“Il sano agonismo come un’attivita’ che puo’ contribuire alla maturazione dello spirito”. Di questo ha parlato papa Francesco ricevendo in udienza i Membri dell’Associazione Dilettantistica “Sport in Vaticano”, in occasione del 50/o anniversario di fondazione e dell’istituzione del campionato di calcio vaticano, organizzato per la prima volta nel 1972.
Le tre regole
Il Pontefice ha indicato in particolare tre regole fondamentali per l’atleta: “l’allenamento, la disciplina, la motivazione”. “Anzitutto, l’allenamento – ha affermato -. Il pensiero va subito alla fatica, allenarsi e’ fatica, al sudore, al sacrificio. Alla base di questo c’e’ la passione per il proprio sport. Una passione gratuita, quella che si chiama ‘amatoriale’, da amateur, che esprime proprio l’amore per una certa attivita’. In italiano si dice ‘dilettante’, che ha assunto un senso a volte riduttivo, ma che deriva da ‘diletto’, cioe’ dal piacere con cui si fa un’attivita’. E se c’e’ questo atteggiamento la competizione e’ sana; altrimenti, se prevalgono gli interessi di vario tipo, la competizione si guasta, a volte puo’ addirittura corrompersi. L’amatorialita’ e’ chiave dello sport”.
La disciplina
C’e’ poi la disciplina, ha proseguito Francesco, “che e’ un aspetto dell’educazione, della formazione. Un atleta disciplinato non e’ solo uno che osserva le regole. Certo, questo e’ importante, dev’esserci. Ma disciplina richiama ‘discepolo’, cioe’ uno che vuole imparare, che non si sente ‘arrivato’ e in grado di insegnare a tutti”. Secondo il papa, “il vero sportivo cerca sempre di imparare, di crescere, di migliorarsi. E questo richiede, appunto, disciplina, cioe’ la capacita’ di dominare se’ stessi, correggere l’impulsivita’ che tutti abbiamo, piu’ o meno. La disciplina poi permette che ognuno possa giocare la sua parte, e che sia la squadra a esprimere il meglio dell’insieme”.
La motivazione
Infine, la motivazione. “In una gara, cio’ che da’ la spinta, che porta a un buon risultato, e’ la motivazione, una forza interiore – ha aggiunto -. La verifica non si fa sul risultato numerico, ma su come siamo stati fedeli e coerenti alla nostra chiamata”. “E, parlando di motivazione, vorrei aggiungere una cosa per voi che siete gli sportivi del Vaticano – ha concluso il Pontefice -: il vostro modo di fare squadra e di collaborare puo’ essere di esempio per il lavoro nei Dicasteri e tra i Dicasteri della Curia, come pure nelle Direzioni dello Stato Vaticano. Ancora una volta lo sport e’ metafora della vita”.
La giornata del malato
“L’aver saputo trasformare l’esperienza della sofferenza in vicinanza al dolore degli altri, superando la tentazione della chiusura, rialzando il capo, piegando le ginocchia e tendendo le mani”. E’ quanto papaFrancesco ha riconosciuto all’opera dell’Area Medica dell’Ufficio di Pastorale Sanitaria della Diocesi di Roma, una cui Delegazione ha ricevuto in udienza stamane in Vaticano in occasione della Giornata Mondiale del Malato. Il Pontefice ha quindi voluto sottolineare “tre atteggiamenti importanti di questo cammino: primo, farsi vicini a chi soffre; secondo, dare voce alle sofferenze inascoltate; terzo, farsi fermento coinvolgente di carita’”.
essere vicini a chi soffre
“Ricordiamo prima di tutto quanto e’ importante farsi vicini a chi soffre, offrendo ascolto, amore e accoglienza – ha affermato -. Ma per far questo bisogna imparare a vedere, nel dolore del fratello, un ‘segnale di precedenza’, che in fondo al cuore ci impone di fermarci e non ci permette di andare oltre. Questa e’ una sensibilita’ che aumenta quanto piu’ ci lasciamo coinvolgere dall’incontro con chi soffre. E camminare insieme cosi’ aiuta tutti noi a cogliere il senso piu’ vero della vita, che e’ l’amore”. “E’ importante, poi – ha proseguito -, dare voce alla sofferenza inascoltata di chi, nella malattia, e’ lasciato solo, privo di sostegno economico e morale, facilmente esposto alla disperazione e alla perdita della fede, come puo’ accadere a chi e’ affetto dalla fibromialgia e da dolore cronico”.
La sfida alle città
“Lanciamo una sfida alle nostre citta’, a volte deserte di umanita’ e sorde alla compassione – ha esortato il papa -. Accogliamo il grido di chi soffre e facciamo in modo che sia ascoltato. Non lasciamolo chiuso in una stanza, e nemmeno permettiamo che diventi semplicemente ‘notizia’: facciamogli posto dentro di noi e amplifichiamolo col nostro personale e concreto coinvolgimento”. “E veniamo al terzo atteggiamento – ha quindi aggiunto -: farsi fermento di carita’ vuol dire anche ‘fare rete'”. “In che modo? – ha chiesto Francesco – Semplicemente condividendo uno stile di gratuita’ e di reciprocita’, perche’ tutti siamo bisognosi e tutti possiamo donare e ricevere qualcosa, anche solo un sorriso. E questo fa crescere attorno a noi una ‘rete’ che non cattura ma libera, una rete fatta di mani che si stringono, di braccia che lavorano insieme, di cuori che si uniscono nella preghiera e nella compassione. Anche in mezzo alle onde piu’ violente, questa rete si allarga ma non si spezza, e permette di trascinare a riva chi rischia di rimanere sommerso e di affogare”. “E non dimentichiamo che l’esempio di chi prende l’iniziativa aiuta anche altri a trovare il coraggio di lasciarsi coinvolgere, come dimostra la vostra presenza qui: malati, operatori sanitari e appartenenti al mondo dello sport, uniti in un impegno comune per il bene delle persone – ha aggiunto -. Fare rete e’ operare insieme come membra di un corpo. La sofferenza di uno diventa sofferenza di tutti, e il contributo di ciascuno e’ accolto da tutti come una benedizione. Cari amici, stare vicino a chi e’ nel dolore non e’ facile, voi lo sapete bene. Per questo vi dico: non scoraggiatevi!”.