La piccola apertura al dialogo con la Russia che ieri il cardinale Parolin ha messo sul tavolo dal Bahrein è una notizia importante. Fino alla scorsa settimana il segretario di Stato vaticano parlava di “segnali generici ma positivi dal Cremlino”. A distanza di sette giorni siamo passati a “qualche piccolo accenno c’è stato”.
Le soluzioni di Putin
Nella lingua della diplomazia, sempre tre passi indietro nella comunicazione esterna rispetto al reale stato delle cose, significa che la strada è quella giusta. Che la Santa Sede possa essere uno dei pochi, se non l’unico, intermediario tra Ucraina e Russia lo pensiamo anche noi. Se questo dialogo sia davvero iniziato, però, è ancora presto per scoprirlo. Che cosa ci dobbiamo, dunque, aspettare per il futuro? Gli scenari possibili per arrivare alla pace, in buona sostanza, potrebbero essere tre. Proviamo ad analizzarli.
Prima soluzione
Prima soluzione: la vittoria sul campo dell’Ucraina. E’l’esito meno probabile ma, gli ultimi successi sul campo di battaglia dell’esercito di Kiev, portano questa possibilità, dalla irrealtà assoluta dell’inizio del conflitto, ad una prospettiva quanto meno “possibile”. Il grave rischio di questa soluzione sarebbe l’uso di armi nucleari da parte della Russia. Putin, nel momento in cui vedesse il proprio esercito sfaldarsi, potrebbe ricorre ad una potenza di fuoco sempre maggiore per evitare un’umiliazione. Le bombe nucleari tattiche diventerebbero l’opzione percorribile. E non sono di buon presagio le parole di ieri di Putin che ha ribadito l’esigenza di evacuare i civili dalle zone di combattimento nella regione ucraina di Kherson.
Seconda soluzione
Seconda soluzione: gli strateghi la chiamano “dirty deal”, cioè un “accordo sporco” con la Russia. Per sporco si intende un cessate il fuoco che metterebbe sì fine alla guerra, ma rischierebbe di rompere il fronte dell’Occidente. Zelensky difficilmente accetterebbe una tregua proprio ora che sta vedendo i russi in difficoltà nel fango ucraino. Qualche leader europeo, però, già spinge sottotraccia per un accordo di questo tipo, accordo che garantirebbe l’impunità a Putin con la sola concessione, da parte del presidente russo, dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Crimea ed altri pezzi di Ucraina diventerebbero a tutti gli effetti Russia, con buona pace del presidente ucraino. Questa, però, al momento, è l’ipotesi più plausibile e, con qualche ritocco qua e là, la più probabile.
Terza soluzione
Terza soluzione: un accordo per il cessate il fuoco retrodatato al 24 febbraio 2022, giorno d’inizio dell’invasione russa. Quelli erano i confini e quelli tornerebbero ad essere. Putin non accetterebbe mai un accordo di questo tipo a meno che non cambi qualcosa all’interno del Cremlino. Per cambiamento si intende la deposizione più o meno pacifica dello Zar di San Pietroburgo. Lo stato delle cose, come ogni guerra, prevede anche un quarto scenario: quello che al momento nessuno può nemmeno immaginare se la guerra dovesse continuare ancora per molti anni.
Oggi in piazza per la pace
Mentre in Ucraina si combatte, oggi si scende in piazza per la pace. A Roma, per esempio, un corteo da piazza della Repubblica raggiungerà piazza San Giovanni. Dal palco parleranno i rappresentati delle organizzazioni promotrici, Europe for peace le racchiude tutte. Si scende in piazza anche a Milano, all’Arco della Pace, ed in molte altre città.
Le parole degli organizzatori
“Condanniamo l’aggressore – si legge nel manifesto programmatico della manifestazione – rispettiamo la resistenza ucraina e ci impegniamo ad aiutare, sostenere, soccorrere il popolo ucraino, siamo a fianco delle vittime e con chi rifiuta la logica della guerra e scegli la nonviolenza”. Migliaia di italiani scenderanno sfileranno per chiedere la pace. Non ci saranno simboli di partito o discorsi di esponenti politici. E questo è un bene. Sarà un momento importante per il nostro paese. Condividere pensieri contro la guerra unisce donne e uomini in un abbraccio virtuale che supera i confini. Nelson Mandela diceva che la pace è un sogno, può diventare realtà ma per costruirla bisogna essere “capaci di sognare”. Oggi nelle piazze e nelle strade italiane ci sarà l’unico esercito che non imbraccia fucili: quello dei sognatori.