“Immaginiamo un seme: è piccolo, quasi non si vede, ma fa crescere piante che portano frutti. La Parola di Dio è così; pensiamo al Vangelo, un piccolo libro, semplice e alla portata di tutti, che produce vita nuova in chi lo accoglie”. Lo ha detto papa Francesco all’Angelus, commentando oggi la parabola evangelica del seminatore. “Dunque, se la Parola è il seme, noi siamo il terreno: possiamo riceverla oppure no – ha osservato -. Però Gesù, ‘buon seminatore’, non si stanca di seminarla con generosità. Conosce il nostro terreno, sa che i sassi della nostra incostanza e le spine dei nostri vizi possono soffocare la Parola, eppure spera sempre che noi possiamo portare frutto abbondante”.
Seminare senza stancarci
“Così siamo chiamati a fare anche noi: a seminare senza stancarci. Ma come?”, ha proseguito il Pontefice, facendo qualche esempio. “Anzitutto i genitori – ha spiegato -: essi seminano il bene e la fede nei figli, e sono chiamati a farlo senza scoraggiarsi se a volte questi sembrano non capirli e non apprezzare i loro insegnamenti, o se la mentalità del mondo ‘rema contro’. Il seme buono resta, questo è ciò che conta, e attecchirà a tempo opportuno”. “Ma se, cedendo alla sfiducia, rinunciano a seminare e lasciano i figli in balia delle mode e del cellulare, senza dedicare loro tempo, senza educarli, allora il terreno fertile si riempirà di erbacce. Genitori non stancatevi di seminare nei figli”, ha avvertito Francesco. “Guardiamo poi ai giovani – ha detto ancora -: anche loro possono seminare il Vangelo nei solchi della quotidianità. Ad esempio con la preghiera (…). Ma penso anche al tempo da dedicare agli altri, a chi ha più bisogno: può sembrare perso, invece è tempo santo, mentre le soddisfazioni apparenti del consumismo e dell’edonismo lasciano a mani vuote”. “E penso allo studio – ha aggiunto -, che è faticoso e non subito appagante, come quando si semina, ma è essenziale per costruire un futuro migliore per tutti”. Altro esempio: “i seminatori di Vangelo, molti bravi sacerdoti, religiosi e laici impegnati nell’annuncio, che vivono e predicano la Parola di Dio spesso senza registrare successi immediati”. “Ricordiamo le persone che hanno posto il seme della Parola di Dio nella nostra vita – ha esortato quindi il papa -: magari è germogliato anni dopo che abbiamo incontrato i loro esempi, ma è successo proprio grazie a loro!”. “Alla luce di tutto questo possiamo domandarci – ha concluso -: io semino del bene? Mi preoccupo solo di raccogliere per me o anche di seminare per gli altri? Getto qualche seme di Vangelo nella vita di tutti i giorni: studio, lavoro, tempo libero? Mi scoraggio o, come Gesù, continuo a seminare, anche se non vedo risultati immediati?”.
Le bombe su Roma
“Voglio ricordare che 80 anni fa, il 19 luglio del ’43, alcuni quartieri di Roma, specialmente San Lorenzo, furono bombardati. E il Papa, il venerabile Pio XII, volle recarsi in mezzo al popolo sconvolto”. Lo ha ricordato il Papa all’Angelus. “Purtroppo anche oggi queste tragedie si ripetono – ha proseguito – Com’è possibile? Abbiamo perso la memoria? Il Signore abbia pietà di noi e liberi la famiglia umana dal flagello della guerra”. “In particolare preghiamo per il caro popolo ucraino, che soffre tanto”, ha concluso Francesco.
Alla Gmg di Lisbona alziamo la ‘coppa della fratellanza’
“Come Maria vi siete alzati e siete partiti in fretta per incontrare gli altri”. Ricevendo stamattina prima dell’Angelus, nella Sala Clementina del Palazzo apostolico, una quarantina di giovani pellegrini provenienti dall’arcidiocesi di Córdoba, in Argentina, in cammino verso la Gmg di Lisbona, Papa Francesco ha ricordato il titolo della prossima Giornata Mondiale della Gioventù: “Maria si alzò e andò in fretta”. Come loro migliaia di altri ragazzi e ragazze del mondo, portando ciascuno qualcosa con sé, tutti però, ha detto il Papa, accumunati dalla stessa “maglietta”, “la maglietta della fede e dell’amore verso Dio e i fratelli”. Ed è lo sport e più precisamente il calcio l’immagine che Francesco ha proposto per descrivere l’esperienza che questi giovani stanno per vivere. “Vi siete resi conto – ha affermato in spagnolo – che vi state preparando per ‘giocare un mondiale’? Quello di Lisbona sarà però un incontro amichevole da cui tutti usciranno vincitori: “Sì, perché quando usciamo da noi stessi e incontriamo gli altri, quando condividiamo – cioè quando diamo quello che abbiamo e siamo aperti a ricevere quello che gli altri ci offrono – quando non rifiutiamo nessuno; allora siamo tutti vincitori, e possiamo alzare insieme ‘la coppa della fratellanza’. Quanto è necessario nel nostro tempo!”. L’esempio di tanti cristiani che ci hanno preceduto e che a Roma hanno lasciato le loro orme, ha proseguito il Papa, ci dice che la partita per Gesù si gioca fino all’ultimo, senza distrazioni, e che per vincere è necessario fare “gioco di squadra”. Questo “mondiale”, la Gmg, sarà per i giovani l’occasione per arricchirsi di tanti volti, culture, esperienze diverse, ha affermato il Papa: “Ma, soprattutto, potrete sperimentare a fondo l’anelito di Gesù: che siamo “una cosa sola” affinché il mondo creda e questo vi aiuterà a rendere testimonianza della gioia del Vangelo a tanti altri giovani che non trovano il senso della vita o che hanno smarrito il cammino per andare avanti”. “Vi auguro di giocare una bella partita”, ha concluso Francesco, salutando i giovani argentini con un arrivederci a Lisbona.