto il Papa nel suo primo discorso a Venezia.
“E’ fondamentale che anche il sistema carcerario offra ai detenuti e alle detenute strumenti e spazi di crescita umana, spirituale, culturale e professionale, creando le premesse per un loro sano reinserimento. Per favore, non ‘isolare la dignità’, ma dare nuove possibilità!”. Lo ha detto il Papa nel discorso alla Giudecca a Venezia.
“Non dimentichiamo che tutti abbiamo errori di cui farci perdonare e ferite da curare, io anche, e che tutti possiamo diventare guariti che portano guarigione, perdonati che portano perdono, rinati che portano rinascita. Cari amici e amiche, rinnoviamo oggi, io e voi, insieme, la nostra fiducia nel futuro”. “Non chiudere la finestra, per favore, sempre guardare al futuro, sempre guardare con speranza”, ha aggiunto Papa Francesco.
.”Care sorelle oggi tutti usciremo più ricchi da questo cortile. Forse quello che uscirà più ricco sarò io”. E’ stato a queste parole del Papa che nel cortile del carcere della Giudecca, prima tappa del Pontefice a Venezia, è scattato il primo applauso. Alcune delle donne avevano gli occhi lucidi. Le detenute hanno poi fatto dono al Santo Padre di alcuni dei prodotti che realizzano nei laboratori del carcere: saponi naturali, bagno schiuma, ed anche una nuova papalina bianca, che Francesco ha messo subito al posto della propria.
L’incontro con gli artisti
Concluso l’incontro con le detenute nel Cortile interno della Casa di Reclusione, Papa Francesco, in visita lampo a Venezia, raggiunge la Chiesa della Maddalena (Cappella del Carcere) dove è accolto dal Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione e Commissario del Padiglione della Santa Sede alla Biennale d’Arte di Venezia, Em.mo Card. José Tolentino de Mendonça. Nella Chiesa della Maddalena, il Papa incontra gli artisti.
“Il mondo ha bisogno di artisti. Lo dimostra la moltitudine di persone di ogni età che frequentano luoghi ed eventi d’arte”. Lo ha detto il Papa nel discorso agli artisti che sta incontrando alla Biennale di Venezia. “Vi confesso – ha proseguito Papa Francesco – che accanto a voi non mi sento un estraneo: mi sento a casa. E penso che in realtà questo valga per ogni essere umano, perché, a tutti gli effetti, l’arte riveste lo statuto di ‘città rifugio’, una città che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi”.
L’arte collabori a liberare il mondo da xenofobia, razzismo e dalle disuguaglianze. ”Vi confesso che accanto a voi non mi sento un estraneo: mi sento a casa. E penso che in realtà questo valga per ogni essere umano, perché, a tutti gli effetti, – dice Bergoglio- l’arte riveste lo statuto di ‘città rifugio’, una città che disobbedisce al regime di violenza e discriminazione per creare forme di appartenenza umana capaci di riconoscere, includere, proteggere, abbracciare tutti. Tutti, a cominciare dagli ultimi”.
”Le città rifugio sono un’istituzione biblica, menzionata già nel codice deuteronomico , destinata a prevenire lo spargimento di sangue innocente e a moderare il cieco desiderio di vendetta, per garantire la tutela dei diritti umani e cercare forme di riconciliazione. Sarebbe importante – osserva Francesco – se le varie pratiche artistiche potessero costituirsi ovunque come una sorta di rete di città rifugio, collaborando per liberare il mondo da antinomie insensate e ormai svuotate, ma che cercano di prendere il sopravvento nel razzismo, nella xenofobia, nella disuguaglianza, nello squilibrio ecologico e dell’aporofobia, questo terribile neologismo che significa ‘fobia dei poveri”’.
L’incontro con i giovani
“Per Dio non sei un profilo digitale, ma un figlio, che hai un Padre nei cieli e che dunque sei figlio del cielo”. Lo ha detto Papa Francesco ai giovani alla Salute di Venezia. “Eppure spesso – ha aggiunto – ci si trova a lottare contro una forza di gravità negativa che butta giù, un’inerzia opprimente che vuole farci vedere tutto grigio”.
Il Pontefice ha dunque invitato ad “andare insieme” perché “il ‘fai da te’ nelle grandi cose non funziona. Per questo vi dico: non isolatevi, cercate gli altri, fate esperienza di Dio assieme, seguite cammini di gruppo senza stancarvi. Tu potresti dire: ‘Ma attorno a me stanno tutti per conto loro con il cellulare, attaccati ai social e ai videogiochi’. E tu senza paura vai controcorrente: prendi la vita tra le mani, mettiti in gioco; spegni la tv e apri il Vangelo”. Quindi ha commentato: “E’ troppo questo”.
Il Papa ha detto ai ragazzi: “Lascia il cellulare e incontra le persone! Il cellulare è molto utile per comunicare ma state attenti quando il cellulare ti impedisce di incontrare le persone”. “Un abbraccio, un bacio, una stretta di mano, le persone”, ha sottolineato.
La messa in Piazza San Marco
“Solo chi rimane unito a Gesù porta frutto. Gesù stesso, riprendendo Isaia, racconta la drammatica parabola dei vignaioli omicidi, mettendo in risalto il contrasto tra il lavoro paziente di Dio e il rifiuto del suo popolo. La metafora della vite, mentre esprime la cura amorevole di Dio per noi, d’altra parte ci mette in guardia, perché, se spezziamo questo legame con il Signore, non possiamo generare frutti di vita buona e noi stessi rischiamo di diventare rami secchi, che vengono gettati via”. Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia pronunciata durante la Messa presieduta in Piazza San Marco, a Venezia.
Il Papa invita a cogliere il “messaggio della parabola della vite e dei tralci: la fede in Gesù, il legame con Lui non imprigiona la nostra libertà ma, al contrario, ci apre ad accogliere la linfa dell’amore di Dio, il quale moltiplica la nostra gioia, si prende cura di noi con la premura di un bravo vignaiolo e fa nascere germogli anche quando il terreno della nostra vita diventa arido”.
“Ciò che conta è – ha sottolineato – rimanere nel Signore, dimorare in Lui. E questo verbo – rimanere – non va interpretato come qualcosa di statico, come se volesse dirci di stare fermi, parcheggiati nella passività; in realtà, ci invita a metterci in movimento, perché rimanere nel Signore significa crescere nella relazione con Lui”.
“Se oggi guardiamo a questa città di Venezia – ha concluso – ammiriamo la sua incantevole bellezza, ma siamo anche preoccupati per le tante problematiche che la minacciano: i cambiamenti climatici, che hanno un
impatto sulle acque della Laguna e sul territorio; la fragilità delle costruzioni, dei beni culturali, ma anche quella delle persone; la difficoltà di creare un ambiente che sia a misura d’uomo attraverso un’adeguata gestione del turismo; e inoltre tutto ciò che queste realtà rischiano di generare in termini di relazioni sociali sfilacciate, di individualismo e solitudine”.
Prima della benedizione finale, Papa Francesco ha recitato il Regina Coeli in piazza. “Anche da qui – ha detto il Papa – invochiamo Maria per le situazioni di sofferenza nel mondo, penso ad Haiti e alla popolazione disperata. Affidiamo al Signore i lavori e le decisioni del consiglio di transizione di Port au Prince perché conduca il paese alla pace e alla stabilità. Penso alla martoriata Ucraina, alla Palestina, a Israele, alle popolazioni che soffrono per la guerra e la violenza”.
La visita del Papa si conclude in forma privata nella Basilica di San Marco. Qui il Pontefice si raccoglie in preghiera davanti alla tomba dell’Evangelista prima di rientrare in Vaticano.
Foto: Vatican Media