Come ogni martedì torna la rubrica dedicata alla figura di Tommaso da Olera, il frate cappuccino vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento e proclamato Beato nel 2013. Il testo è tratto da “Tommaso da Olera, un anno con un mistico del Cuore di Gesù” di Sergio Calzone. Le riflessioni di oggi.
Così, anima devota, ha il celeste Signor e Dio nostro molti giardini, che sono l’anime nostre: li ha dati in custodia alla raggione acciò sia diligente giardiniero. Questo giardino è un terreno grasso, morbido, che, se il giardiniero della ragione non sarà vigilante, andarà in esterminio. E però chi vorrà dar frutti maturi, soavi al suo Dio, bisogna star su l’aviso per veder li mali germogli, e vedendoli li deve saper tagliare, esterminare, acciò le male erbe non soffochino le buone ed i odoriferi fiori delle virtù. E però, anima fedele, sta’ attenta: hai il corpo ed anco lo spirito; e l’orto è la tua carne, il tuo senso, la raggione è lo spirito. Questo corpo e senso germoglia spine, cioè imperfezioni, peccati, interessi, amor proprio ed altre infinite imperfezioni, attendendo solamente a queste cose basse della terra; lo spirito e questa infelice anima è creata da Dio e dottata di raggione acciò avesse da coltivare questo giardino di questo senso. E però deve vigilare sopra d’esso giardino, acciò quest’anima nostra creata da Dio a sua immagine e similitudine acciò avesse da coltivar questo giardino mortificando ora un vizio ora un altro. E sino che durerà questa fragil vita mai s’ha da fidare di questo infame corpo, il qual mai non attende ad altro se non a questo senso e queste cose basse della terra. E però, servo ed amico di Dio, hai preso una gran pugna e combattimento, e però dei tenir in freno e dei tenir li speroni al fianco, e questo animale lo devi domare e redurlo nella servitù dello spirito. né mai fidarsi d’esso, ma come patrone e signor, quando a te dimanderà qualche cosa sensuale sotto qual protesto si sia, mai non dar ad esso cosa niuna se prima non consulti molto bene con la raggione, la quale come giusta dà a tutti la sua parte. E guarda che è tanto viziato questo corpaccio che per aver un minimo gusto fingerà e verrà a te coperto d’amor di Dio, ed in verità sarà tutto amor proprio: e però Dio ha dato all’uomo questa parte suprema acciò, occorendo alcuna differenza, abbia riccorso principalmente a Dio ed alla raggione. (Scala, 91-92)
Fino a questo punto
E sono così fiere e crudeli queste passioni che non temono d’assalir anco quelli che sono in gran stato di perfezione: e quanti ne ha feriti, uccisi e condotti nelle fiamme dell’Inferno? E però, anima fedele, se vorrai diventar amica di Dio, comincia a tenerle soggette, schiave; e per conoscer quando t’assaliranno per combatterti, riccorri in tutte le tue cose a Dio, addimandando il suo divin aiuto, perché Dio ti manderà dalla raggione, la quale Dio ha posta in te stessa com’una fortezza: perché questa fortezza è custodita da Dio, dagl’angeli, e Dio ha posto questa fortezza nella parte superiore dell’anima tua, acciò, quando sarai assalita da’ nemici, possi ritirarti in essa fortezza a consigliarti ed a fortificarti, perché in questa fortezza della raggione Dio ha posto consiglieri di gran giudizio, quali non ponno errare perché dipendono da Dio. E però, anima mia, non far giamai alcuna cosa quantumque minima se prima non riccorri alla raggione, la qual darà a te consigli di vita. (Scala, 94)
La conclusione è in armonia con san Bonaventura e, prima di lui, con sant’Agostino, e, nello stesso tempo, armonizza anche con san Francesco di Sales, quando scrive: «[…] il nostro libero arbitrio non è mai così libero come quando è schiavo della volontà di Dio, come non è mai così schiavo come quando serve la nostra volontà: non ha mai tanta vita come quando muore per se stesso, e non ha mai tanta morte come quando vive per sé»[1].
Dice, infatti, Fra Tommaso quanto segue.
E se in questa vita si può dar felicità e contento, io dirò che la goderà solamente quello il quale averà vinto e superato li suoi appetiti e che averà superato le sue proprie passioni, e ch’averà ridotto all’obedienza del spirito tutte le sue mal’inclinazioni: perché tutti li travagli, rispetti, sospetti, inquietudini, ramarichi, odi, rancori nascono dall’immortificazione delle proprie passioni, dell’amor proprio, del proprio interesse; e però quando queste bestiole saranno ridotte all’obedienza del spirito, in modo tale che come regina dominerà, impererà a queste parti inferiori, e che come cavalli ritenirà in freno questo indomito cavallo, allora sentirà quella felicità che l’uomo può aver in questa vita, poiché in altro modo non la può aver. E tanto quanto saranno soggette alla raggione, tanto quanto sentirai di questa felicità: in questo termine puoi venire con l’aiuto di Dio. O felici, o ben avventurati sono quelli che daranno principio a una tant’alta sapienza, la qual si impara alle care piaghe del crucifisso: sapienza da pochi conosciuta e da manco pratticata. (Scala, 111)