“L’attivita’ economica di una comunita’ religiosa e’ finalizzata al sostentamento dei suoi membri, alla loro formazione e al loro apostolato. L’attivita’ economica serve alla missione e alla realizzazione del carisma: non e’ mai fine a se’ stessa, ma orientata verso una meta spirituale. Non puo’ mai contraddire lo scopo a cui serve”.
L’udienza in Vaticano
Lo ha affermato papa Francesco ricevendo in udienza in Vaticano i Canonici Regolari Premostratensi, in occasione del IX Centenario della fondazione dell’Abbazia di Pre’montre’. Cio’ significa, ha avvertito il Papa, “che quando si scelgono le modalita’ di guadagno, bisogna chiedersi: qual e’ l’impatto sulla gente del territorio? Quali saranno le conseguenze per i poveri, per i nostri ospiti, per i visitatori? Le nostre scelte sono espressione della semplicita’ evangelica? Favoriscono l’accoglienza e la vita fraterna?”.
Le decisioni devono essere armonizzate
“Qui si vede come le decisioni sul campo economico devono essere armonizzate dalla missione, dalla gente, dalla comunita’, non al rovescio – ha aggiunto -. Quando in un ordine religioso, anche in una diocesi puo’ darsi, prende il sopravvento l’attivita’ economica, si dimentica la gente e si dimentica quello che ha detto Gesu’: che non si puo’ servire a due padroni”. “O tu servi a Dio – e io mi aspettato che dicesse ‘o al diavolo‘, no, non dice al diavolo – o ai soldi”. “L’idolatria dei soldi – ha ammonito Francesco -. Questo ci allontana dalla vera vocazione.
Le domande da porsi
Per questo, sempre bisogna porsi queste domande, sulle conseguenze. Quali saranno le conseguenze per i poveri, per i nostri ospiti, per i visitatori che vedono la nostra attivita’ economica? Le nostre scelte economiche sono espressione della semplicita’ evangelica o siamo degli imprenditori? Favoriscono l’accoglienza e la vita fraterna? E non si possono servire due padroni. State attenti. Il diavolo, di solito, entra dalle tasche”.
L’esperienza è fatta anche di errori
Per il Papa, inoltre, “la storia degli Ordini religiosi evidenzia spesso una certa tensione tra il fondatore e la sua fondazione. E questo e’ buono, perche’ quando non c’e’ la tensione, il fondatore prende tutto con se’ e l’istituto muore con il fondatore. La tensione fa crescere la comunita’, l’ordine religioso”.
“La presenza di una comunita’ di sorelle o fratelli e’ come un faro luminoso nell’ambiente circostante. Eppure, la gente sa anche che le comunita’ religiose non sempre rispondono pienamente alla vita a cui sono chiamate. L’esperienza cristiana concreta e’ fatta di buoni propositi e di errori, consiste nel ricominciare ancora e ancora. Non bisogna avere vergogna di questo! E’ la strada”, ha concluso. (Ansa)