Il Papa si è congedato dalla Repubblica democratica del Congo. Dopo l’incontro con i Vescovi congolesi, nel primo pomeriggio, Francesco arriverà a Giuba, in Sud Sudan, seconda tappa del viaggio in Africa che terminerà domenica.
L’ultimo appuntamento in Congo
Ultimo appuntamento per il Papa nella Repubblica democratica del Congo. Bergoglio, congedatosi dal personale e dai benefattori della Nunziatura Apostolica di Kinshasa dove ha soggiornato in questi giorni, in sedia a rotelle si reca presso la sede della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (Cenci), che riunisce i Vescovi delle 48 circoscrizioni ecclesiastiche del Paese e che è Membro del Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar, per l’incontro con i Vescovi.
La Chiesa soffre per il suo popolo oppresso
“Con voi, fratelli, vedo Gesù sofferente nella storia di questo popolo crocifisso e oppresso, sconvolto da una violenza che non risparmia, segnato dal dolore innocente, costretto a convivere con le acque torbide della corruzione e dell’ingiustizia che inquinano la società, e a patire in tanti suoi figli la povertà”. Lo sottolinea il Papa incontrando a Kinshasa i Vescovi congolesi. “La vostra – dice – è una Chiesa presente nella storia concreta di questo popolo, radicata in modo capillare nella realtà, protagonista di carità; una comunità capace di attrarre e contagiare con il suo entusiasmo e perciò, proprio come le vostre foreste, con tanto “ossigeno”: grazie, perché siete un polmone che dà respiro alla Chiesa universale!”
Il dolore della fatica
“Purtroppo, so bene che la comunità cristiana di questa terra ha anche un’altra fisionomia. Il vostro volto giovane, luminoso e bello – sottolinea il Papa– è infatti solcato dal dolore e dalla fatica, segnato a volte dalla paura e dallo scoraggiamento. E il volto di una Chiesa che soffre per il suo popolo, è un cuore in cui palpita trepidante la vita della gente con le sue gioie e le sue tribolazioni. E’ una Chiesa segno visibile del Cristo che, ancora oggi, viene rifiutato, condannato e disprezzato nei tanti crocifissi del mondo, e piange le nostre stesse lacrime. E’ una Chiesa che, come Gesù, vuole anche asciugare le lacrime del popolo, impegnandosi a prendere su di sé le ferite materiali e spirituali della gente, e facendo scorrere su di essa l’acqua viva e risanante del costato di Cristo”. “Ma vedo allo stesso tempo – l’incoraggiamento di Francesco- un popolo che non ha perso la speranza, che abbraccia con entusiasmo la fede e guarda ai suoi Pastori, che sa ritornare al Signore e affidarsi alle sue mani, perché la pace a cui anela, soffocata dallo sfruttamento, da egoismi di parte, dai veleni dei conflitti e delle verità manipolate, possa finalmente giungere come un dono dall’alto”.
No al carrierismo
Guai al “carrierismo, la mondanità’ è il peggio che possa capitare alla Chiesa. Che non succeda di pensarci autosufficienti, tanto meno di vedere nell’episcopato la possibilità di scalare posizioni sociali e di esercitare il potere. E soprattutto: che non entri lo spirito della mondanità, che ci fa interpretare il ministero secondo i criteri dei propri utili tornaconti”. Lo ammonisce il Papa parlando ai Vescovi della Conferenza episcopale del Congo.
Curare la vicinanza con il Signore
Bergoglio invita i Vescovi a curare ” la vicinanza con il Signore per essere suoi testimoni credibili e portavoce del suo amore presso il popolo. E attraverso di noi che Lui vuole ungerlo con l’olio della consolazione e della speranza! L’annuncio del Vangelo, l’animazione della vita pastorale, la guida del popolo non possono risolversi in principi distanti dalla realtà della vita quotidiana, ma devono toccare le ferite e comunicare la vicinanza divina, perché le persone scoprano la loro dignità di figli di Dio e imparino a camminare a testa alta, senza mai abbassare il capo dinanzi alle umiliazioni e alle oppressioni”.
Fuori dagli affari
“Non accada mai che, mentre il popolo soffre la fame, di voi si possa dire: ‘quelli non se ne curano e vanno chi al proprio campo, chi ai propri affari’. No, gli affari, per favore, lasciamoli fuori dalla vigna del Signore! Siamo Pastori e servi del popolo, non affaristi!”. Lo scandisce il Papa incontrando i Vescovi congolesi a Kinshasa. “Vi prego – l’invito del Pontefice ai Vescovi – di non trascurare il dialogo con Dio e di non lasciare che il fuoco della profezia sia spento da calcoli o ambiguità con il potere, e nemmeno dal quieto vivere e dall’abitudinarietà”. “Collaborare a una storia nuova che Dio desidera costruire in mezzo a un mondo di perversione e di ingiustizia”. Il Papa affida un mandato ai Vescovi congolesi. Anche voi, – dice incontrando la Cenco a Kinshasa – siete chiamati a continuare a far sentire la vostra voce profetica, perché le coscienze si sentano interpellate e ciascuno possa diventare protagonista e responsabile di un futuro diverso”.
Demolire gli altari della corruzione
“Bisogna, dunque, sradicare le piante velenose dell’odio e dell’egoismo, del rancore e della violenza; demolire gli altari consacrati al denaro e alla corruzione; edificare una convivenza fondata sulla giustizia, sulla verità e sulla pace; e, infine, piantare semi di rinascita, perché il Congo di domani sia davvero quello che il Signore sogna: una terra benedetta e felice, mai più violentata, oppressa e insanguinata. Facciamo però attenzione: – avverte Bergoglio- non si tratta di un’azione politica. La profezia cristiana si incarna in tante azioni politiche e sociali, ma il compito dei Vescovi e dei Pastori in generale non è questo. E’ quello dell’annuncio della Parola per risvegliare le coscienze, per denunciare il male, per rincuorare coloro che sono affranti e senza speranza”.