Sembrava quasi la supplica di un padre. Ricorrendo addirittura alla prima persona, scelta inusuale per un Papa. «Io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo», aveva implorato Leone XIV sei giorni dopo l’elezione al soglio di Pietro. L’ascolto e il dialogo sono entrati subito nell’agenda del nuovo Pontefice. Perché «i nemici si incontrino», aveva specificato. Nemici, secondo la geopolitica; non per la Chiesa che la storia ci consegna come “facilitatore” delle cause impossibili, verrebbe da dire ricordando Rita da Cascia, santa agostiniana e quindi nel cuore del Pontefice che è figlio di Agostino. Ieri papa Leone ha parlato per la prima volta al telefono con quello che l’Occidente considera oggi il nemico per eccellenza: Vladimir Putin
Una conversazione resa nota dal Cremlino e confermata dalla Sala Stampa vaticana che, dal resoconto russo, fa emergere spunti interessanti ma anche visioni a “uso e consumo” del presidente che hanno i crismi della propaganda: come l’accusa a Kiev di «scommettere sull’escalation del conflitto» o la richiesta alla Santa Sede di adoperarsi «più attivamente per difendere la libertà di religione in Ucraina» dove è finita nel mirino la Chiesa ortodossa ucraina legata al patriarcato di Mosca. È, invece, senz’altro da tenere in considerazione «la gratitudine espressa al Pontefice per la sua disponibilità ad aiutare a risolvere la crisi ucraina, in particolare per la partecipazione del Vaticano». Così come il fatto che il leader russo abbia dichiarato «il suo interesse a raggiungere la pace attraverso mezzi politici e diplomatici». Un segnale dopo l’invito di Leone XIV che aveva messo «a disposizione» la Santa Sede come crocevia per Russia e Ucraina. Più difficile capire se sia un’apertura reale. Anche perché sulla proposta vaticana incombono le tensioni alimentate dal patriarcato di Mosca contro il “proselitismo” cattolico che, dopo la distensione seguita allo storico incontro fra papa Francesco e il patriarca Kirill a Cuba nel 2016, sono tornate a salire con la guerra in Ucraina e la “benedizione” dell’invasione del Paese confinante. Leone XIV cita proprio Kirill con un’apertura di credito che vorrebbe spingerlo a intervenire su Putin. E al capo dello Stato russo chiede un gesto di pace, consapevole che Mosca non appare ancora intenzionata a far tacere le armi.
La telefonata viene definita «costruttiva» dal Cremlino. E torna a intercettare gli ambiti della diplomazia umanitaria cesellata dalla Santa Sede. Anzitutto, lo scambio dei prigionieri di guerra. Questione cara a entrambe le parti. Nella conversazione il presidente russo «ha informato» il Papa sugli accordi per la riconsegna dei detenuti che sono scaturiti a Istanbul: il solo punto su cui le delegazioni hanno trovato un’intesa. Liste di nomi giungono a Mosca e Kiev attraverso i canali ecclesiali anche grazie alla missione di pace che papa Francesco aveva affidato al cardinale Matteo Zuppi che Leone XIV ringrazia per il «valore del lavoro» svolto. Altra urgenza portata dalla Santa Sede nelle due capitali è la restituzione delle «salme dei caduti»: tema entrato nel dialogo fra il Papa e Putin. Poi la macchina vaticana si è fatta carico del dramma dei bambini ucraini finiti in Russia. Mosca «sta prendendo tutte le misure possibili per ricongiungerli con i genitori», spiega il Cremlino. A dimostrazione di quanto papa Leone erediti dal suo predecessore che aveva fatto della “mediazione” umanitaria una delle poche opportunità di contatto diretto fra i vertici dei due Stati.
Nessun veto a Mosca dice la conversazione di ieri. Perché, ha chiarito Leone XIV, bisogna rifuggire da «visioni manichee tipiche delle narrazioni violente che dividono il mondo in buoni e cattivi». Ma al tempo stesso il Pontefice ha già testimoniato la sua particolare vicinanza al popolo ucraino: sia citandolo più volte, sia scegliendo di incontrare come primo capo di Stato Volodymyr Zelensky. La conversazione arriva appena dopo quella fra Putin e il presidente statunitense Donald Trump. Leone XIV sa quale ruolo di primo piano giochino gli Usa. Non per nulla, aveva ricevuto in udienza il vice-presidente J.D. Vance il giorno successivo alla Messa di inizio pontificato dove all’ordine del giorno c’era anche la «soluzione negoziale» della guerra. Con una differenza di approccio fra Usa e Santa Sede: Trump ha sempre evocato svolte a stretto giro di posta; papa Leone ha già avvertito che ci vuole tempo. E infatti la telefonata con Putin si è conclusa con un impegno: «Entrambe le parti hanno espresso l’intenzione di proseguire i contatti». Non ci sono ricette a buon mercato.
Estratto dell’articolo di Giacomo Gambassi per Avvenire