E così gli “ultimi” saranno gli ultimi ad accoglierlo, sulla soglia della Basilica di Santa Maria Maggiore che custodisce l’icona della Salus Populi Romani sotto il cui sguardo materno Francesco sta per essere sepolto. Al tratto finale del suo percorso terreno di Vescovo di Roma venuto quasi dalla fine del mondo, gli faranno corona non i potenti ma quei poveri, quei migranti, quei senzatetto, quegli emarginati che sono stati messi al centro di tante pagine del suo magistero e che sono al centro di ogni pagina del Vangelo.
Già le parole pronunciate la mattina del Lunedì dell’Angelo dal cardinale camerlengo Kevin Joseph Farrell per annunciare la morte inaspettata di Papa Francesco avevano sottolineato questo elemento portante del suo insegnamento: «Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati». «Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri» aveva detto all’inizio del suo pontificato. «Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Dio concede loro “la sua prima misericordia”. Questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere “gli stessi sentimenti di Gesù”», aveva scritto nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, un documento che dobbiamo ancora comprendere fino in fondo e che ha segnato la rotta del suo ministero di Successore di Pietro.