Papa Francesco ha citato spesso nei suoi discorsi e interventi uno dei suoi scrittori preferiti, il russo Fëdor Dostoevskij (1821-1881), che con i suoi celebri romanzi “Umiliati e offesi”, “Delitto e castigo”, L’idiota”, “I demoni” e “I fratelli Karamazov” ha esplorato la profondità dell’animo umano. “E’ uno scrittore che ho molto amato insieme a Dante”, ha detto in più occasioni.
Pochi mesi dopo la sua elezione, nel dicembre 2013, il pontefice, parlando della sofferenza dei bambini, citò Dostoevskij come “un maestro di vita” e spiegò che “l’unica preghiera che a me viene è la preghiera del perché”.
Nel giugno 2021 ai seminaristi, incontrati insieme alla comunità del Pontificio Seminario Regionale Marchigiano Pio XI, disse: “Leggete anche quegli scrittori che hanno saputo guardare dentro all’animo umano; penso ad esempio a Dostoevskij, che nelle misere vicende del dolore terrestre ha saputo svelare la bellezza dell’amore che salva”.
“Ma qualcuno di voi potrà dire: cosa c’entra Dostoevskij? Questi sono per letterati”, la possibile obiezione a braccio. “No, è per crescere in umanità”, la risposta del Papa. “Leggete i grandi umanisti. Un sacerdote può essere molto disciplinato, può essere capace di spiegare bene la teologia, anche la filosofia, tante cose, ma se non è umano, non serve. Che vada a scuola a fare il professore. Ma se non è umano non può essere sacerdote, gli manca qualcosa: gli manca il cuore. Esperti in umanità”.
Nell’aprile 2022, sullo sfondo della polemica da parte dell’Ucraina sulla presenza alla Via Crucis del venerdì santo di due donne, una ucraina e l’altra russa, che insieme avrebbero portato la croce per un tratto del percorso sotto il Colosseo, papa Francesco citò Dostoevskij, all’udienza generale, per sottolineare che “la pace di Gesù non sovrasta gli altri, non è mai una pace armata, mai” e “le armi del Vangelo sono la preghiera, la tenerezza, il perdono e l’amore gratuito al prossimo, l’amore a ogni prossimo”.
Nel maggio 2023, ricevendo in udienza i partecipanti al convegno promosso dalla rivista “La Civiltà Cattolica” con la Georgetown University sul tema “L’estetica globale dell’immaginazione cattolica”, parlò dello scrittore russo: “Tante volte le inquietudini sono seppellite nel fondo del cuore”. Secondo Francesco, “l’arte è il terreno fertile nel quale si esprimono le opposizioni polari della realtà, le quali richiedono sempre un linguaggio creativo e non rigido, capace di veicolare messaggi e visioni potenti”. Poi citò Dostoevskij, che nei “Fratelli Karamazov” “racconta di un bambino, piccolo, figlio di una serva, che lancia una pietra e colpisce la zampa di uno dei cani del padrone.
Allora il padrone aizza tutti i cani contro il bambino. Lui scappa e prova a salvarsi dalla furia del branco, ma finisce per essere sbranato sotto gli occhi soddisfatti del generale e quelli disperati della madre”. “Questa scena ha una potenza artistica e politica tremenda – commentato il Papa – Parla della realtà di ieri e di oggi, delle guerre, dei conflitti sociali, dei nostri egoismi personali. E non mi riferisco solamente alla critica sociale che c’è in quel brano. Parlo delle tensioni dell’anima, della complessità delle decisioni, della contraddittorietà dell’esistenza”.