“In che modo seminiamo speranza in mezzo a tanta disperazione che ci tocca e ci interpella? Come curiamo il virus della divisione, che minaccia anche le nostre comunità? La nostra comunicazione è accompagnata dalla preghiera? O finiamo con il comunicare la Chiesa adottando soltanto le regole del marketing aziendale? Tutte queste domande dobbiamo farcele”. Lo ha detto Papa Francesco in occasione dell’udienza dei presidenti delle Commissioni episcopali della Comunicazione e i direttori degli uffici Comunicazione delle Conferenze episcopali.
“Sappiamo testimoniare che la storia umana non è finita in un vicolo cieco? E come indichiamo una diversa prospettiva verso un futuro che non è già scritto? A me piace questa espressione: scrivere il futuro. Tocca a noi scrivere il futuro. – continua il Papa – Sappiamo comunicare che questa speranza non è un’illusione? La speranza non delude mai; ma sappiamo comunicare questo? Sappiamo comunicare che la vita degli altri può essere più bella, anche attraverso di noi? Io posso, da parte mia, dare bellezza alla vita degli altri? E sappiamo comunicare e convincere che è possibile perdonare? È tanto difficile questo!”
“Comunicazione cristiana è mostrare che il Regno di Dio è vicino: qui, ora, ed è come un miracolo che può essere vissuto da ogni persona, da ogni popolo. Un miracolo che va raccontato offrendo le chiavi di lettura per guardare oltre il banale, oltre il male, oltre i pregiudizi, oltre gli stereotipi, oltre sé stessi. – prosegue il Papa – Il Regno di Dio è oltre noi. Il Regno di Dio viene anche attraverso la nostra imperfezione, è bello questo. Il Regno di Dio viene nell’attenzione che riserviamo agli altri, nella cura attenta che mettiamo nel leggere la realtà. Viene nella capacità di vedere e seminare una speranza di bene. E di sconfiggere così il fanatismo disperato”
“Ogni cristiano è chiamato a vedere e raccontare le storie di bene che un cattivo giornalismo pretende di cancellare dando spazio solo al male. Il male esiste, non va nascosto, ma deve smuovere, generare interrogativi e risposte. Per questo, il vostro compito è grande e chiede di uscire da sé stessi, di fare un lavoro ‘sinfonico’, coinvolgendo tutti, valorizzando anziani e giovani, donne e uomini; con ogni linguaggio, con la parola, l’arte, la musica, la pittura, le immagini. Tutti siamo chiamati a verificare come e che cosa comunichiamo. Comunicare, comunicare sempre”, ha detto ancora il Santo Padre.
“Pensiamo a quanto potremmo fare insieme, grazie ai nuovi strumenti dell’era digitale, grazie anche all’intelligenza artificiale, se anziché trasformare la tecnologia in un idolo, ci impegnassimo di più a fare rete. Vi confesso una cosa: a me preoccupa, più dell’intelligenza artificiale, quella naturale, quell’intelligenza che noi dobbiamo sviluppare”, continua Francesco.
“Quando ci sembra di essere caduti in un abisso, guardiamo oltre, oltre noi stessi. Nulla è perduto; sempre si può ricominciare, nell’affidarsi gli uni agli altri e tutti insieme a Dio, è il segreto della nostra forza comunicativa. Fare rete! Essere una rete! Invece di affidarci alle sirene sterili dell’auto-promozione, alla celebrazione delle nostre iniziative, pensiamo a come costruire insieme i racconti della nostra speranza. Ecco il vostro compito. La sua radice è antica – prosegue Papa Francesco – Il miracolo più grande fatto da Gesù per Simone e gli altri pescatori delusi e stanchi non è tanto quella rete piena di pesci, quanto l’averli aiutati a non essere preda della delusione e dello scoraggiamento di fronte alle sconfitte. Per favore, non cadere in quella tristezza interiore. Non perdere il senso dell’umorismo che è saggezza, saggezza di tutti i giorni. La nostra rete è per tutti. Per tutti! La comunicazione cattolica non è qualcosa di separato, non è solo per i cattolici. Non è un recinto dove rinchiudersi, una setta per parlare fra noi, no! La comunicazione cattolica è lo spazio aperto di una testimonianza che sa ascoltare e intercettare i segni del Regno. È il luogo accogliente di relazioni vere”.
“Chiediamoci: sono così i nostri uffici, le relazioni fra noi? La nostra rete è la voce di una Chiesache solo uscendo da sé stessa ritrova sé stessa e le ragioni della propria speranza. La Chiesadeve uscire da sé stessa. A me piace pensare a quel passo dell’Apocalisse, quando Signore dice: «Io sto alla porta e busso» (3,20). Questo lo dice per entrare. Ma adesso, tante volte il Signore bussa da dentro perché noi, i cristiani, lo facciamo uscire! E noi tante volte prendiamo il Signore soltanto per noi. Dobbiamo fare uscire il Signore – bussa alla porta per uscire – e non averlo un po’ ”schiavizzato” per i nostri servizi. I nostri uffici, le relazioni fra noi, la nostra rete, sono proprio di una Chiesa in uscita?”, conclude Papa Francesco.
Foto: Vatican Media